Francesco Visintin, un grande maestro dell’immagine subacquea ci racconta i segreti della sua tecnica e della sua creatività.

Fotografia Subacquea
Francesco Visintin, un grande maestro dell’immagine subacquea ci racconta i segreti della sua tecnica e della sua creatività.
Di Umberto Natoli
E’ con grande piacere che da questo numero inizia a collaborare con La Marea Magazine uno dei più esperti fotografi italiani, che unisce la sua grande competenza di studio e professionale nel campo dell’ingegneria meccanica, che ha applicato nella conoscenza approfondita delle attrezzature e delle tecniche di ripresa fotografica, con un’appassionata ricerca estetica dell’immagine naturalistica e subacquea. Tecnica e passione è la definizione con cui si può descrivere in sintesi il lavoro del bravo Francesco Visintin, che ho avuto modo di conoscere e stimare personalmente da molti anni, in qualità di giudice federale FIPSAS, in occasione di varie competizioni di fotografia subacquea. In questo numero ci parla della sua storia e della sua esperienza sul campo, e dai prossimi numeri approfondirà vari aspetti sulle tecniche di ripresa e sulle attrezzature, che sicuramente interesseranno gli appassionati di fotografia subacquea.
Il direttore Umberto Natoli
Mi chiamo Francesco Visintin, ho cinquanta anni, sono ingegnere meccanico, lavoro come project engineer nel settore della transizione energetica e mi occupo di fotografia subacquea, come amatore, da circa venticinque anni.
La passione per l’acqua, le creature subacquee e la fotografia sono nate in me fin da piccolo: la piscina ed il mare nei mesi estivi e gli acquari che tenevo in casa; inoltre fin dall’epoca delle scuole medie ho cominciato a fotografare con una fotocamera reflex Olympus OM1.
La fotografia subacquea ha rappresentato per me la sintesi di tutto ciò. Fin da subito il mio obiettivo è stato catturare e la bellezza del mondo sommerso per poterla rivivere a casa riguardando le foto, e poterla condividere con le persone che spesso neppure immaginano i paesaggi e le creature che è possibile ammirare sott’acqua. Per questo appena laureato, all’età di venticinque anni ho conseguito il mio primo brevetto da sommozzatore e da subito ho cominciato ad immergermi con una fotocamera compatta Sea&sea MX5. Ben presto però i limiti della fotocamera compatta mi andavano stretti, conoscendo già il mondo della fotografia reflex, che via via andavo sempre più approfondendo, e con i primi stipendi, appena entrato nel mondo del lavoro, mi sono comprato un set professionale per la fotografia subacquea costituito da una Nikon F90x in custodia Subal con obiettivi 60 micro e 20 mm, e flash Ikelite SS200. Iniziò così la mia avventura nell’immagine subacquea di livello più alto, che sempre più mi interessava e mi coinvolgeva. Con il passare degli anni ho consolidato poi la necessaria esperienza e maturità tecnica che mi ha consentito di sviluppare con maggiore consapevolezza e competenza le scelte tematiche ed estetiche che più mi appassionano, e che oggi mi porta ad orientarmi prevalentemente nella ricerca di immagini originali e di forte impatto.
Da questo punto di vista ritengo che si debba partire dall’uso corretto della luce, che è fondamentale sott’acqua. Bisogna tenere presente infatti che l’acqua assorbe e diffonde la luce in modo diverso rispetto all’aria, quindi è essenziale saperla gestire. Quando è possibile cerco di sfruttare al massimo l’illuminazione naturale specie durante le prime ore del mattino o al tramonto anche a costo di utilizzare sensibilità elevate e, di conseguenza, la potenza dei flash al minimo. Utilizzo inoltre luci artificiali, principalmente flash, per illuminare il primo piano e restituirne i colori, e in particolare nelle riprese grandangolari cerco di fare un uso discreto del flash, con l’obiettivo di fondere quanto più delicatamente possibile l’illuminazione ambientale con quella artificiale.
