Nuove affascinanti frontiere degli studi di psicologia applicati all’immersione

La didattica subacquea inserita come strumento motivazionale nei corsi di formazione nel mondo del lavoro.

Lo psicologo e psicoterapeuta Giancarlo Macrì Facciolo ci introduce in un argomento estremamente attuale e stimolante, anche se sicuramente impegnativo da affrontare e comprendere in tutti i suoi aspetti, ossia l'utilizzo dell'apprendimento dell'attività subacquea per applicazioni in ambito della formazione del lavoro, grazie alla filosofia che la ispira e la caratterizza. Sfruttare quindi il tipo di impostazione mentale e di impegno psicofisico che richiede la tecnica dell'immersione, che sappiamo essere un'esperienza da sviluppare prevalentemente in gruppo, come modello comportamentale proprio per la formazione di gruppi di lavoro. Un tema che apre una visione molto avanzata sui positivi aspetti psicologici che comporta il saper ben andare sott'acqua, e su quanto questi possano aiutare gli individui anche nella loro vita di relazione e di impegno professionale. Per ben comprendere questo concetto, invito pertanto il lettore a leggere con attenzione lo scritto del Dott. Macrì Facciolo nei paragrafi di seguito riportati nel BOX Comprendere il concetto di gruppo e dai titoli “Da insieme di persone a gruppo” e “Il team building outdoor”, dove chiarisce cosa s'intende per concezione generica di gruppo, che aiuta a ben interpretare come la didattica subacquea calzi perfettamente e favorisca appunto la creazione di un gruppo nella vita sociale e di relazione.

Umberto Natoli

 

L’attività subacquea come strumento “team building” per la formazione di gruppi di lavoro.

Dott. Giancarlo Macrì Facciolo


Psicologo, psicoterapeuta, docente formatore. Esperto in terapia di coppia, terapia familiare, disturbi dell’umore ed elaborazione del trauma mediante tecnica EMDR. Dal 1998 operatore nel Terzo Settore napoletano e psicologo presso il Polo Territoriale per le Famiglie del comune di Napoli.


Da sempre l’attività subacquea ha rappresentato il punto di arrivo di un percorso formativo specifico appreso attraverso un percorso didattico fatto di teoria e molta pratica. Ma negli ultimi anni, si assiste ad un sempre maggiore utilizzo dell’immersione subacquea come strumento per lavorare sulle relazioni umane e per la creazione dei gruppi di lavoro nelle organizzazioni lavorative, in particolar modo nella formazione Team building out door che ricolloca l’immersione subacquea da punto finale di un percorso formativo, ad attivazione nella formazione aziendale. Una conversione da traguardo formativo a strumento di formazione dove la subacquea accompagna nelle profondità del mare, nuove categorie di subacquei, e il mondo sommerso fa da sfondo a nuove pratiche di intervento soprattutto per potenziare le abilità personali, e relazionali. È come se immergersi nelle profondità del mare aiutasse a scoprire o riabilitare delle competenze necessarie alla vita sociale in superficie.

 
foto di Umberto Natoli
 


Ma come può uno sport che allena alla concentrazione su di sé ed all’intima interazione con l’ambiente, essere utilizzato nella cassetta degli attrezzi della formazione? Soprattutto una pratica come la subacquea, che a sua volta necessita di un training formativo altamente specializzato?
Iniziamo a far luce su due concetti che orbitano intorno al mondo del lavoro e delle organizzazioni, che possono fornirci delle chiavi di lettura per quanti tra noi lavorano in un luogo insieme ad altre persone, e sono il concetto di gruppo, e il secondo, di formazione.
Quando non ci immergiamo nelle profondità del mare, siamo comunque immersi in una cultura che valorizza gli aspetti individualistici delle relazioni umane ponendo in ombra gli aspetti di reciprocità, condivisione e fiducia che dovrebbero nutrire le nostre relazioni. Eppure proprio le relazioni gettano un ponte oltre l’individualità, salvandoci da quelle convinzioni che abbiamo spesso di noi stessi e che ci portano a dire: “Se non ci fossi io qui…” “Chi fa da se…” e tante altre frasi. Per cui, il concetto di gruppo non è mai stato qualcosa di accessorio o di moda, ma è un’idea che nasce dal modo in cui noi ci immaginiamo nelle relazioni, che muove i passi dalle nostre prime esperienze relazionali e prende forma nella realtà fuori di noi: sia nella vita sociale, che nelle attività informali outdoor come nella subacquea.

