Il mondo del rebreather è in continua evoluzione, e nonostante i costi elevati, sono sempre di più i subacquei attratti dal fascino di un'immersione silenziosa e senza bolle. Per avere una panoramica su questa specialità che richiede una seria e adeguata preparazione, ho voluto incontrare uno dei più stimati specialisti italiani del settore, Aldo Ferrucci, quotatissimo e molto richiesto anche in Francia, dove ha anche una scuola sub nella splendida cornice della Costa Azzurra a Cavalaire sur Mer. Aldo è anche uno dei personaggi più noti dell'ambiente subacqueo ed anche un bravissimo fotografo, e per meglio conoscere la persona, ho il piacere di far precedere l'intervista, come è ormai consuetudine del nostro magazine, raccontando anche un po della sua storia. Personalmente ho avuto l'opportunità di conoscerlo molto tempo fa, alla fine degli anni ottanta, quando di anni ne aveva una trentina e si iscrisse ad un mio corso di fotografia subacquea che all'epoca tenevo presso il Circolo del Leone Marino di Roma. Era già un subacqueo molto bravo e preparato, e si dedicò con grande passione ad apprendere la tecnica fotografica, e posso dire, con mia grande soddisfazione di istruttore, che negli anni successivi dimostrò un grande e crescente talento in questa specialità, raggiungendo livelli pari a quelli di nomi ben noti nel settore, ma mai facendosene un vanto.
Aldo Ferrucci è una persona piacevolissima e elegante, di buona cultura, appassionato di musica e di buone letture e dal tratto molto signorile. La sua storia nasce a Livorno dove è nato nel 1958 e di quella città porta nel sangue la schiettezza, l'ironia e la solarità. Ma nel 1980 si trasferisce a Roma, dove svolge un'attività professionale, che l'occuperà per più di dieci anni. Da molto tempo prima, però, il fascino dell'immersione subacquea lo aveva già conquistato. Ancora giovanissimo frequentò anche un corso ARA, e divenne ben presto molto abile a muoversi sott'acqua, tanto che all'età di diciotto-diciannove anni, lo zio gli trovò pure qualche lavoro di pulizia di carene nel porticciolo di Castiglione della Pescaia, tanto per guadagnarsi qualche soldo. Poi, come sarà lui stesso a raccontarci in dettaglio, recatosi a New Orleans, meta della sua passione per il jazz, scoprì casualmente il mondo dell'immersione tecnica.
Passano gli anni e Aldo Ferrucci sente sempre più il lavoro di commercialista molto stretto, pur se ben retribuito, e l'attrazione dell'immersione subacquea, dei viaggi e delle esplorazioni nei mari più affascinanti del mondo, diventa talmente forte che lo porta a una scelta che cambierà radicalmente la sua vita. Lascia la vita di ufficio e di scartoffie, e sceglie di diventare un professionista delle attività subacquee, completando la sua formazione ai più alti livelli, per poi a sua volta dedicarsi con grande impegno all'attività di istruttore subacqueo tecnico, specializzato in particolare nell'uso del rebreather, e anche dedicandosi con grande passione all'organizzazione di spedizioni ed esplorazioni profonde e molto impegnative di relitti, grotte e siti sommersi di particolare interesse. Oggi è uno dei più quotati e impegnati trainer di varie didattiche, e oltretutto nella sua apprezzatissima attività d'insegnamento, porta il suo straordinario entusiasmo, che diventa sempre molto contagioso con i suoi allievi, che finiscono inevitabilmente nel diventare suoi amici. Insomma, una bella persona che ho avuto il piacere di intervistare, e che ci offre i suoi preziosi consigli.
D.
Come hai scoperto i rebreather e hai iniziato ad usarli?
R.
Verso la metà degli anni 80, sono andato a New Orleans, capitale del Jazz, di cui ero e sono un appassionato; una città che vive principalmente la notte, dove vari musicisti e cantanti animano la vita notturna sia nei locali che per strada, creando un atmosfera magica. Ma durante il giorno si svuota, e ci sono molte meno attività da seguire, e durante una passeggiata lungo il centro commerciale, sulle rive del Mississipi, ho visto alcuni cartelli pubblicitari che promuovevano una fiera sconosciuta a me e a molti altri con cui ero in compagnia, il Dema, esposizione internazionale della subacquea, che sarebbe iniziata qualche giorno dopo. Vedendo un po di movimento ci siamo avvicinati all’entrata e abbiamo scoperto che era il primo giorno del TEK, fiera dedicata alla subacquea tecnica. Subacquea tecnica??? Cosa è, mi sono chiesto. E siccome sono curioso di natura, sono entrato pagando un ticket di pochissimi dollari. Sono rimasto subito abbagliato da tutta una serie di termini e di prodotti a me interamente sconosciuti. Sembravo un ragazzino che entra per la prima volta dentro un Parco Disney. Nitrox, Trimix, rebreather, mixer, harness, tantissimi termini che oggi sono conosciuti dalla maggior parte dei subacquei, erano per me parole senza senso. Quindi mi muovevo tra gli stand chiedendo chiarimenti e spiegazioni su quello che avevo davanti, con il mio inglese non certo tecnico. Uno degli istruttori con cui ho parlato, mi invitò la sera stessa ad una presentazione e a una prova delle varie attrezzature nella piscina del Campus universitario.
Come rifiutare! Il jazz poteva aspettare.