Curo con molta attenzione la qualità della luce, modificando continuamente la posizione dei flash a seconda dell’effetto da conseguire e della scena da riprendere. Inoltre cerco di utilizzare la parte esterna del cono di luce proiettato dai flash per ottenere una illuminazione più morbida e mitigare la presenza della sospensione. Utilizzo anche illuminazione selettiva tipo snoot, sempre in modalità bilanciata, e tecniche di mosso intenzionale per enfatizzare il dinamismo della scena ritratta. Imposto la potenza dei flash sempre in modalità manuale perché in questo modo ho pieno controllo sull’esposizione e la garanzia della ripetibilità dei risultati; inoltre secondo la mia esperienza, ad oggi non sono disponibili sul mercato flash subacquei TTL che garantiscano sufficiente accuratezza dell’esposizione. Utilizzo modelli ad alta potenza in grado di sostenere la raffica di scatti, anche fino a 10 fps, consentita dalle moderne fotocamere; e questo con lo scopo di cercare di catturare il picco dell’azione.
Le immagini che presento puntano a sintetizzare l’aspetto estetico con quello biologico e di comportamento dei soggetti ritratti. L’obiettivo non è solo ottenere una bella foto, ma cercare di raccontare una storia o rivelare un comportamento che possano emozionare e informare allo stesso tempo. Tutto questo non è banale e richiede un lungo lavoro di ricerca e osservazione, molti tentativi e tanti viaggi a vuoto. Anche per questo motivo considero molto vantaggioso poter scattare a Km 0. È entusiasmante vedere quanto uno stesso sito di immersione possa rivelarsi in maniera differente nelle diverse ore del giorno o con l’alternarsi delle stagioni. Scattare nei luoghi vicino casa, che posso visitare ripetutamente, mi consente di stare con i soggetti il tempo necessario per trovare le migliori condizioni di luce, e permette al processo creativo di fare il suo corso. Purtroppo tutto ciò non è sempre possibile quando si viaggia all’estero, o ci si immerge in gruppo con altri subacquei e siamo quindi vincolati da tempi dettati da altri. Ciò nonostante, specie negli anni passati, ho avuto grande piacere di viaggiare e visitare veri e propri paradisi tropicali come Indonesia, Malesia, Filippine, Maldive, Australia, Mar Rosso ecc., ed ammirare e fotografare la straordinaria biodiversità che offrono. D’altra parte c’è un aspetto che da fotografo naturalista ed amante della natura devo prendere in considerazione, ed in particolare l’alto impatto ambientale di questo tipo di fotografia; pensiamo infatti alle enormi emissioni di CO2 legate per esempio ai voli intercontinentali finalizzati a riprendere specie esotiche.
Granchio di fiume – Prato
Anthias anthias – Argentario
A posteriori possi dire che l’aver ridotto molto i viaggi fotografici non ha costituito un limite, bensì una opportunità. Inoltre per me è motivo di stimolo, orgoglio e soddisfazione poter mostrare la bellezza delle creature dei luoghi dove sono cresciuto ed ai quali sono affezionato.
Non è un caso che tra i riconoscimenti nei concorsi fotografici, ottenuti in carriera, quelli di cui sono più orgoglioso sono legati a immagini realizzate vicino casa: la larva di Salamandra pezzata realizzata in appennino Pratese o la murena realizzata dalla spiaggia di Porto Santo Stefano premiate al GDT European Wildlife Photographer of the Year, le meduse polmone di Forte dei Marmi con cui ho vinto nella categoria all’Ocean Art Underwater Photo Competition ed il “prix méditerranéen” al festival mondial de l’image sous-marine di Marsiglia o ll granchio di fiume premiato ad Asferico
Per me la partecipazione ai concorsi è un gioco, ma quando capita di ricevere riconoscimenti ad alto livello, per me sono momenti importanti, perché confermano il valore del mio lavoro.
