Pino era un accompagnatore subacqueo, la sua pelle bruciata dal sole, aderiva alla sua ossatura fasciandola senza lasciare spazio a muscoli né a grasso. I capelli bianchi e la barba grigia, nascondevano un viso solcato da rughe così profonde da renderlo più idrodinamico in acqua, ma ti guardava sempre con un’ espressione sorridente: anche quando si arrabbiava! E quando ciò accadeva, te ne accorgevi anche in immersione da dietro la sua mascherona ovale in gomma nera! Arrivava la mattina a bordo di una Minimoke che sembra un giocattolo con tanto di guidatore. E nell’insieme, sembrava un personaggio che nella sua unicità trasmetteva un misto di tecnica e senso di sicurezza! Infatti i suoi movimenti nel maneggiare l’attrezzatura, nelle procedure di vestizione, e soprattutto durante l’immersione sembravano descrivere una coreografia di gesti calmi e decisi. In immersione chiudeva il gruppo volando al di sopra di tutti, con una pinneggiata caratterizzata da movimenti lenti e lunghi, mentre sotto il suo sguardo gli allievi si sperimentavano in prove di assetto, nella pinneggiata ed in altri esercizi.
Ma perché quell’uomo, così singolare, riusciva ad insegnare senza insegnare? E soprattutto com’era possibile che riuscisse ad infondere un tale senso di sicurezza da potenziare il senso di autoefficacia di un subacqueo in immersione?
Notoriamente l’autostima coincide con l’insieme dei giudizi o delle valutazioni che una persona dà su sé. Ma tra giudizio e valutazione la differenza è sostanziale: nel giudizio ci si concentra sulla qualità della prestazione finale, mentre nella valutazione, la persona misura i risultati raggiunti in termini di competenze acquisite, quelle ancora non apprese, ed i fattori che hanno permesso o impedito l’apprendimento. Naturalmente in un processo di training, educare l’allievo alla logica valutativa, risulta molto più efficace ai fini dell’apprendimento, rispetto ai processi di giudizio.
Ma dove impariamo a valutarci o a giudicare noi stessi? gli atteggiamenti valutativo o di giudizio verso noi stessi, noi li apprendiamo durante la nostra crescita, attraverso la relazione con le figure di accudimento o gli adulti di riferimento e il principio attivo che stimola un atteggiamento valutativo è il senso di sicurezza che l’altro ci trasmette. Una relazione rassicurante, ci sostiene, e ci permette di sperimentarci, provare, raggiungere risultati, riflettendo sul livello raggiunto, su cosa ha facilitato o reso difficile gli apprendimenti, Naturalmente in una disciplina come la subacquea, il senso di autoefficacia e la capacità di apprendere dai propri risultati e dai propri errori contribuisce a potenziare quel senso di sicurezza di sé necessario in acqua.
E la progettazione della didattica non può non tenere conto degli aspetti relazionali associati agli aspetti di contenuto.
Riprendendo il racconto di Pino come esempio, cosa trasmetteva col suo modo di essere e come avveniva questo scambio nella relazione con lui?
Tante volte incontriamo istruttori, accompagnatori subacquei o anche compagni di immersione che riescono ad infonderci quella sicurezza necessaria per alimentare la fiducia in noi stessi! E questo ci dice che il senso di stima di sé noi lo apprendiamo nelle relazioni. Avviene qualcosa nell’interazione che possiamo comprendere attraverso il 2° assioma della comunicazione umana!
In precedenti occasioni è stato descritto che la comunicazione umana è regolata da 5 assiomi generali che ne descrivono le caratteristiche, il modo di comunicare i messaggi, e il tipo di relazione che la comunicazione va a creare. In questa tematica il secondo assioma recita che in una comunicazione, il messaggio trasmesso, si compone di 2 parti: una parte di contenuto ed una di relazione!
Mentre noi interagiamo con l’altro, senza che ce ne accorgiamo, tra noi e l’altro avviene una comunicazione che va oltre le parole: tale comunicazione rappresenta il modo in cui noi comunichiamo, che veicola all’altro il nostro modo di essere, le nostre emozioni, il nostro senso di autoefficacia ecc. questa rappresenta la parte relazionale del messaggio, e in un certo senso detta le regole della relazione che sta avvenendo e ciò avviene senza che ce ne accorgiamo: infatti un indicatore di una comunicazione efficace è rappresentato dalla competenza che ha la persona a saper riconoscere e gestire quella componente relazionale (emotiva soprattutto) che mette nel messaggio.
La parte relazionale del messaggio il più delle volte veicola un contenuto emotivo e sono proprio le emozioni a lasciare un segno nelle relazioni: ad esempio in un’interazione didattica, le emozioni rappresentano il collante che permette ai contenuti di rimanere impressi in chi ascolta, e in una comunicazione efficace le emozioni ed i contenuti dovrebbero fondersi in un unico messaggio congruo.
