Provate a chiudere gli occhi e immaginate una radiosa mattina di un’estate lontana, del 1974. Una barca di 5 metri percorre piano un tratto di costa sorrentina e si insinua nello splendore della cala di Mitigliano fino a fermarsi. A prua una bella signora bionda dagli occhi bruni è pronta a ormeggiare, e un uomo ai comandi, abbronzato, dai tratti più nordici che partenopei, ma dall’espressione vivace e serena, tipica da uomo del sud, osserva rapidamente il fondale attraverso la trasparenza dell’acqua verde smeraldo, e da l’ordine di calare l’ancora. Sono Enrico e Maria Rosaria Gargiulo, una leggenda in quegli anni della fotografia subacquea, conosciuti in tutto il mondo. Con loro ci sono due bambini, i loro figli, Arturo di 8 anni e Marco di 6, che li guardano incuriositi mentre armeggiano con tutta quella montagna di attrezzature che avevano stipato a bordo; proprio tante. Custodie fotografiche subacquee collegate a vari flash e lampade con staffe e bracci disarticolati che le fanno assomigliare a giganteschi granchi, e in più ben quattro equipaggiamenti da sub. Si, perché a scendere in acqua con papà e mamma ci saranno anche i due piccoli con delle bomboline da 5 litri, e per Marco sarà la prima volta.
Iniziò così la grande avventura subacquea di Marco Gargiulo, figlio d’arte di una coppia che ha fatto la storia proprio della fotografica subacquea, ed oggi, a 56 anni, è divenuto anche lui uno dei più grandi e sofisticati creatori di immagini sottomarine ad alto contenuto scientifico, sempre caratterizzate da un elevato valore estetico. Ma la sua passione lo spinge anche ad andare oltre la sola documentazione, e a sperimentare, sull’esempio dei suoi genitori, una continua e libera ricerca artistica nell’elaborazione dell’immagine sottomarina.
Tutto è cominciato quindi in quel tratto di paradiso mediterraneo che si snoda per alcune miglia dalla splendida Sorrento, cittadina della famiglia Gargiulo, e da cui i quattro si spostavano, e lo hanno fatto per tantissimi anni, sempre con quella barca, che si chiamava Armarc, come le iniziali dei piccoli Arturo e Marco. D’altronde non c’era bisogno di andare troppo lontano. In quel tratto di mare c’era tutto quello che un fotografo subacqueo, e non solo, può desiderare: pesci, vita bentonica coloratissima, grotte suggestive e profonde, anfratti, cadute di massi, pareti che scendono nel blu, e boschi di gorgonie. In quelle acque cristalline Marco è cresciuto e si è forgiato come subacqueo, ma soprattutto ha cominciato ben presto ad armeggiare, ad 11 anni, assieme al fratello, con tutte le carabattole subacquee, fotografiche e fotosub che si trovavano dappertutto nella bella e pur grande casa dei Gargiulo a Sorrento, da farla assomigliare all’antro del capitano Nemo di Ventimila leghe sotto i mari di Giulio Verne, e che si portavano appresso papà e mamma, come fotocamere Nikonos, custodie, flash, miniflash, fari e faretti di ogni tipo, e persino ogni tanto una pesante e monumentale custodia per cineprese Paillard Bolex. Certo, i Gargiulo si spostavano molto anche su altre zone di mare, spesso in occasione di competizioni fotografiche, sia in Italia, e comunque in Mediterraneo, sia nei mari tropicali. Ma erano anche tantissimi amici fotografi e giornalisti di mare che li venivano a trovare nello splendore del mare di Sorrento. Con il passare degli anni poi la passione per la vita sottomarina crebbe a tal punto che lo spinse ad iscriversi alla facoltà di biologia, e si laureò con una tesi dedicata alla vita marina che si sviluppa da fuori a dentro la grotta di Mitigliano, che si trova in una delle sue zone preferite per l’immersione.
Oggi, grazie alla sua preparazione universitaria svolge la professione di informatore scientifico farmaceutico specializzato in patologie cardiovascolari.
Negli anni è stato poi tutto un crescendo di conoscenze tecniche fotografiche e di tanta esperienza che lo hanno portato a cimentarsi nelle competizioni fotografiche, dalle quali sono arrivate ben presto molte soddisfazioni.