Oltre al mondo dei concorsi mi sono dedicato per gran parte della mia carriera fotosub alle gare estemporanee di fotografia subacquea, conseguendo cinque titoli italiani: l’individuale nel 2010 e il societario nel 2011 insieme a Stefano Gradi, e poi di seguito sempre il societario nel 2022, nel 2023 e nel 2024 insieme a Stefano Cerbai; ho partecipato anche con la Nazionale Italiana a due Campionati del Mondo CMAS, nel 2011 e nel 2017, e ad un Europeo nel 2016 vincendo una medaglia d’argento nella categoria pesce.
Nell’attività agonistica il confronto con altri atleti, nelle stesse condizioni, e con tempi, aria, scatti e profondità operativa contingentati, oltre all’impossibilità di applicare post produzione alle immagini riprese, sono una palestra eccezionale per migliorare la tecnica fotografica. Occorre infatti essere assolutamente in grado di catturare immagini già buone, esposte e composte correttamente e ragionevolmente “pulite” e prive di sospensione in fase di ripresa. Questo comporta necessariamente dover scattare sempre in maniera consapevole, curando bene la composizione del fotogramma, e dover conoscere a fondo la tecnica e le impostazioni della propria fotocamera, come il bilanciamento del bianco, i profili colore, e vari altri aspetti, oltre poi a saper gestire in maniera ottimale la luce artificiale. Il grande limite di questo tipo di competizione, purtroppo, è relativo all’arretratezza di cultura fotografica dell’organizzazione e delle giurie quasi sempre legate a stereotipi arcaici e spesso autoreferenziali. Questo porta inesorabilmente ad una preoccupante omologazione del tipo di immagini presentate dai concorrenti, che puntano in questo modo a compiacere le giurie, sicuri che un cero tipo di immagine alla fine “paga sempre” a livello di punteggio; questo fenomeno è comprensibile dal momento che, non raramente, immagini pur belle e innovative presentate nelle competizioni estemporanee, sono bocciate da giurie che non sono grado di comprenderle e valutarle poiché al di fuori degli schemi consueti. Per questo ed altri motivi ho deciso di abbandonare questo mondo.
Tornando sul tema attrezzatura subacquea dopo quasi venti anni di reflex digitali Nikon come i modelli DX D80, D7000 e D7200, ho effettuato nel dicembre 2023 la doppia transizione da formato DX a FX e da reflex a mirrorless.
Seppur appassionato di tecnologia non sono mai stato smanioso di possedere l’ultimo “grido” dell’attrezzatura, consapevole che la conoscenza approfondita dell’apparecchio che si possiede spesso porta più vantaggi che avere un nuovo modello che magari offre qualche vantaggio tecnologico in più, ma che dobbiamo imparare a conoscere. Inoltre la fotografia subacquea quasi sempre non richiede elevate prestazioni alla fotocamera in termini di velocità di raffica ed autofocus, o di megapixel oppure di rumorosità agli alti ISO. Modelli di reflex anche vecchi di oltre 15 anni sono tutt’ora più che idonei a riprendere immagini di elevata qualità.
Premesso quanto sopra ho deciso di passare alle mirrorless dopo un lungo periodo di riflessione poiché la mia D7200 con più di 8 anni e 200.000 scatti, che tante soddisfazioni mi ha dato, era vicina al suo “fine vita ”. In cerca di un degno sostituto mi sono confrontato sull’uso delle mirrorless con molti fotografi subacquei e non. Alcuni erano entusiasti, mentre altri, dopo averle provate, sono tornati, frustrati, a scattare con fotocamere reflex. Alla fine curioso di provare la nuova tecnologia e per farmi una mia opinione, ho acquistato la Nikon Z8 nel novembre 2023, ragionevolmente convinto che Nikon avesse finalmente introdotto sul mercato un prodotto maturo ad un costo tutto sommato abbordabile.