Ad esempio: un accompagnatore subacqueo che durante il briefing descrive le fasi dell’immersione, ma per motivi personali si sente distratto o poco sicuro di sé, rischia di inviare un messaggio corretto sul piano dei contenuti, ma intriso di un vissuto personale di insicurezza rischiando di generare confusione in chi riceve il messaggio. Infatti per facilitare un apprendimento di contenuti in grado di stimolare un senso di sicurezza in se, è necessario che contenuto ed emozioni si fondano in un unico messaggio coerente! Chi trasmette un messaggio insegna non solo un contenuto ma trasmette anche il suo stato emotivo che può generare un senso di sicurezza o di insicurezza nell’altro. Per cui, avvalendoci anche degli altri assiomi della comunicazione umana, se contestualizziamo la relazione tra istruttore e allievo nella subacquea, ne scopriamo una serie di peculiarità.
Nella subacquea, si (ri)creano relazioni che vanno ben oltre la didattica, dal momento che all’istruttore, all’accompagnatore, al compagno d’immersione è affidata la nostra sicurezza e viceversa: un istruttore, attraverso la relazione, ci insegna a respirare e muoverci in un ambiente nuovo proprio come farebbe un genitore con un bambino! e riprendendo la storia di Pino, molti tra i suoi allievi, nonostante avessero un’età ben oltre i 40 anni e presentassero una personalità ben strutturata, riferivano di sentirsi dei bambini col loro maestro con cui si sentivano al sicuro, in immersione come in superficie! Evidentemente quell’istruttore riusciva a trasmettere una sicurezza tale nei suoi modi, da esaltare la relazione tra istruttore e subacqueo ed allievo fino a farli sentire (o ritornare) nuovamente bambini! Con Pino gli allievi non sperimentavano un senso di onnipotenza come tanti ostentano nell’interazione con l’altro, ma neppure quel vissuto di impotenza misto a squalifica. Quando spiegava le varie tecniche di immersione, quando ci si trovava in superficie prossimi a svuotare il gav per immergersi, o quando in immersione volava sulle loro teste supervisionando i movimenti o l’assetto, in tutti questi momenti, gli allievi sperimentavano una sensazione di possibilità: sentivano di potersi mettere alla prova nel ripetere le tecniche d’immersione, e di fronteggiare poter fronteggiare gli eventuali e possibili imprevisti che , nella nostra disciplina si nascondono sempre dietro…la parete o lo scoglio.
Il senso di sicurezza e di incoraggiamento che il nostro Pino comunicava attraverso il canale non verbale (vedi precedente articolo pubblicato: “Comunicazione e relazione nella subacquea 1”) gettava le basi per una relazione con gli allievi di tipo: genitore-figlio o adulto-bambino. E questo permetteva agli allievi di poter apprendere non solo da quanto gli venisse insegnato ma anche dalla loro stessa esperienza: perché si sentivano sicuri di sperimentarsi in acqua.
E proprio come un padre che riesce a comunicare incoraggiamento e sicurezza attraverso la relazione, allo stesso modo Pino, (e tanti altri istruttori, o accompagnatori subacquei) aiutava persone adulte e strutturate a (ri)scoprirsi subacquei e, quindi a conoscere nuove qualità e risorse di sé stessi ma anche a saper chiedere aiuto: Infatti se ci sentiamo sicuri noi stessi, riusciamo anche a chiedere aiuto se necessario.
Sono i contenuti relazionali quindi che possono determinare la qualità della relazione didattica: perché se attraverso i contenuti noi apprendiamo il saper fare i subacquei, attraverso la relazione impariamo a saper essere subacquei sentendoci buoni allievi!
Nella nostra carriera subacquea, noi ricordiamo i nostri istruttori, i nostri accompagnatori, non solo per quanto ci hanno insegnato ma soprattutto per il loro modo, il loro saper essere subacquei!
Infatti come è possibile riuscire a stimolare nell’allievo un senso di fiducia in se? Oppure potremmo chiederci: come è possibile generare autostima o apprendere un senso di autoefficacia attraverso una didattica incentrata solo su contenuti? Per poter produrre autostima prima è necessario ricevere sicurezza da qualcuno. E questa arriva fino a noi viaggiando sul canale relazionale. Infatti come si potrebbe insegnare l’autostima se non attraverso una relazione sicura? Per cui, immaginando un’ interazione tra un subacqueo ed un istruttore, mentre questi gli insegna i contenuti didattici intanto cosa gli sta trasmettendo a livello relazionale?
Una didattica efficace si basa su una comunicazione efficace che, a sua volta si sforza di curare sia gli aspetti di contenuto che di relazione del messaggio fondendoli in un unico messaggio coerente. Una buona dote relazionale coincide con il saper riconoscere e gestire la parte relazionale di ciò che sta comunicando all’altro nella consapevolezza che ciascuno di noi è collegato a chi ci circonda e che i nostri comportamenti sortiscono sempre una ricaduta sull’altro.
Insegnare la subacquea, vuol dire educare il subacqueo al concetto di sicurezza sia fuori, che dentro l’acqua, sia verso se stesso che verso l’altro! E la sicurezza la si insegna trasmettendola attraverso gli aspetti relazionali, ma a volte è un attitudine con cui ci si nasce: una volta chiesero a Pino come facesse a trasmettere questo senso di sicurezza: ma egli non seppe rispondere, concludendo che “era fatto così”, perché se è vero che l’immersione inizia in superficie durante i preparativi, è pur vero che una relazione efficace si basa sulle modalità comunicative e non solo sui contenuti.