Intossicazione da monossido di carbonio in paziente positivo a COVID 19, case report (S.C. Anestesia Rianimazione e Medicina Iperbarica P.O. Marino ASL, Cagliari)

 

Nell’ambito dei trattamenti in emergenza/urgenza di pazienti in OTI per intossicazione da monossido di carbonio, che negli ultimi mesi, sembra abbiano avuto una recrudescenza, forse ed in parte legata ai noti aumenti relativi alle spese energetiche e a problematiche sociali; riportiamo un resoconto di un caso clinico complicato anche da positività a COVID 19 accaduto in piena pandemia segnalatoci dal reparto S.C. Anestesia Rianimazione e Medicina Iperbarica P.O. Marino ASL Cagliari.

Gestione iperbarica di un grave stato di coma da intossicazione da CO in paziente COVID+: Case Report
Dr.ssa Giulia Caddia, Dr. Gianluca Lai, Dr. Stefano Mancosu, Dr. Luca Patrignani
S.C. Anestesia Rianimazione e Medicina Iperbarica P.O. Marino ASL Cagliari

 

 

 

 

Obiettivo

La malattia respiratoria acuta da SARS CoV 2 (Covid 19) ha cambiato significativamente le nostre vite e in particolare la gestione dei pazienti nei nostri Ospedali.

In questo periodo di pandemia sono state messe a dura prova, tra le altre attività cliniche, anche le buone pratiche che garantiscono l’erogazione dell’Ossigenoterapia Iperbarica (OTI) in completa sicurezza.

In questo Case Report si descrive la gestione iperbarica in urgenza, presso il Centro di Medicina Iperbarica “Giancarlo Boero” – P.O. Marino ASL Cagliari, di un paziente intossicato da Monossido di Carbonio (CO), in grave stato di coma (GCS 3), precedentemente intubato dal personale del 118, posto in ventilazione meccanica, e risultato positivo al SARS CoV 2.

 

Materiali e metodi

A metà Febbraio 2022 un uomo di 73 anni viene rinvenuto dai familiari privo di coscienza presso la propria abitazione, in cui era presente una stufa a legna con brace ancora viva. Soccorso da personale dedicato del 118, il paziente si presentava in grave stato di coma (GCS 3) e veniva pertanto intubato con procedura d’urgenza sul posto. Dopo essere stato trasportato in Elisoccorso presso il principale Pronto Soccorso cittadino, sprovvisto di Centro Iperbarico, siamo stati contattati dai colleghi rianimatori per eventuale trattamento OTI urgente.

Al momento del primo contatto agli operatori del 118 veniva segnalata la positività del paziente al SARS CoV 2, confermata con nuovo tampone naso faringeo di tipo molecolare eseguito all’arrivo in PS. Successivamente, dall’anamnesi raccolta dai familiari, è emerso che il paziente risultava positivo al SARS CoV 2 già dalla fine di Dicembre 2021 (confermato con ripetuti test molecolari) e per tale motivo lo stesso si era posto in autoisolamento.

La prima COHb su Emogasanalisi Arteriosa (EGA) eseguito all’arrivo in PS è stata di 13,6 %, dopo circa 90 min di ossigenoterapia normobarica. Al momento del soccorso iniziale non è stato possibile rilevare la durata esatta dell’esposizione al CO (stimata in seguito in almeno 3-4 ore).

Il paziente in PS ha eseguito in regime d’urgenza emocromo, coagulazione, elettroliti, funzionalità epato renale, TC cranio (negativa) e Troponina (698 mg/L). Sono stati incannulati due accessi vascolari periferici, attraverso cui ha iniziato terapia di idratazione con cristalloidi; inoltre è stato posizionato catetere vescicale tipo Foley.

Dopo circa 60 min dall’arrivo in PS, ad un secondo controllo EGA si rilevava COHb 7.9 %, con persistenza dello stato di coma, e pertanto veniva indirizzato presso il nostro Centro per il trattamento OTI.

Qui veniva, compatibilmente con le logistiche degli spazi e delle attrezzature a disposizione, organizzato in urgenza un percorso “sporco – pulito” secondo le disposizioni Covid 19, facilitati peraltro dal fatto che l’evento si era verificato in un fine settimana, con il Centro non impegnato quindi nelle normali attività ambulatoriali.

