Tutta colpa dell’ossigeno

di Enrico  M. Camporesi MD, Emeritus Professor and Past Chair – Department of Anesthesiology & Critical Care, Tampa USA
Presidente Comitato Scientifico SIMSI: 2021/2022

Ero uno studente del secondo anno di medicina all’università di Milano e chiesi di diventare interno di fisiologia nell’Istituto del professor Rodolfo Margaria. Un’altro interno era Arsenio Veicsteinas. Noi due eravamo gli unici di una classe di 400 studenti interessati alla fisiologia. La ragione del mio interesse era perché avevo pensato di iscrivermi a fisica, ma poi decisi che la medicina permetteva una interazione migliore con la gente. Assistevo il professor Sant’Ambrogio ma avevamo riunioni periodiche anche con il prof Margaria. Un giorno quest’ultimo commentò un lavoro svizzero (Buhlman?) dove erano stati misurati la PO2 arteriosa nell’arteria femorale di soggetti esposti in camera iperbarica a quattro atmosfere respirando aria proponendo l’ipotesi che questo avrebbe aumentato la potenza muscolare.  Margaria disse che ciò era una idiozia perché invocava un aumento dell’esercizio fisico muscolare a pressione dovuto all’aumento della PO2 e disse che essendo l’emoglobina già saturata completamente respirando aria ad una atmosfera non vi era alcun motivo per cui l’ossigeno potesse aumentare la capacità muscolare. Poi mi disse: “Camporesi, vai a fare lo studio alla piscina Cozzi insieme a Aghemo e Sassi e misura il consumo d’ossigeno respirando aria e ossigeno, e mostrami il lavoro e la frequenza cardiaca.” E così cominciai ad andare avanti ed indietro dalla piscina Cozzi dove c’era un tapis roulant e un grosso spirometro che riempivamo o di aria o d’ossigeno con un valvola unidirezionale di inspirazione e si lavorava al massimo della capacità muscolare per 5 minuti cercando di misurare la frequenza cardiaca e consumo d’ossigeno. Dimostrammo così un aumento dell’8% nel massimo consumo di O2…

Margaria R, Camporesi EM, Aghemo P, Sassi, G.  The effect of O2 breathing on maximal aerobic power.  Pflueger’s Arch. 336: 225-235, 1972.

 

Il professor Margaria era amico del professor Wallace Fenn che lo introdusse all’Accademia dei Lincei. Nel 1968 Fenn visitò Milano ed io ebbi l’onore di accompagnarlo in giro nei vari meeting. A quell’epoca avevo la 500 Fiat. Iniziò così una relazione con l’università di Rochester dove Fenn aveva appena finito di essere il direttore di fisiologia e pensò di creare un lascito all’università per una borsa di studio per un visitatore dell’università di Milano, e dopo varie vicissitudini verso il 1970 ebbi l’onore di essere scelto come studente frequentatore per un anno all’università di Rochester nel dipartimento di fisiologia. Fenn mori improvvisamente per complicanze di cancro pancreatico, per cui ci fu un ritardo per la mia frequenza. Infatti arrivai al 2 gennaio 1972 all’università di Rochester. La persona più disponibile era Al Craig, ma, appena ritornato dalla spedizione in Giappone con Suh Ki Hong (dove avevano studiato le tecniche in apnea delle” donne pescatrici subacquee” giapponesi chiamate Ama) si era totalmente dedicato allo studio della termoregolazione e non aveva tempo e spazio per altri temi. Mi fu data quindi la chiave del laboratorio di Fenn dove riuscii a misurare la compressione alveolare dei gas durante la rapida compressione e decompressione in apnea sul coniglio e lavorai per conto mio per due o tre mesi con pochi risultati. Craig mi suggerì che se volevo fare una ricerca sull’esercizio muscolare avrei dovuto riferirmi al dottor Rahn di Buffalo dove egli aveva trasportato in anni recenti tutte le attività cardio vascolari fisiche e dove era in costruzione un grosso centro degli ambienti straordinari con piscina e camera iperbarica. Qui a Buffalo ci fu un “Rinascimento” nella ricerca con i dottori Fahri, West, Paganelli, Pendergast ed altri luminari. Margaria venne a trovarmi riferendomi che potevo frequentare un secondo anno a Buffalo. Tra gli altri c’era il Dottor Lanphier in procinto di trasferirsi in Wisconsin dopo una burrascosa vita come capitano di Marina. Egli affidò a Me e a Bill Hamilton l’uso della sua casa mentre studiavamo a Buffalo. Qui fui accorpato con due borsisti della US Navy e della Airforce: Ed Flynn e la dottoressa Sally Nunnely. Questa collaborazione generò finalmente un lavoro sul volume polmonare durante diverse pressioni di immersione con pressioni positive e negative nella bocca e misurazioni della ventilazione volontaria. Flynn aveva appena finito di lavorare con Herbert Saltzman alla Duke University dove avevamo completato la prima immersione a 1000 fsw. Visitai la Duke University e ottenni un periodo di sei mesi come fellow in medicina renale cominciando una attività di ricerca per alcuni mesi al laboratorio iperbarico.  Fortunatamente, allo stesso tempo il dottor Peter Bennett fu assunto dal dipartimento di anestesia per portare più esperienza in ambito iperbarico. Peter Bennet dopo avermi parlato decise che potevo aiutare il gruppo: ma nel frattempo non avevo ancora l’equivalenza medica né una connessione o un contratto con la Duke. Entro pochi anni cominciammo a lavorare col dottor Salzano che era rimasto solo come “fisiologo dell’esercizio” e poi altra gente che si aggiunse: il dottor Fagraeus dal Karolinska ed il dottor Piantadosi (Johns Hopkins), gente di grande rinomanza e con notevoli aree di ricerca. Nel frattempo un visitatore canadese mi chiese di collaborare per un periodo breve, il dottor Richard Moon e lo aggiungemmo al gruppo respiratorio creando quello che chiamavamo i “respiratori Boys” con Salzano Moon, e Brad Stop che venne dalla Catalina Island. Fummo noi quattro ad aver usato le nostre esperienze per studi respiratori nelle Atlantis dives. Tra il 1984 e il 1990 fui assunto avendo completato la frequenza in anestesiologia per due anni nelle sale operatorie e nelle camere iperbariche. Divenni il Chairman di anestesia all’università di Syracuse e qui ebbi la fortuna di avere nuove opportunità perché questa era ubicata lontana da Buffalo (dove c’era la camera iperbarica) e lontano da New York. Queste zone, sono comprese nella regione dello “Snowbelt” dei grandi laghi del nord America, zone freddissime e comunque abitate con alto tasso di avvelenamenti da ossido di carbonio. Ecco quindi che nel 1989 convinsi la SUNY (università statale di New York) e l’ospedale ad installare due camere monoposto e di iniziare un programma di medicina iperbarica tutt’ora in gran fermento con un seguito per altri ricercatori. A questo punto fui molto fortunato di essere capace di offrire opportunità di ricerca, come per Tawfic Hakim e successivamente per Gerardo Bosco, che mi fu presentato dal professor Data.

Sembra opportuno ricordare a tutti che:

Life is like a box of chocolates: you never know what you are going to get. (cit.1994 Forrest Gump)

                                                                               
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