La prima impressione passando da reflex prosumer, anche un po’ datata, all’ultima nata mirrorless top di gamma, è quella di essere di fronte ad un vero e proprio “quantum leap” ossia un enorme cambiamento; tale balzo da una parte mi ha disorientato, ma dall’altra parte, mi ha lasciato intuire le grandi potenzialità offerte dalla nuova tecnologia. Lo scoglio più grande è stato comprendere ed ottimizzare le innumerevoli impostazioni di personalizzazione offerte dal menù. È stato frustrante all’inizio constatare che con impostazioni non ottimali, specie in termini di autofocus, l’apparecchio funziona addirittura peggio della vecchia reflex ma, al contrario, è stato entusiasmante una volta compreso il funzionamento, esplorare le opportunità offerte dalla nuova tecnologia che consentono di spingere più avanti il confine delle possibilità di ripresa. Di fatto le nuove fotocamere aprono a possibilità creative prima impensabili, grazie a sensori avanzati capaci di coniugare altissima risoluzione con grandi prestazioni anche ad ISO elevati, ed eccellente accuratezza anche in condizioni di scarsissima luce, e con notevole velocità dell’Autofocus. Il mirino elettronico è inoltre uno strumento straordinario, che a scelta, consente di guardare la scena perfettamente anche in condizioni di scarsissima illuminazione, oppure di vedere esattamente come verrà registrata l’immagine finale prima dello scatto. Consente poi il grande vantaggio di poter rivedere le foto perfettamente e senza dover ruotare la custodia per guardare nel mirino LCD. Inoltre l’autofocus ha le stesse prestazioni eccellenti sia con mirino EVF che nel display LCD; invece la visione “live view” nelle reflex comporta un grosso deterioramento della prestazione AF.
Per quanto riguarda le custodie subacquee ho sempre utilizzato sin dal 2010 i modelli Isotta; il primo fu quello dedicato alla Nikon D7000. Trovo che siano realizzazioni eccellenti per qualità costruttiva, ergonomia ed affidabilità. In questi anni questo costruttore italiano ha continuamente raffinato ed evoluto i propri prodotti, oltre a garantire da sempre un eccezionale servizio di assistenza e disponibilità per le richieste di personalizzazione.
Sugarelli e medusa Cassiopea
Attualmente con la fotocamera Nikon Z8, in custodia Isotta, utilizzo sostanzialmente cinque obiettivi con tre oblò correttori e uno piano con prolunga. Per le foto d’insieme il mio cavallo di battaglia è l’ottimo zoom Nikon 8/15 mm, nato con attacco per reflex, che adatto all’attacco Z con l’anello FT Z con cui funziona perfettamente. Talvolta utilizzo il moltiplicatore Kenko DG Pro 1,4 che mi riporta l’inquadratura fish eye da rotonda a lineare. Sempre per l’immagine grandangolare, ma più corretta rispetto all’effetto fish eye, utilizzo il Nikon 16/35 f/4. Recentemente ho affiancato anche un obiettivo Viltrox 20 mm f/2,8 che mi sta dando molte soddisfazioni, e che utilizzo con un minidome Subal adattato al bocchettone Isotta. Con lo zoom 8/15 mm e il duplicatore Kenko utilizzo prevalentemente un dome Isotta da 3,5 pollici particolarmente valido per le riprese ”wideanlge-closeup” o macro ambientate. Tale combinazione consente di focheggiare col soggetto praticamente attaccato all’oblò, mantenendo al contempo un discreto rapporto di riproduzione, che consente di riprendere a pieno fotogramma anche soggetti di modeste dimensioni, conservando un ampissimo angolo di ripresa ed una elevatissima profondità di campo, e che permettono di ambientare il soggetto nel proprio contesto; utilizzo anche un dome Isotta più grande, da 9 pollici, per le riprese effettuate con grandangoli lineari corretti, quali il 16-35 mm, o a mezz’acqua “split-level”. Per le foto in campo ravvicinato, con il 60 mm macro o in alternativa con il 105 mm macro, ovviamente monto un oblò piano, con prolunga per il 105 mm. Per l’illuminazione mi affido con piena soddisfazione a una coppia di flash Ikelite DS 160, che come ho già detto, riescono a reggere più lampi negli scatti con più fotogrammi al secondo. Ora però sto testando un nuovo e avanzatissimo flash Isotta che verrà immesso definitivamente sul mercato a breve.
Medusa polmone – Forte dei Marmi