Ossigeno Terapia Iperbarica in ambito oncologico

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I campi di ricerca in ambito oncologico e radioterapico, in piccola parte, hanno coinvolto e stanno coinvolgendo anche l’ossigeno terapia iperbarica (OTI).

Nella pratica clinica sono ormai note le indicazioni a OTI nell’ambito delle radiolesioni, cioè gli effetti nocivi, che per fortuna sempre più raramente grazie ai progressi scientifici e tecnologici, possono insorgere dopo avere effettuato radioterapia nel percorso oncologico di trattamento.

Questa stringa di ricerca con parole chiave (“Radiotherapy”[Mesh]) AND “Hyperbaric Oxygenation”[Mesh] https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/?term=%28%22Radiotherapy%22%5BMesh%5D%29+AND+%22Hyperbaric+Oxygenation%22%5BMesh%5D&filter=pubt.clinicaltrial&filter=pubt.meta-analysis&filter=pubt.randomizedcontrolledtrial&filter=pubt.systematicreview&timeline=expanded&sort=date individua 63 pubblicazioni classificate come trial clinici, metanalisi, trial clinici randomizzati controllati e revisioni sistematiche a dimostrare un interesse verso questo ambito di ricerca.

Le principali indicazioni di OTI nella gestione di questi effetti collaterali da radioterapia sono: il trattamento di ulcere cutanee e dei tessuti molli, le cistiti attiniche, le proctiti attiniche, per le quali OTI è prevista in una linea guida delle società MASCC/ISOO https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/31286233/, le osteoradionecrosi ed in particolare l’osteoradionecrosi mandibolare, vengono anche contemplate le radiolesioni della laringe e del sistema nervoso centrale.

La 10° Consensus conference della Medicina iperbarica di Lille del 2017 riassume le indicazioni con il grado di evidenza e il consenso del gruppo di lavoro. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/28357821/ Indicazioni OTI con criterio Medicina Basata sulle Evidenze (livello di evidenza secondo il “GRADE system” modificato e livello di consenso secondo il sistema “DELPHY”).

Per quanto le evidenze scientifiche non siano ancora inconfutabili, l’esperienza e il consenso dei clinici ma soprattutto la considerazione del possibile grave impatto che questi esiti hanno nella vita di chi ne è affetto insieme alle limitate opzioni terapeutiche, hanno fatto si che OTI sia regolarmente prescritta dagli specialisti di branca nella gestione di queste patologie.

Un tema in ambito oncologico emergente ed ancora in molta parte da dimostrare invece è l’applicazione di OTI come coadiuvante alla radioterapia.

Nel 2018 è stata effettuata una revisione sistematica da Bennet e colleghi https://doi.org/10.1002%2F14651858.CD005007.pub4.

Questo lavoro ha incluso 19 trials che in totale analizzano 2286 pazienti dei quali 1103 hanno effettuato OTI e 1153 nel gruppo di controllo ed ha osservato come per i tumori coinvolgenti testa e collo si osservi sia ad uno anno che a cinque anni:

  • una riduzione complessiva del rischio di morte (rapporto di rischio (RR) 0,83, intervallo di confidenza al 95% (CI) da 0,70 a 0,98, numero necessario da trattare per un esito benefico aggiuntivo (NNTB) = 11 e RR 0,82, IC 95% da 0,69 a 0,98, con evidenza di alta qualità)
  • una minore incidenza di recidiva locale del tumore quando si utilizzava OTI a uno che a cinque anni (RR a un anno 0,66, 95% CI da 0,56 a 0,78, con evidenza di alta qualità;
  • una minore incidenza di recidiva locale a 5 anni (RR a cinque anni 0,77, 95% CI da 0,62 a 0,95, con evidenza di qualità moderata a causa di incoerenza tra le prove).

Questi benefici si osservano a scapito di un aumentato rischio di gravi reazioni locali alla radioterapia associata ad OTI (grave reazioni RR 2,64, IC 95% da 1,65 a 4,23, evidenze di alta qualità).

Dati ottenuti da trattamenti radioterapici in associazione ad OTI in altri distretti anatomici (cancro della cervice uterina e della vescica) non hanno evidenziato chiare evidenze di maggior efficacia.

Dai dati estratti gli autori suggeriscono che OTI possa migliorare il controllo locale del tumore, la mortalità e la recidiva locale del tumore per i tumori del distretto testa e collo. Questi vantaggi possono verificarsi solo con schemi di frazionamento insoliti poiché l’associazione OTI-radioterapia è associata a aumentato rischio di grave radiotossicità. Ovviamente gli autori raccomando massima attenzione nella valutazione di questi risultati.

Questo studio quindi, poiché eseguito con metodologie di controllo molto stringenti ed accurate, sembra confermare una possibile interazione positiva OTI-radioterapia, per quanto i risultati siano da prendere con cautela soprattutto perché si ritiene che sia necessario modulare gli schemi di radioterapia per prevenire l’aumentato rischio di effetti collaterali.

Interessante infatti notare i risultati di in un recente studio che ha esaminato linee cellulari provenienti da cellule derivate da pazienti affetti da glioblastoma GBM (tumore con prognosi estremamente infausta del compartimento testa e collo) sottoposte a OTI e radioterapia. Nella figura 1 l’OTI a 1.9 e a 2.5 ATA alle cellule GBM ha inibito la proliferazione cellulare; nelle figure 2 l’OTI a 1.9 e a 2.5 ATA riduce l’espressione

del fattore 1 α (HIF-1α) inducibile dall’ipossia e ha indotto la riprogrammazione del metabolismo del

glucosio riducendone la captazione (immagine 2). Inoltre, i risultati ottenuti dalla associazione di OTI e radioterapia (RT) hanno mostrato un effetto radiosensibilizzante di OTI sulle cellule GBM (figura 3) ed un

effetto radioprotettivo sulla microglia.

Riassumendo quindi, a fianco delle azioni di OTI verso gli effetti collaterali su molteplici organi dovuti alla radioterapia, si stanno affacciando possibili nuove applicazioni di OTI come coadiuvante le terapie oncologiche che richiedono ulteriori studi e tutte le cautele del caso.

 

 

 

 

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