Un maestro dell’immagine naturalistica subacquea e non solo: Maurizio Lanini

Maurizio Lanini

Un maestro dell'immagine naturalistica subacquea e non solo

Presentazione e intervista di Umberto Natoli

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Ci sono dei fotografi di grande talento che non appartengono alla ristrettissima cerchia dei nomi più in vista di chi partecipa con costanza quasi maniacale a tutte le competizioni dedicate all'immagine subacquea, come i campionati della FIPSAS, e praticamente a tutte le gare e concorsi nazionali e internazionali che vengono banditi, oppure che non si tengono sotto i continui riflettori dei social, dove spesso conta di più il saper forzare la propria presenza e proporsi in maniera quasi ossessiva e costante, che non la reale qualità del proprio lavoro. Tra questi ho il piacere di presentare un vero fuoriclasse, Maurizio Lanini, molto conosciuto da chi ama la grande qualità dell'immagine subacquea, ma sicuramente al di fuori delle logiche del bombardamento mediatico su Internet.

Mi avevano colpito già da tempo i suoi lavori fotografici perché hanno tutti il denominatore comune di un taglio compositivo di notevole eleganza e dinamicità, e soprattutto perché sanno raccontare l'ambiente subacqueo nella sua naturale bellezza senza artificiose forzature, oltre a essere molto completi nelle tematiche, spaziando dalle inquadrature di largo respiro con un uso sapiente di grandangolari spinti, fino alle riprese in campo molto ravvicinato. Le sue foto non sono mai “urlate” con esasperazioni prospettiche innaturali, che deformano i soggetti e i vari elementi dell'ambiente, o con artificiosi stratagemmi come lanciare una stella o liberare un polpo a mezz'acqua per cercare la foto ad effetto, non preoccupandosi se quella situazione possa essere naturale o meno.

Attratto dalla qualità dei suoi scatti fotografici, ho voluto quindi incontrarlo direttamente per proporre nel nostro magazine La Marea le sue immagini e per farci raccontare le sue esperienze. Ho avuto così il piacere di conoscere una persona dal tratto molto signorile e di grande cordialità, con il quale ho stabilito subito un'ottima intesa, e scoprendo la sua storia ho capito il significato e le motivazioni che ispirano le sue scelte fotografiche.

La sua storia

Maurizio Lanini, attratto dal mare fin da ragazzo, sceglie di laurearsi in biologia con indirizzo biologia marina; questa specializzazione lo porterà ad una conoscenza sempre più profonda dell'ambiente subacqueo, ma anche di tutto ciò che ha per tema la natura e la vita animale: una grande passione che lo accompagnerà per tutta la vita. Questo tipo di preparazione però ha in Italia sbocchi di lavoro limitati e percorsi professionali lunghi e difficili, e negli anni post universitari decide quindi di orientarsi verso una scelta di lavoro che gli possa assicurare una solida occupazione e la necessaria indipendenza economica. Diviene così informatore medico e col tempo docente nei corsi di formazione del settore, raggiungendo anche livelli di responsabilità dirigenziali.

Oggi a 67 anni ha già lasciato da qualche tempo quella professione, e si dedica a tempo pieno alla grande passione della sua vita: la fotografia naturalistica, e in particolar modo a quella subacquea. A seguirlo spesso nelle sue escursioni sopra e sotto i mari di varie località del mondo sono anche la moglie Anna e i figli Daniele di 36 anni e Martina di 34 anni, a loro volta, inevitabilmente, pure appassionati fotografi.

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Maurizio inizia ad immergersi a 18 anni frequentando il circolo sub della RAI, di cui suo padre è dipendente, e ben presto cresce progressivamente nella preparazione fino a conseguire il brevetto di istruttore PADI a 26 anni. Poco prima, nel 1978, quando di anni ne aveva 23, riceve in regalo dalla fidanzata, poi divenuta sua moglie, la prima macchina fotografica, una reflex Pentax, ed è amore a prima vista.