All’arrivo al nostro Centro, il paziente è stato portato direttamente all’interno della Camera Iperbarica. Dopo rapida rivalutazione neurologica si conferma lo stato di coma. Si è quindi provveduto alla monitorizzazione dei principali parametri vitali (Frequenza Cardiaca, ECG, Saturazione periferica di Ossigeno, Pressione Arteriosa non Invasiva, Frequenza Respiratoria), tramite collegamento a scafo verso monitor all’esterno. Si imposta ventilazione meccanica con respiratore automatico idoneo all’ambiente iperbarico (Siaretron 1000, SIARE) in modalità a Volume Controllato (Volume corrente 6 ml/Kg, Frequenza Respiratoria 16 atti/min, Positive End Espiratory Pressure 6 cmH20), e si avvia sedazione in pompa infusionale dedicata in continuo con midazolam 10 mg/h per migliorare l’adattamento alla protesi ventilatoria.

Si è provveduto, inoltre, a riempire il palloncino-spia del tubo orotracheale con soluzione salina, per evitare alterazioni della tenuta del palloncino stesso durante i cambiamenti pressori richiesti dal trattamento iperbarico.

Durante il trattamento il paziente è stato curarizzato con dosi refratte di Cisatracurium, sempre per ottimizzare l’adattamento ventilatorio, guidati dal monitoraggio clinico e multiparametrico consentito dal Siaretron 1000.
Viene eseguita la tabella OTI prevista presso il nostro Centro per il trattamento delle gravi intossicazioni da CO, della durata di 137 min, così strutturata:

– 3 cicli in O2 da 20′ intervallati da 3 pause in aria da 3′ a 2.8 ATA
– passaggio da 2.8 a 2.5 ATA (fase di decompressione in O2) di 3’
– 1 ciclo in O2 da 20’ a 2.5 ATA
-passaggio da 2.5 a 2.0 ATA (fase di decompressione in O2) di 5’
– 1 ciclo in O2 da 10’a 2.0 ATA
– passaggio da 2.0 a 1.0 ATA (fase di decompressione finale in O2) in 30′, fino al termine.

Per il trattamento completo è stata necessaria l’alternanza di 3 Medici iperbarici, al fine di mantenere gli operatori stessi all’interno della curva di sicurezza. Tutti gli operatori erano muniti di Dispositivi di Protezione Individuali sia delle vie respiratorie (respiratore FFP3), degli occhi (Occhiali a copertura totale più visiera), e protezione degli indumenti tramite sovracamici in cotone.

È stato mantenuto un rigoroso controllo dei parametri ambientali (temperatura e umidità) e del tasso di Ossigeno libero in Camera, mantenuto sempre al di sotto del 22,5% (limite massimo indicato in letteratura: 23.5%), tramite idonea sensoristica e ripetuti ricambi di aria o “lavaggi”, al fine di ridurre al massimo il rischio di incendio, vista la necessaria presenza all’interno della Camera stessa di materiale a rischio potenziale di
incendio.

Non sono comparsi durante il trattamento particolari problemi emodinamici o ventilatori, mentre la rivalutazione EGA ha permesso di evidenziare, oltre alla aspettata iperossia ed ad una COHb in fase di avanzata correzione, anche alcune disionie particolarmente rilevanti (iperpotassiemia), che sono state prontamente corrette.

Al termine del trattamento OTI il paziente è stato trasferito presso una Terapia Intensiva Covid in altro Presidio Ospedaliero cittadino; dopo 12 h dal ricovero presso tale TI è stata sospesa la sedazione ed eseguita finestra neurologica, che ha mostrato segni di ripresa, e dopo circa ulteriori 6h il paziente è stato estubato, con un quadro di agitazione psicomotoria che ha sconsigliato un ulteriore trattamento OTI per lo sfavorevole rapporto costo/beneficio. Dopo 48h dal ricovero viene trasferito in un reparto di Medicina. In quarta giornata è stato dimesso presso il proprio domicilio, neurologicamente senza esiti e con tampone naso faringeo negativo, previa rivalutazione telefonica da parte del nostro Centro.

A un mese di distanza dall’evento abbiamo provveduto a contattare il paziente per rivalutare la situazione neurologica, in riferimento alla Sindrome post-Intervallare, come previsto dai protocolli interni del nostro
Centro e dalle linee guida OTI.

Il paziente è stato quindi sottoposto ad intervista esplorativa ed a Mini Mental Test, con un punteggio di 27 su 30, indice di normalità cognitiva (vista anche l’età del soggetto); confermato anche dai colloqui separati avvenuti con i familiari.

Veniva quindi dimesso, con la raccomandazione di ulteriori prese di contatto in caso di manifestazioni di interesse neurologico – comportamentale.