 
foto di Umberto Natoli
 

Comprendere il concetto di gruppo

Da insieme di persone a gruppo


Ma cos’è un gruppo, o meglio quando un insieme di persone si può definire gruppo? Innanzitutto per ciascuno di noi la famiglia rappresenta quel gruppo “primario”, ossia la matrice di tutti i gruppi dove sperimentiamo il senso di appartenenza, di calore e sicurezza, e il ruolo che poi andremo ad occupare nella vita. Per cui, il gruppo non è una semplice sommatoria di persone in un luogo che condividono obiettivi, ma va oltre la somma delle sue parti ( K. Lewin); esso “ eccede” la realtà creando un mondo fatto di interazioni e di esperienze infantili e secondo l’approccio psicosociologico, alle organizzazioni, il gruppo ( di lavoro) è un palcoscenico dove ciascuno, recitando il proprio ruolo professionale, in realtà sta anche replicando inconsapevolmente quel ruolo appreso nella sua famiglia trasformando le relazioni sociali in un incrocio di famiglie interiorizzate. In questo caso la vera sfida per un gruppo di lavoro non risiede tanto nel condividere uno stesso obiettivo o procedure per raggiungerlo, quanto nel riconoscere queste dinamiche interiori ed elaborarle. A livello aziendale, la scoperta di questa dimensione familiare sottesa alle dinamiche di gruppo, ha spinto le scienze umane a studiare i gruppi di lavoro nelle organizzazioni dove l’attenzione scientifica si è soffermata sulla correlazione tra la qualità del lavoro e la produttività, e sul rapporto tra uomo e l’organizzazione di lavoro e le dinamiche relazionali interne. In questo campo di indagine si cimentano molteplici approcci multidisciplinari che, attraverso diverse modalità di intervento formativo vanno ad analizzare il rapporto tra l’uomo e il lavoro, tra l’uomo e l’organizzazione nella quale lavora e le relazioni sociali nell’organizzazione, per lavorare sulle dinamiche relazionali interne all’organizzazione con l’obiettivo di creare un gruppo di lavoro coeso ed efficiente.
Questo processo di elaborazione delle dinamiche relazionali nei contesti organizzativi, è oggetto di interesse della formazione sulle relazioni in ambito organizzativo e degli interventi formativi che ne seguono.
In generale le modalità di intervento si articolano quasi sempre in un ciclo di incontri suddiviso in tre fasi: una fase iniziale di “analisi della domanda” in cui si esplorano le motivazioni all’intervento, la percezione del problema da parte dell’organizzazione e la condivisione le percorso formativo. Segue una seconda fase centrale dove si attua l’intervento: in questa fase viene utilizzata una metodologia coinvolgente finalizzata a promuovere la partecipazione attiva dei corsisti, attraverso l’utilizzo di strumenti ed attivazioni che mirano a far emergere le dinamiche relazionali esistenti nel contesto di lavoro. Segue una terza fase conclusiva di verifica ex-post degli obiettivi raggiunti, e delle criticità incontrate e sui bisogni relazionali emersi. L’intervento si conclude con una fase finale di follow-up a distanza di 6 mesi per verificare i cambiamenti e l’andamento generale.
Nell’ambito della formazione, tra le metodologie e gli strumenti impiegati, l’immersione con A.R.A rappresenta una tecnica “outdoor” nella cassetta degli attrezzi del formatore nell’ambito di interventi formativi “Team Building”.
Con questo termine si designa l’insieme di una serie di attività e percorsi formativi finalizzati alla creazione ed all’empowerment di un gruppo di lavoro nei vari contesti della vita quotidiana. Come tanti altri approcci formativi anche il “team Building si serve di una didattica “ludica” per lavorare in gruppo dove i partecipanti apprendono le dinamiche relazionali avvertendo la sensazione come se stessero partecipando ad un gioco. In realtà la didattica ludica affonda le sue basi scientifiche sulla “Ludopedagogia” un approccio pedagogico nato nel Sud America, entrato a pieno titolo come paradigma scientifico per la formazione attiva che facilita l’apprendimento individuale e la partecipazione attiva ai processi relazionali ed alla vita di gruppo.