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Poi la frequentazione degli ambienti dei subacquei RAI lo mette in contatto con il mondo degli operatori video, e comunque con il mondo dell'immagine, e apprende così i segreti del taglio cine fotografico, della composizione di un'inquadratura, e del controllo delle luci. Assorbe come una spugna nozioni e tecniche, ma più che le riprese video, è la fotografia, ed in particolare quella subacquea, che più lo affascina, e nel 1981, a 26 anni, acquista il sistema subacqueo Nikonos che da allora lo accompagnerà in tutte le sue immersioni per alcuni anni. I buoni risultati non mancano ad arrivare, e la qualità delle immagini cresce sempre più di pari passo con la sua passione. Successivamente, in tempi più recenti, ma siamo ancora nell'era della pellicola, decide di portare sott'acqua un sistema reflex scafandrato, dotandosi di una Nikon F100 in una custodia Igloo, corredandola di due flash elettronici Isotta 33TTL, e di ottiche intercambiabili, che gli aprono possibilità creative e di ripresa decisamente superiori al pur validissimo sistema Nikonos.

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Sono soprattutto due obiettivi ad affascinarlo, il supergrandangolare fish eye 15 mm con oblò correttore, che mantiene sott’acqua l’angolo di 180°, e il 100 mm macro. Nel primo trova un mezzo straordinario per interpretare e raccontare i grandi spazi, i paesaggi sommersi, le grandi pareti verticali, i boschi di variopinte gorgonie, ma anche per mettere in relazione compositiva piccoli soggetti con la spazialità dell’ambiente che li circonda; con la seconda riesce invece ad esplorare l’infinito, variopinto e meraviglioso mondo delle minuscole creature che popolano i mari, ma anche le acque dolci. A queste due ottiche affianca un obiettivo zoom 24/70 mm per un uso più generico, soprattutto per riprendere specie di medie e grandi dimensioni, come pesci, o ad esempio spugne o rami di gorgonie, dove è prevalente la descrizione del soggetto con rigore documentaristico e scientifico, senza interpretazioni creative o esasperazioni prospettiche.

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Con questo tipo di attrezzature, e con qualche integrazione avvenuta nel tempo, Maurizio Lanini ha prodotto immagini su pellicola molto apprezzate nel mercato editoriale, e per almeno 15 anni ha collaborato con due agenzie fotografiche internazionali, la Panda Photo e la Corbis, e numerosi suoi lavori sono stati pubblicati su riviste, libri, giornali e audiovisivi. Poi con l’avvento della fotografia digitale e di internet l’utilizzo delle immagini su carta stampata è andato sempre più a morire e queste agenzie, come praticamente tutte quelle del settore, si sono ritirate dal mercato per mancanza di richiesta.

Questa è in sintesi la sua storia fino alla fine della gloriosa epoca della pellicola. Ora sentiamo invece dal suo vivo racconto come è evoluta nell’era del digitale la sua tecnica fotografica.

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Intervista a Maurizio Lanini


Per raccontare meglio Maurizio Lanini, ho voluto rivolgergli qualche domanda sulla sua tecnica e sulle sue scelte, che sicuramente possono essere indicazioni preziose per i lettori che si avvicinano all’affascinante mondo dell’immagine subacquea.



D.

Maurizio, tu hai cominciato a fotografare molto tempo fa con la pellicola; raccontaci come vivi oggi il tuo rapporto con il mondo del digitale.

R.

Sicuramente in maniera entusiasmante. Per carattere sono sempre stato attratto dai miglioramenti tecnici e dalla sperimentazione del mezzo fotografico, e mi piace molto mettermi in gioco. Quello che mi affascina dei progressi del digitale, è che mi spingono sempre più a superare l’impossibile. Mi spiego meglio. Fino a poco tempo fa era impensabile effettuare delle fotografie di qualità elevata con pochissima luce ambiente, e addirittura con diaframmi molto chiusi; oggi invece questi risultati, appunto impossibili fino a ieri, sono diventati la normalità con gli ultimi modelli di fotocamere; e la corsa non è finita, e chissà cosa ci riserverà in futuro. Di conseguenza si sono allargati a dismisura gli spazi creativi, ma per poter dominare e sfruttare adeguatamente tutte queste caratteristiche dei moderni sensori digitali, è necessaria una conoscenza approfondita del loro utilizzo, un aggiornamento continuo e una sperimentazione costante.

