Questo editoriale sviluppa il concetto di uso di Ossigenoterapia iperbarica (OTI) nel trapianto di cellule staminali; questo possibile uso nacque come nuovo approccio per migliorare la prognosi nei trapianti di sangue ottenuto da cordone ombelicale attraverso il miglioramento del processo di attecchimento delle cellule staminali ematopoietiche impiantate.
Le problematiche più importanti di questa metodica sono la limitata disponibilità di cellule in ogni procedura e il fallimento della procedura stessa.
Numerosi sforzi sono stati fatti per migliorare l’esito di questi interventi, per esempio espansione in vitro del campione ottenuto e innesto diretto nella cresta iliaca posteriore, con vari gradi di successo.
Il ragionamento su come OTI potesse influenzare il trapianto deriva da come concentrazioni crescenti di EPO, che stimolano la differenziazione delle cellule progenitrici verso la linea eritroide e sopprimono le altre linee, abbiano mostrato un effetto negativo sull’attecchimento delle cellule trapiantate. Su queste basi gli autori hanno pensato di trattare il soggetto con OTI prima della procedura per il noto effetto di OTI nel ridurre EPO nei soggetti sani.
I primi studi furono effettuati su cavie irradiate sottoposte a una seduta di 2 ore a 2,5 ata prima di infusione di cellule CD34+ da sangue cordonale. Si osservò un miglioramento delle cinetiche di attecchimento di tutte le linee cellulari impiantare.
Gli studi successivi su esseri umani furono effettuati per verificare sicurezza e tollerabilità: OTI fu ben tollerata in acuto e non mostrò problemi di sicurezza nel follow up a lungo termine.
Gli autori hanno valutato anche gli effetti di OTI nei pazienti andati incontro a trapianto di cellule ematopoietiche sul recupero delle linee ematopoietiche
Si è evidenziato come nel gruppo trattato il recupero dei neutrofili è avvenuto un giorno prima rispetto al gruppo controllo (p=0.005). Per quanto riguarda il recupero delle piastrine i giorni di recupero nel gruppo OTI rispetto al controllo sono stati due in meno (p < 0.0001).
Nella valutazione dei tassi di sopravvivenza si è osservato a 6 mesi il 100% di sopravvivenza nei pazienti trattati con OTI comparato con il 67% nel gruppo di controllo (p < 0.0001), a 1 anno il gruppo OTI ha perso il vantaggio rispetto al gruppo controllo (62.3% contro 56.5%).
Le misurazioni di EPO a 6 ore da OTI erano significativamente ridotte rispetto ai valori pre OTI e gli autori considerano questa condizione un fattore favorevole per la prognosi e affermano che la valutazione della riduzione di EPO in risposta a OTI possa essere considerato in futuro un fattore prognostico.
Gli autori, in base ai risultati incoraggianti ottenuti, stanno sviluppando nuovi trials di fase 2 per valutare l’efficacia di OTI non solo prima del trapianto ma anche dopo la procedura.