Il team building outdoor


Nell’ambito della formazione professionale si registra una resistenza culturale che separa i processi di apprendimento dal piacere di apprendere e si crede che il gioco sia qualcosa riservato ai bambini mentre l’adulto deve essere “educato” con una didattica frontale per impartire nozioni che nulla hanno a che vedere con le relazioni umane!
Invece si è dimostrato che i processi di apprendimento nell’adulto e nel bambino rispondono agli stessi meccanismi dove la differenza talvolta sta nel fatto che le esperienze dell’adulto non solo rallentano i suoi processi di apprendimento, ma inducono all’errore di considerare “scontate” le relazioni umane lì dove invece il cambiamento segue ad un lavoro di esplicitazione delle dinamiche relazionali in un contesto lavorativo. In questi casi una didattica outdoor riesce a “sciogliere” la barriera delle esperienze dell’adulto aiutandolo ad apprendere come faceva da bambino consapevole di interagire in un contesto gruppale.
I punti di forza della formazione outdoor rispetto a quella classica sono molteplici: in primo luogo, offre uno spazio di apprendimento decisamente altro, “decontestualizzato” rispetto ad un aula o una sala riunioni aziendale e spezzando le aspettative dei partecipanti, li costringe a fare i conti con variabili di contesto che diversamente non sarebbero emerse. Inoltre promuove un apprendimento esperienziale, che permette ai partecipanti di raggiungere obiettivi in un tempo decisamente più rapido rispetto ai percorsi meno attivanti accelerando così i processi formativi.



L’ immersione con A.R.A. come strumento team building out door.


L’immersione subacquea consente ampi spazi di elaborazione ed apprendimento su diverse aree in ambito formativo.
Sul piano relazionale l’immersione si presta perfettamente alla formazione aziendale outdoor poiché in modo progressivo consente ai partecipanti di “spogliarsi” dei ruoli solitamente rivestiti in superficie, per vestirne di nuovi nel gruppo di “apprendisti subacquei” che si trovano accomunati da una sfida nuova ed inattesa.
Infatti sott’acqua prende forma una dimensione gruppale fonte di rassicurazione per tutti e che aiuta ad affrontare un problema comune aiutando a comprendere l’importanza della coesione: da sott’acqua non emerge l’individualità più forte, ma si raggiunge la superficie in gruppo: nella misura in cui i partecipanti hanno sviluppato un senso di appartenenza che li rende più gruppo di prima: infine ma non meno importante, poiché il massimo livello di difficoltà dell’immersione viene deciso in base alle capacità del più inesperto, l’esperienza subacquea pone tutti sullo stesso livello del più debole tra tutti i partecipanti.
Sul piano simbolico inoltre le varie fasi dell’ immersione aiutano ad affrontare un percorso ideale per intraprendere un nuovo lavoro: il momento del briefing iniziale del controllo della propria attrezzatura rimanda alla capacità di pianificare il proprio lavoro finalizzandolo al raggiungimento di un obiettivo. Inoltre allena i partecipanti a fare i conti e condividere le aspettative relative a ciò che vivranno dopo. La fase successiva della discesa permette ai partecipanti di poter lavorare su aspetti simbolici comuni quando si inizia a lavorare in gruppo: ad esempio la discesa nel suo significato simbolico di ritornare alle origini ci fa riflettere sul ruolo che abbiamo rivestito, nel corso della nostra storia, nei vari contesti sociali o di gruppo: un ruolo che si è sedimentato negli anni e che talvolta può essere poco funzionale ad esempio ad un nuovo lavoro a cui iniziamo a dedicarci: in questi casi la formazione può ricorrere alla subacquea per aiutare i partecipanti a visualizzare il proprio ruolo nei contesti gruppali ed ipotizzare nuove posizioni più strategiche e funzionali all’obiettivo da raggiungere insieme.