Questo riguarda anche, imprescindibilmente, il lavoro di post produzione, che considero assolutamente parte integrante del processo digitale. Tutte le straordinarie funzioni delle moderne fotocamere non avrebbero senso e non verrebbero sfruttate appieno se uno scatto fotografico non terminasse nel lavoro di rifinitura davanti allo schermo di un computer, proprio come quello di un pittore che da gli ultimi ritocchi e rifiniture ad un’opera compiuta. I miei interventi comunque sono solo mirati a perfezionamenti cromatici e all'eliminazione di qualche piccolo difetto, come ad esempio la riduzione della sospensione, rispettando sempre l'immagine originale, se no non parliamo più di fotografia, e andare oltre non mi interessa e non mi stimola assolutamente. Se una foto è sbagliata ne prendo atto e la elimino, e non cerco mai fantasiosi e complicati recuperi con un programma di fotoritocco. Vorrei però precisare che ogni tanto, ma solo ogni tanto, mi sono dilettato anche a realizzare qualche disegno grafico partendo da mie fotografie subacquee, che ho rielaborato a fini creativi, ma sono solo esperienze limitatissime, e non rappresentano certo la mia strada nell'estetica fotografica.

Non sono assolutamente d’accordo con chi sostiene che oggi con tutto questo progresso tecnico sia molto più facile fotografare. Questo è vero solo per risultati di media qualità, quando molto ci si affida agli automatismi; ma non certo se si vogliono ottenere immagini di livello alto, dove la costruzione dell’immagine va sicuramente pensata, sia da un punto di vista tecnico, che creativo, e come ho detto, è necessaria una grande padronanza del mezzo. Credo comunque che l’impegno richiesto venga ampiamente ripagato, e infatti a parità di autore e di abilità dello stesso, la bellezza di un book fotografico realizzato con gli ultimi modelli di fotocamera è sicuramente superiore a quanto lo stesso autore avrebbe potuto produrre qualche anno addietro con fotocamere ormai superate.

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D.

Quali sono state quindi negli ultimi anni le attrezzature che hai utilizzato e che utilizzi attualmente, e anche quali sono i tuoi consigli nella scelta delle attrezzature.

R.

Vi riporto la mia esperienza sulle attrezzature con le quali in particolare mi sono trovato meglio e che utilizzo, e di conseguenza ne derivano i suggerimenti per un’eventuale scelta, ma è una mia opinione personale; ovviamente riconosco che esistono sistemi fotografici e custodie di altre marche, oltre quelle da me descritte, sicuramente validissimi. Con il passaggio alla tecnologia digitale ho trovato da subito un grande feeling con il sistema Canon, con cui ho fatto le prime esperienze, in particolare con il modello 5D Mark I che ho scafandrato con una custodia Subal. A questa fotocamera ho affiancato gli obiettivi Canon: prima il 15 mm fisso, e poi alla sua uscita, l’8/15 mm zoom fish eye, il 16/35 mm zoom, il 100 mm macro e il Sigma 50 mm macro, che non mi hanno mai deluso e che continuo ad usare con piena soddisfazione. L’8/15 mm fish eye, che è il mio cavallo di battaglia per le foto di larga apertura, lo reputo di grande qualità per la fotografia subacquea, soprattutto se accoppiato all’oblò correttore giusto per ottenere una resa ben contrastata e incisa fino ai bordi dell’inquadratura.

