Volevamo parlarvi di cucina di mare ligure, espressione di una delle più solide e antiche culture italiane di marinai e di pescatori, e per presentarci due piatti di eletta semplicità, ma espressioni genuine di antiche e apprezzatissime tradizioni, ci siamo rivolti a uno chef di grande talento, Enrico Boitano, di cui vi raccontiamo anche un po di storia.
La sua è una presenza discreta tra i ristoratori della costa ligure genovese, caratterizzata da preparazioni poco elaborate, mirate prevalentemente all’esaltazione dei sapori degli ingredienti, selezionati sempre freschissimi. Per carattere e scelta personale, nonostante il grande consenso che riscontra, preferisce mantenere un profilo riservato, tenendo il suo nome lontano dal gran rumore dei social o dei media televisivi, dove molto spesso conta di più l’abilità nel sapersi proporre al grande pubblico, che non il reale valore professionale della persona. A segnalarcelo e a illustrarcene le doti, sono state due persone che lo conoscono molto bene e da lungo tempo, e di cui hanno grande stima personale e professionale: i signori Rosanna Caprile e Antonio Cressi, ben noto industriale del settore subacqueo. Ma il suo nome è anche molto conosciuto da un gran numero di qualificati e fedeli estimatori, appassionati della buona e semplice cucina ligure, preparata a regola d’arte e proposta con presentazioni in linea con la sua filosofia minimalista, ma anche elegante e appagante per l’occhio, senza eccessive, ridondanti e inutili ricercatezze estetiche.
Per incontrarlo ci siamo dovuti arrampicare per pochi minuti con l’auto dalla costa fino alla frazione di Breccanecca di Cogorno su una collina panoramica che si affaccia sul Tigullio e domina i comuni di Lavagna e Chiavari. E’ la che gestisce, più che un ristorante, un’allegra e semplice trattoria, dall’atmosfera molto familiare, e dal simpaticissimo nome Bricco della gallina, affacciata su un suggestivo panorama che a fine giornata si tinge di rosso in bellissimi tramonti, amatissima e spesso frequentata anche da suoi vecchi amici liguri del mondo dello spettacolo, e non sono pochi, come Gino Paoli e Beppe Grillo.
La sua storia di cuoco inizia a Chiavari, la sua città, nel lontano 1985, dove la mamma gestiva già da tempo un importante punto vendita di gastronomia. Appassionatissima di cucina, decise in quel periodo di proporre, oltre ai classici prodotti commerciali, anche dei piatti già pronti, che da subito riscossero un grande successo. Proprio in quell’occasione il giovane Enrico, che sotto la guida materna aveva iniziato a cimentarsi tra i fornelli per dare una mano all’attività di famiglia, scoprì che le preparazioni culinarie lo interessavano molto, gratificato e stimolato anche da molti inaspettati complimenti dei clienti, che aveva cominciato a ricevere già dalle sue prime preparazioni. Insomma, capì che quella della cucina poteva essere la sua strada. Iniziò prima con un corso di sommelier per poi passare ad esperienze culinarie con maestri come il grande Cesare Giaccone e Angelo Carboni, e trascorse un periodo anche presso il prestigioso Fort Village in Sardegna. Qualche anno dopo, forte ormai di una professionalità ben consolidata, sostenuta da un’indiscutibile talento, tornò nella sua Chiavari a gestire un proprio locale. Poi, avendo acquisito ormai un suo stile e una sua identità, ma anche una sua nuova dimensione personale, prese una decisione che oggi considera definitiva, e così da sette anni ha scelto di ritirasi nella quiete e nella sobrietà delle dolci colline di Breccanecca, con un numero giusto di tavoli, di preparazioni e di clientela.
Enrico ci ha accolto quindi con tanta cordialità e gentilezza e con un sorriso contagioso nel piccolo regno della sua cucina, e ci ha regalato il piacere di assistere alle due preparazioni che ha scelto di proporci: il cappon magro e il bagnun d’acciughe, inebriandoci di profumi, di sapori e di tanta sapienza culinaria.
E’ uno dei grandi classici della cucina ligure, e nonostante risulti una preparazione citata varie volte e con alcune varianti in documenti e carteggi fin dal 1600, e molto più spesso in tutto il 1800, non si riesce a stabilirne con certezza la vera origine e la storia del nome. Questo potrebbe derivare, secondo l’ipotesi più accreditata, dalla definizione dialettale dello scorfano rosso, cappon, pesce che probabilmente costituiva la base di questa ricetta, e la definizione di magro perché probabilmente veniva spesso preparato nei giorni di Quaresima, appunto “di magro”. Certo è invece che nasce come un piatto povero, pur se molto gustoso, preparato dalla gente di mare con i resti del pescato e con l’aggiunta di comuni verdure di stagione facilmente reperibili. Poi col tempo l’ingegno popolare e l’abilità delle massaie, ma anche dei cuochi al servizio dei gran signori, seppe perfezionare e arricchire questa preparazione molto economica fino a nobilitarla a tal punto da trasformarla in una ricercata prelibatezza, molto presente oggi nella cucina di tutta la Liguria, soprattutto durante le festività natalizie e pasquali, in occasione delle quali viene particolarmente arricchita e decorata con pesci e ortaggi.