 
foto di Umberto Natoli
 


La permanenza sul fondo, la necessità di dover ripartire l’ attenzione tra l’ascolto del proprio corpo, l’esplorazione dell’ambiente e la pinneggiata di gruppo, rimanda alle relazioni sociali all’interno del luogo di lavoro e aiuta a riflettere su di esse visualizzandole attraverso la metafora dell’immersione. E a questo punto i partecipanti, muovendosi in un contesto (formativo) decisamente nuovo che mette in discussione tutto, fino all’orientamento nello spazio, hanno la possibilità di visualizzare e destrutturare il proprio ruolo intrecciato a quello degli altri assumendo posizioni e compiti più funzionali alla sopravvivenza in un contesto tanto nuovo quanto condiviso con gli altri. Questo allena i partecipanti a non trascurare mai nessun aspetto dell’ambiente di lavoro né a dare per scontate le relazioni sociali.
Il momento della risalita costituisce una fase delicata ma non finale dell’immersione perchè in questa fase i partecipanti scopriranno che un’ immersione non finisce quando si riaffiora alla superficie: dal momento in cui ci si stacca dal fondo tutti insieme fino al ritorno sula terra ferma, si susseguono una serie di fasi in cui si alternano momenti individuali e momenti di gruppo come la risalita in barca, togliersi di dosso l’A.R.A. riaffiorare in superficie, al salire in barca aiutando gli altri e posizionandosi in maniera da non intralciare nessuno, fino allo scaricare e sistemare accuratamente l’attrezzatura. E solo in quella fase l’immersione può dirsi ragionevolmente conclusa. Allo stesso modo un traguardo, o meglio, un lavoro non si conclude solo ad obiettivo raggiunto ma dopo aver condiviso una verifica ex-post in cui si valutano i risultati raggiunti, le criticità incontrate, sia a livello di procedure che di relazioni tra i colleghi, ma anche i punti di forza che hanno permesso di raggiungerlo. E in questo modo l’immersione allena i partecipanti a modificare il loro concetto di traguardo raggiunto.

 
foto di Umberto Natoli
 


Insomma: nell’ambito di un percorso formativo sulle dinamiche di gruppo, la preparazione all’immersione, la discesa, la permanenza e la risalita fino a toccare la terraferma, permettono di lavorare sulle varie fasi di preparazione ed attuazione di un progetto di lavoro fino al raggiungimento di un traguardo professionale, dove ai partecipanti interessano non solo le procedure di attuazione ma anche le dinamiche relazionali che avvengono nel mentre. Per cui l’ immersione subacquea come strumento team building, insegna che per compiere il gesto simbolico di salire sul podio di un traguardo occorre scendere nel profondo dove, per sopravvivere occorre saper coniugare la relazione con se stessi con la relazione con l’altro, predisponendoci con un atteggiamento che non da mai nulla per scontato dell’ambiente circostante. in un contesto inatteso, talvolta ostile ma che di fronte al quale tutti i partecipanti sono uguali.

 
foto di Umberto Natoli
 

La permanenza sul fondo, la necessità di dover ripartire l’ attenzione tra l’ascolto del proprio corpo, l’esplorazione dell’ambiente e la pinneggiata di gruppo, rimanda alle relazioni sociali all’interno del luogo di lavoro e aiuta a riflettere su di esse visualizzandole attraverso la metafora dell’immersione. E a questo punto i partecipanti, muovendosi in un contesto (formativo) decisamente nuovo che mette in discussione tutto, fino all’orientamento nello spazio, hanno la possibilità di visualizzare e destrutturare il proprio ruolo intrecciato a quello degli altri assumendo posizioni e compiti più funzionali alla sopravvivenza in un contesto tanto nuovo quanto condiviso con gli altri. Questo allena i partecipanti a non trascurare mai nessun aspetto dell’ambiente di lavoro né a dare per scontate le relazioni sociali.
Il momento della risalita costituisce una fase delicata ma non finale dell’immersione perchè in questa fase i partecipanti scopriranno che un’ immersione non finisce quando si riaffiora alla superficie: dal momento in cui ci si stacca dal fondo tutti insieme fino al ritorno sula terra ferma, si susseguono una serie di fasi in cui si alternano momenti individuali e momenti di gruppo come la risalita in barca, togliersi di dosso l’A.R.A. riaffiorare in superficie, al salire in barca aiutando gli altri e posizionandosi in maniera da non intralciare nessuno, fino allo scaricare e sistemare accuratamente l’attrezzatura. E solo in quella fase l’immersione può dirsi ragionevolmente conclusa. Allo stesso modo un traguardo, o meglio, un lavoro non si conclude solo ad obiettivo raggiunto ma dopo aver condiviso una verifica ex-post in cui si valutano i risultati raggiunti, le criticità incontrate, sia a livello di procedure che di relazioni tra i colleghi, ma anche i punti di forza che hanno permesso di raggiungerlo. E in questo modo l’immersione allena i partecipanti a modificare il loro concetto di traguardo raggiunto.
Insomma: nell’ambito di un percorso formativo sulle dinamiche di gruppo, la preparazione all’immersione, la discesa, la permanenza e la risalita fino a toccare la terraferma, permettono di lavorare sulle varie fasi di preparazione ed attuazione di un progetto di lavoro fino al raggiungimento di un traguardo professionale, dove ai partecipanti interessano non solo le procedure di attuazione ma anche le dinamiche relazionali che avvengono nel mentre. Per cui l’ immersione subacquea come strumento team building, insegna che per compiere il gesto simbolico di salire sul podio di un traguardo occorre scendere nel profondo dove, per sopravvivere occorre saper coniugare la relazione con se stessi con la relazione con l’altro, predisponendoci con un atteggiamento che non da mai nulla per scontato dell’ambiente circostante. in un contesto inatteso, talvolta ostile ma che di fronte al quale tutti i partecipanti sono uguali.