La mia attenzione si era concentrata sui rebreather, un qualcosa che aveva per me del fantascientifico. L’incredibile sensazione di respirare sott’acqua senza fare né rumore né bolle è ancora nella mia testa, ma ancora non sapevo che avrebbe cambiato la mia vita personale e professionale. Al mio ritorno in Italia avevo una sola cosa in testa, trovare il sistema di acquistare ed usare nelle mie immersioni questa attrezzatura così straordinaria.
D.
Quali sono i motivi per i quali un subacqueo dovrebbe preferire un rebreather?
R.
Una domanda alla quale è facile ma allo stesso tempo difficile rispondere. L’utilizzo di un rebreather è per molti, ma non per tutti. Un’affermazione questa che non sempre viene accettata da operatori e utilizzatori.
Prima di tutto bisogna distinguere tra attività subacquea occasionale e abituale. L’uso del rebreather è molto più semplice di quanto si possa pensare, ma richiede una certa attenzione nella preparazione e utilizzo. Tutte pratiche che si acquisiscono se si eseguono regolarmente, con una certa frequenza. Utilizzare il rebreather saltuariamente potrebbe far perdere gli automatismi e rendere meno affidabili i controlli, andando ad incidere sulla sicurezza del subacqueo.
L'utilizzo costante del rebreather garantisce un immersione più sicura, oltre a maggiori tempi di permanenza con tappe decompressive inesistenti o ridotte, aria calda e umida e conseguente riduzione dei due fattori principali di rischio di MDD, ipotermia e disidratazione. Ma non dimentichiamo che l' uso del rebreather ti dà anche la possibilità di sentirti pesce tra i pesci, immerso nel silenzio del mondo sottomarino senza bolle.
D.
Quali sono i punti importanti da valutare per un subacqueo interessato al rebreather?
R.
Oggi il mercato propone una moltitudine di unità affidabili e sicure. La prima cosa da valutare quando si pensa all'acquisto di una macchina è la certificazione CE. Questa garantisce il superamento di tutta una serie di test specifici, la qualità dei materiali, e quindi un'adeguata dose di sicurezza nell’utilizzo, il tutto eseguito da un ente esterno al produttore.
Una volta accertata la certificazione, opinioni e confronti con istruttori e rebreatheristi sono sicuramente utili per un eventuale scelta.
La tendenza sulle nuove macchine è quella di ridurre sempre di più il peso e le dimensioni, nell'ottica di poter viaggiare senza troppi inconvenienti ma anche di ridurre il carico sulla schiena.
Altro punto importante è verificare la qualità dell’assistenza per eventuali riparazioni e manutenzioni. Anche se le nuove unità sono estremamente affidabili e richiedono una manutenzione ridotta (rientro in fabbrica o centro di assistenza ogni 3 o 5 anni), un problema o una rottura possono sempre accadere. Avere un centro di assistenza affidabile e veloce permette di poter riutilizzare rapidamente il rebreather anche in caso di problemi.
In ultimo, ma non meno importante, valutare le macchine in uso tra i compagni di immersione o nel diving abituale. Avere rebreathers delle stesso tipo aiuta a condividere le esperienze, a verificare i controlli a vicenda, a condividere gli eventuali materiali di consumo o i pezzi di ricambio.
D.
Come vedi l’ evoluzione dei rebreathers?
R.
Sicuramente verso modelli sempre più leggeri e compatti, senza compromettere però le prestazioni e la sicurezza. Come ho già detto, i nuovi utilizzatori vogliono poter portare nei loro viaggi il loro rebreather, per poter approfittare al meglio delle opportunità subacquee.
Anche dal punto di vista estetico, credo che ci saranno molti miglioramenti, perché come si dice, l’occhio vuole la sua parte. Poi sicuramente la tendenza è verso montaggi e test facili, veloci e sicuri, e verso controlli manuali e automatici semplici e facilmente raggiungibili, riducendo inoltre la possibilità di errori da parte dell’utente.
La tendenza sulle nuove macchine è quella di ridurre sempre di più il peso e le dimensioni, nell'ottica di poter viaggiare senza troppi inconvenienti ma anche di ridurre il carico sulla schiena.
Dal punto di vista elettronico, per quanto riguarda i sensori di ossigeno, che già danno un’ottima garanzia di affidabilità e durata, con la nuova introduzione di strumenti alla stato solido, che non hanno parti che possono rovinarsi con il passare del tempo, siamo a livelli tecnologicamente avanzati, le vere evoluzioni attese dovrebbero concentrarsi sugli analizzatori per l’anidride carbonica, dove ancora nessuno ha trovato una vera soluzione affidabile, in quanto troppo sensibili a temperatura e umidità, due fattori che sono molto variabili all’interno del circuito di un rebreather. La tendenza degli scrubber (i cestelli dove viene inserito il materiale assorbente la CO2) si svilupperò sui sistemi radiali, sicuramente più efficaci per durata e con uno sforzo inferiore per la respirazione dell’utilizzatore.
Inoltre una nuova gamma di rebreathers sidemount si sta sviluppando rapidamente, con 3 modelli che sono già certificati CE e altri che sono in corso di certificazione. Questi sono destinati a due utilizzatori ben distinti: sicuramente coloro che sono già praticanti e fautori di questo tipo di immersione e che non vogliono abbandonarlo per questioni di comodità e sollievo, per il limitato peso sulla schiena, e anche per la migliore acquaticità e resistenza nel nuoto subacqueo. L’altra categoria è quella dei subacquei un po più estremi, già rebreatheristi, che vedono in queste unità laterali, la possibilità si utilizzarli come secondo CCR di soccorso, limitando le bombole di bailout e garantendo lo stesso tipo di autonomia e di profilo decompressivo in caso di problema al rebreather principale.