Da un punto di vista strettamente tecnico, dopo i primi esordi e dopo aver raggiunto una buona abilità fotografica, Marco Gargiulo ha iniziato ad usare alla fine degli anni ottanta una Nikonos III con un flash Isomat 33 della Isotecnic, una ben nota e apprezzatissima fotocamera con splendide ottiche subacquee come il 28 mm e il 15 mm, interamente gestita in manuale. Ha dovuto imparare quindi a saper valutare ad occhio, ad ogni scatto, la giusta regolazione della messa a fuoco, la corretta esposizione per la luce ambiente, intervenendo su tempi e diaframmi, ed a saper regolare la potenza del flash in base alla distanza dal soggetto, ma anche a saper bilanciare la luce artificiale con quella naturale. Quella fase la considera una grande scuola, molto formativa, che gli ha aperto la conoscenza della tecnica fotografica. Oggi, con tutti gli automatismi delle fotocamere, sicuramente utilissimi e meravigliosi, considera che chi si avvicina alla fotografia è sicuramente molto meno stimolato e incuriosito dall’approfondire l’aspetto tecnico, e ritiene che impieghi sicuramente più tempo nel raggiungere la piena maturità e conoscenza fotografica. Dopo la Nikonos III passò alla Nikonos V, che invece offriva i primi automatismi sull’esposizione sia per la luce ambiente sia flash, ma lui rimase sempre mentalmente orientato a ragionare con la propria testa sul risultato finale, impostando manualmente tempi, diaframmi e valori Iso, anche perché questi automatismi erano affidabili solo in parte. Ma anche quando nel tempo le sempre più moderne fotocamere riuscivano ad offrire sofisticate funzioni esposimetriche, questa sua abitudine non l’ha mai più abbandonata, e si è ormai consolidata nel suo modo di intendere ed esprimere la tecnica fotografica subacquea, anche perché considera uno dei piaceri più appaganti nella creazione di una bella foto del mondo sottomarino, il dover pensare l’immagine nelle sue impostazioni e dover poi impegnare la propria manualità nell’applicarla.
Dopo l’iniziale parentesi con il sistema Nikonos, Marco è approdato all’uso della prima custodia per reflex: una Nikon F801 a pellicola in custodia Igloo. In questa nuova fase ha scoperto le grandi possibilità delle ottiche intercambiabili, come ad esempio gli straordinari effetti creativi che poteva offrire un fish eye con un angolo di 180° perfettamente mantenuto sott’acqua da un’oblò correttore, come pure la possibilità di riprendere il fantastico mondo dei pesci e della minuscola vita marina con un obiettivo macro come il Nikkor 60 mm o con il più difficile da maneggiare Nikkor 105 mm, con cui poteva osservare una piccola creatura da una certa distanza senza disturbarla, il tutto osservando l’inquadratura attraverso il mirino reflex direttamente dall’obiettivo. Questa fu la vera rivoluzione rispetto al sistema a telemetro Nikonos, ormai superatissimo, e da appassionato di biologia marina, iniziò a sperimentare le infinite possibilità che queste due ottiche macro potevano offrire.
Ad esempio, con il 60 mm, aveva ora la possibilità di riprendere dal campo medio un pesce come un sarago, una corvina o una cernia a tutto fotogramma, fino ad arrivare alle ridottissime distanze di fuoco, definite macro, come, sempre ad esempio, su un minuscolo nudibranco di pochi millimetri, e con diaframma molto chiuso per sfruttare al massimo la profondità di campo: uso per cui queste ottiche sono particolarmente concepite. Anche per quanto riguarda la messa a fuoco Marco ha sempre mantenuto negli anni una certa preferenza a intervenire manualmente sull’impostazione delle distanze, tanto che sulla custodia Igloo fece effettuare una modifica aggiungendo una manopola che agiva appunto sulla ghiera della messa a fuoco. E questo per poter intervenire anche a fini creativi, ossia di costruzione dell’immagine, giocando sulla minuziosa regolazione della profondità di campo, ovviamente soprattutto con soggetti o elementi statici del fondale.
Comunque oggi per situazioni dinamiche, con ad esempio con pesci in movimento, si affida invece ai moderni sistemi autofocus di cui ne riconosce la piena validità in termini di velocità e precisione. Quella di giocare sulla profondità di campo e comunque sulla messa a fuoco è sempre stato un aspetto tecnico a cui dedica molta attenzione, tanto che fece modificare per la prima reflex Nikon F801 l’obiettivo fish eye 16 mm Nikkor, portanto il fuoco minimo a soli 20 cm, per poter sfruttare al massimo le possibilità creative dell’esasperazione prospettica di un soggetto, riprendendolo con l’oblò della custodia quasi a contatto. Oggi quest’effetto l’ottiene senza dover effettuare nessuna modifica, con l’uso dei moderni oblò correttori minidome, studiati proprio per consentire distanze di messa a fuoco ancora più ridotte.