 
foto di Umberto Natoli
 

Conclusioni


L’essere umano nasce da un legame, e cresce intrecciando relazioni: la nostra stessa mente è una relazione tra aree funzionali fatte di cellule. Pertanto la relazione con l’altro è un tratto inevitabile dell’esperienza umana e dai legami non si può uscire anche perché in essi nasciamo e costruiamo la nostra storia e la nostra identità. L’atteggiamento più coerente che possiamo adottare mentre ci immergiamo nel lavoro, è riconoscere l’intima natura relazionale delle realtà lavorative: il bagaglio relazionale dell’altro, la sua storia, le sue esperienze e come queste possono determinare le relazioni attuali.
Nelle organizzazioni di lavoro, le dinamiche relazionali sottese ai processi organizzativi, non sono mai state un accessorio né una moda, ma rappresentano una rete di connessioni lungo la quale corrono veloci come impulsi elettrici le informazioni relative al lavoro, le emozioni ad esso connesse ed i vissuti personali di ciascuno. Ma un insieme di persone, può definirsi gruppo solo dopo aver riconosciuto ed individuato le dinamiche relazionali che avvengono al suo interno. Gli interventi formativi interpretando le relazioni umane come tematica da apprendere, si pongono l’obiettivo di accompagnare i partecipanti a rendere visibile la dimensione relazionale che in genere viene data per scontata per individuare possibili strategie finalizzate a declinare gli obiettivi di lavoro con la struttura relazionale presente nell’organizzazione di lavoro.
Nell’ambito della formazione team building outdoor, l’ immersione con A.R.A dimostra la sua efficacia come intervento formativo perchè velocizza i processi di apprendimento che coinvolgono corpo e mente. Ci si immerge in uno stato completamente inatteso e tutto da esplorare. Cambiano la respirazione, il ritmo cardiaco e la percezione sensoriale. Inoltre si perde il “terreno sotto i piedi” per scoprirsi sospesi in un tutt’uno con il mare che sta intorno. Quest’ultimo aspetto rievoca nella persona la sua prima esperienza di vita intrauterina.
Tutti questi cambiamenti fanno della formazione outdoor un’esperienza destrutturante delle aspettative e delle attese rispetto al concetto classico di formazione, dirottando l’apprendimento dai contenuti sulle relazioni. La subacquea, come team building outdoor, aiuta a spogliarsi dei propri ruoli per indossare la muta prima di immergersi nel cambiamento, per passare da semplici colleghi ad un gruppo di lavoro.

Bibliografia:
1. Passi di Gruppo. A.Bertoni Ed. San Paolo
2. Dal singolo al gruppo. Team Building M Chiara Sergotti Danilo Berteotti
3. G.P.Quaglino, S .Casagrande, A. Castellano, Gruppo di Lavoro, Lavoro di Gruppo, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1992.
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