Al mare con l’avvocato

Penisola: territorio che si protende verso il mare, collegato per un solo lato al continente.

Io vivo nel lato sbagliato, ma sono nato in quello giusto. 

Pare che i tre lati “giusti” (le coste italiane) misurino circa, isole comprese, 7500 km. Aggiungiamoci le rive dei tanti laghi. 

Ebbene, per darvi dimensione della distanza, pensate che per andare da Roma a Capo Nord si percorrono circa 4514 Km ovvero 3337 km in linea d’aria.

Per regolamentare questo notevole spazio territoriale, compresi i tratti marini antistanti, il legislatore si è affidato alle Capitanerie di Porto.

Le Capitanerie di Porto regolamentano le attività in mare attraverso l’emanazione di ordinanze e tali atti normativi sono fonti secondarie.

Le ordinanze hanno carattere amministrativo e non possono contrastare la legge ordinaria né la Costituzione; tantomeno possono contenere norme penali (art. 25 Cost.). Tuttavia possono contenere obblighi o divieti e prevedere sanzioni per i trasgressori. 

Ulteriore limite delle Ordinanze delle Capitanerie di Porto sta nella territorialità del provvedimento.

Esse infatti sono valide solo per il tratto di costa di competenza della singola Capitaneria.

Le ordinanze, molto spesso, impongono oneri di carattere amministrativo (le comunicazioni preventive di immersione, la tenuta di registri, etc) ed in caso di incidenti possono assumere notevole importanza ai fini dell’accertamento di eventuali comportamenti colposi.

La territorialità comporta inevitabilmente dei limiti: ad esempio due tratti di mare limitrofi possono essere regolati (navigazione, subacquea, balneazione) in modo differente tra di loro.

Per questo motivo, prima di porre in essere attività in mare o sulla costa, è buona norma consultare il sito www.guardiacostiera.gov.it/normativa-documentazione/p ages/ordinanze.aspx già in fase di pianificazione della vacanza (e tanto più dell’immersione) al fine di verificare l’eventuale esistenza di una ordinanza ed il contenuto della stessa.

Se poi sono in programma immersioni in aree marine protette (in Italia circa 30 più 2 parchi sottomarini) è bene sapere che sono state istituite ai sensi delle leggi n. 979 del 1982 e n. 394 del 1991 con Decreto del Ministro dell’ambiente contenente la denominazione e la delimitazione dell’area, gli obiettivi e la disciplina di tutela a cui è finalizzata la protezione. 

Generalmente un’area marina viene suddivisa in tre zone (A, B, C) ognuna delle quali delimitata da coordinate geografiche e con un diverso grado di tutela dell’ambiente marino. 

La zona di maggior tutela è definita “A”: qui è interdetta ogni attività -tra cui anche subacquea- che possa arrecare danno o disturbo all’ambiente marino. 

Nella zona “B” (cosiddetta “riserva generale”, più ampia) e nella zona C (“riserva parziale”) sono ammesse quelle attività di fruizione ed uso sostenibile del mare di minore e modesto impatto ambientale. 

Per conoscere i divieti e le eventuali deroghe in funzione del grado di protezione a tutela degli ecosistemi di pregio, è necessario consultare il regolamento di esecuzione e di regolamentazione di ogni singola area marina. 

La violazione di norme e di regolamenti delle aree marine, comporta in capo ai trasgressori l’applicazione di sanzioni amministrative, racchiuse principalmente nell’art. 30 della L. 394/1991 e succ. mod. e integrazioni.

In caso di emissione di verbale di infrazione da parte del gestore dell’area marina o della Guardia Costiera, in seguito a violazione di un’ordinanza della Capitaneria di Porto, il trasgressore ha la possibilità di proporre opposizione al competente Giudice di Pace entro 30 giorni dalla notificazione. Aspettate però che l’avvocato sia tornato dalle vacanze prima di chiamarlo.  

Buon mare e buone bolle.

Avvocato Giancarlo d’Adamo

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