Con l’avvento dei sistemi digitali Marco Gargiulo ha poi sperimentato negli anni varie fotocamere, rimanendo comunque sempre fedele al marchio Nikon, e cambiando modello solo quando ha valutato le novità come un reale implemento di qualità e funzioni, non seguendo le mode o semplici miglioramenti di poco conto. Oggi utilizza una Nikon a pieno formato D850 con il Nikkor 60 mm, che considera il suo cavallo di battaglia per riprendere la vita marina, e il Nikkor 105 mm per avvicinare animaletti più timidi, ma anche per sfruttarne a fini estetici la ridotta profondità di campo. Per la foto con grandangolo e con la D850 aveva usato inizialmente l’ottimo fish eye Sigma 15 mm, più recentemente sostituito con lo zoom fish eye Nikkor 8-15 mm che considera di qualità superiore, e con la possibilità di sfruttarne la minima distanza di messa a fuoco di circa 5 cm, per realizzare delle foto praticamente fino al contatto fisico tra oblò e soggetto. Per quanto riguarda la custodia, per qualche tempo ha utilizzato quelle della Isotecnic, ma negli ultimi tempi ha scelto il modello Nauticam per Nikon D850, dove monta un oblò correttore minidome SAGA.
Questo lo usa per immagini d’insieme, di largo respiro, insomma per i panorami subacquei, mentre invece per le riprese con fish eye in campo molto ravvicinato, dove riesce a portarsi con l’oblò fino a pochi centimetri dal soggetto, utilizza un Isotecnic da 4,5”con attacco modificato per Nauticam. I flash che usa attualmente li ha scelti tra i modelli più performanti in termini di potenza e qualità del fascio luminoso, ma che hanno solo una semplicissima regolazione manuale che può essere impostata su nove potenze, in linea con la sua filosofia di concepire la tecnica fotografica con un uso più limitato possibile di automatismi. Sono una coppia di SUPE D PRO Strobe: due muli da lavoro dalla luce calda e avvolgente.
Per poterli orientare, utilizza ormai da anni una coppia di bracci con due elementi da 30 cm più due elementi da 20 cm., per l’immagine generica o comunque per il campo largo. Invece per il campo ravvicinato e macro li sostituisce con una coppia di braccetti da 10 cm e da 15 cm.
Con questa attrezzatura Marco affronta ogni genere fotografico, perché tutti lo affascinano, ma ad attrarlo maggiormente è sicuramente l’immersione notturna a caccia delle tante meravigliose creature che popolano i fondali nelle fasce più superficiali tra i 10 e i 15 metri, decisamente più facili da incontrare e più docili nell’approccio fotografico, e che si emoziona sempre a scoprire col fascio della sua piccola torcia montata nella parte superiore della custodia. In questo genere ha saputo sviluppare tecniche di esposizione e illuminazione molto sofisticate, con risultati estetici straordinari, pur rispettando le caratteristiche ambientali del fondale e non apportando mai nessun disturbo ai piccoli animali. Altro genere in cui ama cimentarsi, seguendo la grande scuola dei suoi genitori, Enrico e Maria Rosaria, è quello della foto creativa con doppia esposizione, dove contrappone sempre un elemento del piccolissimo microcosmo marino con un’inquadratura di largo respiro ripresa con un fish eye, dove talvolta inserisce anche la parte emersa del mare. E’ questo un genere in cui Marco Gargiulo esprime la sua sensibilità creativa, che intende libera da ogni significato documentaristico, ma esclusivamente mirata a esaltare la sua visione artistica del mare.
Eppure questo grande fotografo riesce ad esprimere il suo talento e la sua creatività senza grandi spostamenti in mari lontani, ma concentrandosi prevalentemente nel suo meraviglioso mare della costiera sorrentina, appoggiandosi negli ultimi tempi, per le immersioni sia diurne che notturne, quasi esclusivamente all’attrezzato e ben gestito Punta Campanella Diving Sorrento. Da qualche tempo ad accompagnarlo in mare è presente anche la figlia grande Lorenza di 26 anni, ormai instradata anche lei nella tradizione di famiglia della fotografia subacquea, mentre la figlia più piccola Lidia, di anni 18, non è stata ancora colpita dalla fascinazione fotografica, ma… diamo tempo al tempo. E spesso, quando gli impegni di lavoro glielo consentono, si reca a trovare il suo amico Domenico Tripodi, altro bravissimo fotografo subacqueo, presso il suo Ficarella diving club di Saline Joniche nel ricchissimo mare dell’estremo lembo meridionale della Calabria: un luogo che ama particolarmente per la grandissima varietà di specie che può incontrare, ma anche per consumare assieme qualche prelibatezza della straordinaria cucina calabrese e sfruttare l’unica occasione nella sua vita in cui ha deciso di concedersi il gusto di un rilassante sigaro toscano in compagnia del suo compare di escursioni fotografiche subacquee. Spesso a fargli compagnia si unisce un altro fuoriclasse della fotosub, il prof. Mimmo Roscigno, con cui da anni Marco condivide la stessa passione, e con cui ama spesso confrontarsi in tema di tecnica fotografica.
Chi fosse interessato a visionare la ricca galleria delle belle immagini di Marco Gargiulo, può consultare il suo sito www.marcogargiulo.com.