Sulla scelta dell’oblò non si può scendere a compromessi; la mia preferenza va al cristallo ottico trattato antiriflesso e soprattutto consiglio di scegliere i prodotti tra quelle aziende che realmente assicurano di aver effettuato studi e prove sull’accoppiata fotocamera – obiettivo – oblò correttore e centraggio nella custodia. Non dimentichiamo che l’oblò correttore altro non è che un ulteriore lente che si va ad aggiungere allo schema ottico dell’obiettivo, di cui diventa parte integrante per l’uso subacqueo.

Quando invece devo riprendere pesci di varie dimensioni, o in branco, e a distanze diverse, oppure se voglio documentare una forma di vita o un angolo di fondale, senza alterare la prospettiva, uso il tuttofare 16/35 mm, sfruttando a seconda dei soggetti l’escursione dello zoom.

Poi le due ottiche macro, entrambe dalla resa elevatissima, mi consentono di riprendere il microcosmo subacqueo, e tra le due tendo preferibilmente ad usare il 50 mm macro, con cui posso spaziare dal rapporto più spinto del campo ravvicinato, fino ad esempio a un pesce di media grandezza; insomma mi offre più possibilità di ripresa. Il 100 mm macro, spesso con l’ausilio di lenti esterne close-up da +10 e + 15 diottrie, invece è insostituibile per poter fotografare piccoli soggetti da una certa distanza, come ad esempio dei pesciolini molto timidi, ma mi da anche la possibilità di sfruttare al meglio l’effetto sfuocato per la ridotta profondità di campo che lo caratterizza, come tutti i teleobiettivi di media grandezza, con effetto cosiddetto bokeh, mettendo in risalto e isolando un piccolo soggetto, o un particolare rispetto allo sfondo. Certo è un obiettivo che uso quasi esclusivamente per il campo molto ravvicinato e non facile da gestire; occorre infatti prenderci bene la mano, ma le soddisfazioni non mancano per il livello dei risultati che riesco ad ottenere.

Tornando ai modelli di fotocamere, col tempo ho cercato di rimanere aggiornato sulle evoluzioni dei sensori e sono poi passato in fasi successive ai modelli Canon 5D Mark II e poi come ultima reflex al modello Canon 5D Mark IV con la quale credo di aver raggiunto una grande maturità tecnica per le caratteristiche straordinarie che offre in termini di qualità dei file, impostando la sensibilità anche su valori altissimi. Per quanto riguarda le custodie, pur riconoscendo l’indiscussa validità del marchio Subal, ho trovato poi un grande feeling personale e una grande ergonomia con i modelli della Nauticam, che attualmente utilizzo.

Recentemente mi sono avvicinato ai sistemi mirrorless, che stanno progressivamente e definitivamente soppiantando i sistemi reflex, ormai quasi tutti fuori produzione, proprio come nel caso del marchio Canon, e mi sono dotato di un modello Canon R5, che sto attualmente utilizzando. Già dai primi risultati devo riconoscere che sono stati fatti ulteriori progressi in termini di prestazioni, che oggi posso definire straordinarie, e ritengo di aver raggiunto la piena familiarità con le caratteristiche del sensore “denso”, ossia caratterizzato da un elevato numero di pixel, e di sfruttarne già appieno le potenzialità. Anche per quanto riguarda il sistema di visione mirrorless, non ho avuto mai problemi ad adattarmi da subito al mirino elettronico, come invece è successo ad altri fotografi. A questi aspetti molto positivi aggiungerei una più che apprezzabile riduzione dei pesi e degli ingombri, che facilita non di poco l’ergonomia d’uso in immersione, e che offre l'indubbio vantaggio di ridurre le problematiche nei viaggi aerei, dove è sempre difficile e costoso far passare i numerosi chili delle ingombranti attrezzature fotografiche.