Conclusione

L’intossicazione da CO mette a rischio la vita del paziente per il suo legame più tenace con i gruppi EME, presenti nell’emoglobina (Hb), nella mioglobina, e i citocromi cellulari, rispetto all’Ossigeno. L’effetto immediato è una ipossia dei tessuti, cardiaco e cerebrale in particolare. Nel medio e lungo termine, invece, si produce un’alterazione su base infiammatoria e immunomediata delle vie di trasmissione dei segnali nervosi a livello centrale, ad opera di mediatori chimici come l’acido glutammico e la serotonina, che dopo un intervallo di 3-4 o più settimane può determinare la comparsa di sintomi neuropsichiatrici riconducibili alla Sindrome post-Intervallare (cefalea, perdita di memoria, altri disturbi del comportamento, fino alla demenza).

La COHb da sola però non rappresenta un marker ideale per definire la gravità dell’intossicazione; è solo un indice di esposizione, ma è il quadro clinico che indirizza verso la severità dell’intossicazione: difatti in questo caso tutte le COHb rilevate (per altro a distanza di tempo dal ritrovamento iniziale e in un paziente già da tempo sotto ossigenoterapia ad alti flussi) erano su valori “non preoccupanti”, e ciononostante il paziente permaneva in uno stato di coma altrimenti non spiegabile (TC cranio negativa per fatti acuti). Altri parametri, non sempre definibili con precisione, come: il tempo di esposizione, la presenza di ricambio d’aria, la presenza di fumi e particolati, la fonte di CO, il ritardo nell’assistenza medica, possono implementare il rischio dell’evoluzione in sindrome post-intervallare ma senza nessuna certezza assoluta.

La documentazione scientifica disponibile in materia dimostra, peraltro, che il trattamento iperbarico, urgente e non procrastinato, aiuta ad evitare ai pazienti di incorrere in tale sindrome. Nel caso specifico, la scelta di indirizzare rapidamente il paziente al trattamento OTI, affrontando e superando le difficoltà logistiche relative al trattamento in urgenza di un paziente SARS CoV 2 positivo in un ambiente non predisposto in tal senso, ha condotto a ripristinare il recupero neurologico completo e la ripresa neurocognitiva e funzionale, permettendo il ritorno ad una normale vita di relazione, nonostante il grave quadro clinico iniziale. Particolare cura è stata rivolta al controllo dei parametri ambientali e delle possibili fonti di innesco, in quanto le tute da contenimento biologico a disposizione dei sanitari non erano né antistatiche né antifiamma. Fiduciosi nel concetto che un incendio ha bisogno di tre elementi affinché si sviluppi (innesco, combustibile e comburente), e grazie anche alla professionalità del comparto tecnico che, grazie alla presenza contemporanea di due tecnici, poteva sia controllare istante per istante tasso di umidità, temperatura e ossigeno ambientale, e al contempo sorvegliare attentamente tramite monitor e oblò l’ambiente della camera, pronti ad avviare tempestivamente l’impianto antincendio (qualora necessario), il team medico ha potuto, pur con tutte le complessità aggiuntive dei sistemi di protezione (tuta, sovracamice, doppi guanti, filtrante facciale, occhiali di protezione e visiera), assistere il paziente al massimo delle nostre possibilità.

Segnaliamo come rilievo accessorio la rapida negativizzazione del paziente, da tempo positivo al SARS CoV 2.

Il Centro di Medicina Iperbarica del P.O. Marino di Cagliari non era dotato all’epoca di un percorso organizzativo dedicato a pazienti COVID 19 con necessità di supporto rianimatorio avanzato. Fortunatamente l’urgenza si è verificata in un giorno festivo in cui non erano presenti i classici trattamenti di routine con decine di persone presenti nel Centro; pertanto si è potuto rapidamente organizzare un percorso ad hoc sia del pz con il team di soccorso e sia un luogo di vestizione/svestizione per tutto il personale medico, infermieristico e tecnico del Centro Iperbarico.

Questo ci ha inoltre spinto a rivedere le nostre procedure ed a costruire un migliore percorso “sporco – pulito” espressamente dedicato alla grave emergenza COVID+, per quanto consentitoci dalla logistica degli spazi ed attrezzature a disposizione, non certo progettate per eventualità similare.

Bibliografia
Weaver L.; New England J. Med. 2009;360:1217-1225

Mordacci M, Vezzani G, “Linee guida SIMSI/SIAARTI/ANCIP per il trattamento con ossigeno iperbarico della intossicazione acuta da CO”. Med. Subacquea e iperbarica 2007; 2:42-44.

Documento di posizionamento SIAARTI, SIMSI, ANCIP, AS.PA.TI., Ossigenoterapia iperbarica (OTI) durante il periodo di emergenza per COVID-19. – 22 Marzo 2020

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