Enrico Boitano ci presenta la sua interpretazione, che ci tiene a precisare, è quella nella quale cerca di rimanere vicino alla più pura tradizione popolare, ma con una sola variante, ossia senza la cosiddetta galletta del marinaio, una sorta di pane duro che funge da base. Questa scelta è motivata sia per poter consentire anche a un celiaco di poter gustare il cappon magro, sia perché preferisce servire delle monoporzioni che non necessitano di base d’appoggio. Per quanto riguarda il mix di verdure da utilizzare, queste devono assolutamente rispettare la stagionalità, in modo da poter essere apprezzate al massimo della loro resa qualitativa, e quindi sono diverse a seconda del periodo dell’anno, evitando assolutamente l’utilizzo di insipidi prodotti forzati in serra e colti fuori tempo. Il pesce deve essere scelto solo tra le specie pregiate dal sapore più delicato, quindi tra il cosiddetto “pesce bianco”, e assolutamente non tra quelle dalla sapidità più decisa e dalla consistenza grassa. Molluschi e crostacei devono servire poi a fini decorativi, anche se partecipano pienamente ad arricchire di sapori la preparazione.
Per la preparazione si raccomanda che il pesce deve essere bollito fermando subito il fuoco alla prima cottura; andare oltre con il tempo significa solo togliere sapore e indurire le carni. Poi, dopo aver eliminato le spine, va ridotto a mano in piccoli pezzi, come si vede dalle foto. A parte si tagliano tutte le verdure a dadini di circa un centimetro e si fanno bollire in acqua salata, a cui si aggiunge un poco di aceto bianco per acidularla. Anche in questo caso spegnere il fuoco non appena le verdure appaiono cotte e morbide, ma ancora di consistenza soda. In una terrina quindi si uniscono le verdure cotte e la salsa verde in egual misura, amalgamando delicatamente il tutto.
Per la riuscita del Cappon magro la freschezza del pesce deve essere assoluta, come pure la bollitura si deve fermare alla primissima cottura. Ogni ulteriore minuto sul fuoco è tutto sapore che se ne va. Poi si riduce a mano il pesce a piccoli pezzi dopo avere eliminato le spine. Le verdure devono essere tagliate a dadini di circa un centimetro e bollite in acqua acidulata con un po di aceto bianco, spegnendo subito il fuoco non appena risultano cotte, per mantenerne la consistenza.
La salsa verde va preparata curando bene che sia molto equilibrata, mai troppo forte, altrimenti sovrasterebbe tutta la fragranza del pesce fresco, che è il vero protagonista della preparazione.
Poi utilizzando un cerchio da cucina monoporzione, si crea un primo strato di base con il composto di verdure e salsa verde, a cui si sovrappone un secondo strato con il pesce. Questo viene quindi coperto con un altro strato del composto di verdure e salsa verde, e a chiudere si passa alla parte decorativa, dove è immancabile una fetta di uovo sodo, un gambero, e vari pezzettini di verdure bollite.
E’ importante che le verdure vengano unite alla salsa verde procedendo con una certa delicatezza nel mescolarle, facendo attenzione a non schiacciarle. Il tutto deve poi risultare ben amalgamato, ma facendo attenzione a far mantenere comunque ai dadini una buona consistenza.
Enrico Boitano ci mostra come si inizia a preparare il composto usando un cerchio da cuoco monoporzione. Dispone quindi un primo strato di fondo di verdure e salsa verde già amalgamate.
In questa parte finale non c’è limite alla fantasia. Si possono aggiungere piccoli tentacoli o parti di polpo, di calamaro, di seppia, di mazzancolle, o di aragosta. Tutto contribuisce a impreziosire il risultato finale. Alla fine della preparazione ci spiega che il cappon magro è una ricetta sostanzialmente semplice, ma a decretarne la piena riuscita concorrono due fattori: l’assoluta qualità delle verdure e del pesce e l’equilibrio dei sapori. Proprio questo aspetto va particolarmente curato, perché nessun ingrediente deve sovrastare il gusto di base che è quello delicato e inebriante del pesce fresco. La salsa verde in particolare deve essere ben calibrata nella sapidità, mai forte, e nella quantità da aggiungere alle verdure, e va sempre intesa come un’accompagnatrice e mai come una protagonista.
Sul primo strato di verdure e salsa verde aggiunge il pesce, che è il cuore della preparazione, poi va a chiudere con un altro strato sempre di verdure e salsa verde, compattando il tutto leggermente con un cucchiaio. Estrae poi il cerchio da cucina, e la forma della pietanza è già creata.
Non resta che procedere alla guarnizione, che può essere la più libera possibile, e che contribuisce ad arricchire di gusto il Cappon magro, come una fetta d’uovo sodo, qualche pezzo di verdura e di pesce, ad esempio come gamberi o pezzi e tentacoli di polpo, di calamaro o di seppia.
Enrico ci propone poi, ad accompagnare il cappon magro, una ricetta che ama particolarmente, semplicissima, facile e veloce da realizzare, e apprezzatissima in Liguria e non solo, che basa tutto il suo successo sullo straordinaria bontà di un pesce molto economico, ma degno della mensa di un re, l’acciuga.
Gli ingredienti per quattro persone sono:
Si scalda quanto basta di olio con aglio e cipolla tagliata a fette sottili. Si porta solo a imbiondire, poi si aggiungono i pomodorini tagliati a metà, o in alternativa i pelati, più le due acciughe salate, che vanno fatte dissolvere con l’aiuto di un mestolo. Si lasciano appassire i pomodorini e quindi si uniscono le acciughe. A metà cottura, dopo sette o otto minuti, si aggiunge un bicchiere di vino bianco e si lascia sfumare a fuoco medio per altrettanti minuti. A fine cottura si dispongono le acciughe e il loro liquido nei piatti, sulle fette di pane biscottato, che dopo un paio di minuti si sarà ammorbidito e impregnato della salsa profumatissima. Si chiude poi con una ricca spolverata di origano, e l’inebriante magia è servita.