Per quanto riguarda le fonti di luce artificiale, quindi i flash, ho utilizzato in questi ultimi anni e con piena soddisfazione, i modelli della Ikelite di buona potenza e particolarmente adatti alla foto wide, e i modelli Sea&Sea, meno potenti e più adatti alla fotografia in campo ravvicinato. Di entrambe riconosco le ottime qualità di ampiezza e uniformità di illuminazione, unite ad una temperatura di colore calda e perfettamente adeguata alle esigenze della fotografia subacquea, tuttavia sono passato da poco tempo all’utilizzo di una coppia di italianissimi flash 160x della ONEUW e devo dire che il salto di qualità è stato davvero notevole. Non solo il cono di luce risulta particolarmente ampio e uniforme, ma restituisce colori molto caldi e vividi, e offre una potenza adeguata all’uso di diaframmi molto chiusi; inoltre, caratteristica molto interessante, è che grazie sempre all’elevata potenza, e alla capacità di ricarica in tempi rapidissimi, reggono anche una sequenza di scatti a raffica motorizzata, utilissima ad esempio, quando si stanno riprendendo pesci o altri animali in veloce movimento.

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D.

Parliamo ora di tecniche di ripresa e di come ti orienti nella scelta della configurazione fotografica giusta quando programmi un'immersione.

R.

Innanzitutto direi che per me l'aspetto tecnico e la scelta delle attrezzature da portare in immersione è strettamente legato al tipo di fondale che prevedo di esplorare e al tipo di specie che presumo d'incontrare, quindi non seguo delle regole fisse. Comunque sott'acqua le sorprese non mancano mai. Tanto per fare un esempio, mi può capitare, e non di rado, che mi attrezzo con il fish eye con oblò correttore, e i bracci lunghi per allontanare il più possibile i flash, convinto di poter riprendere una splendida parete di gorgonie, e poi in immersione mi accorgo che l'acqua non è limpidissima o del blu intenso che vorrei, o la luce solare non è nella posizione giusta; invece in quella stessa parete scopro che è tutto un brulicare di vita minuta molto interessante, che avrei potuto sfruttare al meglio con un obiettivo macro e l'oblò piano. In generale però, per far fronte il più possibile a questa possibile variabilità di soggetti che si possono incontrare, specialmente nelle ricchissime acque tropicali, cerco di trovare il miglior compromesso. Un esempio pratico è l'uso del fish eye 8/15 mm con il minidome. Si tratta di un oblò correttore di dimensioni molto contenute, che ha la caratteristica di offrire una messa a fuoco fino a distanza ridottissima, quasi a sfiorare il vetro della cupola. Questa accoppiata mi consente di effettuare delle riprese d'insieme, come appunto una parete, un grande ramo di gorgonie, un arco, un relitto, con angolo di 180°, anche con un'ottima resa qualitativa fino ai bordi, ma mi offre anche la possibilità di poter riprendere da vicinissimo un piccolo soggetto fino a fargli occupare quasi interamente l'inquadratura, oppure di poterlo riprendere in primissimo piano mettendolo in relazione compositiva con il resto del fondale. Certo, c'è una forte esasperazione prospettica, e non si può realmente parlare di foto macro, ma i risultati che mi consente sono davvero interessanti.

Quando invece intendo realizzare esclusivamente foto con un grandangolare spinto, ma senza una deformazione prospettica particolarmente accentuata, utilizzo l'ottimo obiettivo 16/35 mm zoom, con il dome port da 8 pollici, sempre in cristallo ottico, che restituisce una resa qualitativa particolarmente elevata, con in più il vantaggio che posso disporre di una buona escursione focale zoom.

Per quanto riguarda invece l'impostazione dei valori esposimetrici, confesso che non sono un patito degli automatismi, che utilizzo esclusivamente per fotografie in luce ambiente, senza flash, per soggetti vicini alla superficie, dove è soprattutto importante concentrarsi esclusivamente sull'azione per seguire ad esempio un branco di pesci in movimento, un grosso esemplare di pelagico, o una balena, o un branco di foche, privilegiando quindi la ricerca della migliore inquadratura e la prontezza dello scatto, non dovendo pensare quindi ad impostare tempi e diaframmi.

In tutte le altre situazioni tendo invece a pensare un'immagine in tutti i suoi aspetti, e preferisco impostare i valori assolutamente in manuale, giocando sulle combinazioni dei tre parametri della fotografia: il diaframma, il tempo e la sensibilità del sensore, a cui aggiungo la regolazione sempre manuale della potenza dei flash. Posso così interpretare in vari modi la resa estetica di un'immagine, giocando con le luci, i chiaroscuri e la resa dei colori, più caldi e squillanti, o più sobri e tenui, ed esaltando o riducendo la resa della luce ambiente. Solo in alcune occasioni, in macrofotografia imposto i flash in TTL, mantenendo sempre il controllo manuale di tempi e diaframmi.

Come ho già spiegato prima, negli ultimi anni l'evoluzione dei sensori ha rivoluzionato enormemente la tecnica fotografica, consentendo di effettuare scatti magnifici per definizione e saturazione cromatica anche in condizioni di luce scarsissima, e queste possibilità, per me davvero stimolanti, le sfrutto moltissimo, impostando la sensibilità fino a 1000 ISO, più che adeguata alla quasi totalità delle situazioni che si possono incontrare in ambiente subacqueo, e che molto difficilmente supero. Questo mi consente anche di impostare valori di diaframma molto chiusi che offrono una profondità di campo molto ampia, e ritengo che nella fotografia subacquea la nitidezza dai primissimi piani fino allo sfondo, quindi più estesa possibile, sia assolutamente da preferire per la riuscita estetica di un'immagine. Solo nelle riprese in campo ravvicinato, invece, preferisco talvolta l'effetto contrario, ossia mettere perfettamente a fuoco il soggetto principale, o un suo punto d'interesse, e sfocare decisamente tutto il resto. Ultimamente sto anche effettuando delle prove con degli snoots, ossia dei concentratori del cono di luce da anteporre alle parabole dei flash, per ottenere un effetto spot su un solo particolare di un'inquadratura, tanto di moda tra i fotografi subacquei in questi ultimi anni, ma ancora devo capire se mi piacciono o no.

Vorrei fare anche un cenno alla mia passione per la foto naturalistica esterna, dove le caratteristiche dei moderni sensori, di cui ho già parlato, mi consentono di usare tempi rapidi e diaframmi chiusi con eccellenti risultati, sfruttando appieno teleobiettivi molto potenti e difficili da usare, come il 500 mm, e impostando la sensibilità anche fino a 12.000 ISO. In questa attività mi riconosco il merito di affrontare alzatacce, freddo, fatica e tanta, ma davvero tanta pazienza negli appostamenti, in particolare dell'avifauna, ma la grande passione vince su tutti questi disagi, che riesco a sopportare con leggerezza, perché poi la gioia di uno scatto ben riuscito è assolutamente impagabile.

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D.

Come definiresti la tua produzione fotografica subacquea, ma anche esterna.

R.

Sicuramente la mia produzione fotografica, sia esterna che subacquea, rispecchia fedelmente quella che è sempre stata la mia passione per la natura in generale e per il mare ed è anche il risultato di una proiezione dei miei studi universitari di biologia marina. Non mi sono mai allontanato da questo genere di riprese, in cui è prevalente il contenuto documentaristico e naturalistico. Nella fotografia subacquea in particolare, non ho mai amato artificiose costruzioni dell'immagine con modelle o modelli in poco credibili pose plastiche o con l'inserimento nell'inquadratura di elementi estranei all'ambiente. Anche la figura umana, nel messaggio fotografico, credo debba essere ripresa come una presenza garbata da visitatore in un ambiente che non è quello suo naturale, e nel quale si deve muovere in maniera corretta e mai da protagonista. Se mi si chiede qual è in fin dei conti la fiamma che accende e tiene viva la mia passione, la risposta è molto semplice: il piacere, anzi la gioia di raccontare, di trasmettere, soprattutto a chi non ha la possibilità di viverla in prima persona, la conoscenza della natura e del mare, e quanta bellezza c'è in ogni sua creatura. E spero che questo entusiasmo mi accompagni ancora per tanti e tanti anni.

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