La propulsione subacquea nell’uomo

di Umberto Natoli


Il Prof. Madonna ci ha illustrato con grande chiarezza e capacità di sintesi l’affascinante tema dei sistemi di propulsione subacquea dei pesci e dei mammiferi acquatici. E per quanto riguarda la propulsione di un subacqueo? Il sistema adottato dall’uomo copiando appunto proprio dai pesci o dai mammiferi il concetto di utilizzare delle pinne funziona sugli stessi principi? La risposta sembrerebbe molto semplice e scontata, ma le cose non stanno proprio così, e vedremo perché. Comunque, facendo un passo indietro nel tempo, le primissime e rudimentali pinne realizzate in gomma negli anni quaranta del secolo scorso, furono concepite in base ad intuizioni semplicistiche basate sul movimento istintivo del nuoto e aumentando la superficie naturale del piede. Qualche risultato lo davano e assolvevano al loro compito, anche se con una certa fatica da parte del sub. In pratica l’idea era quella di spostare una massa d’acqua con l’aiuto di una sorta di pala o comunque di un arto palmato i cui movimenti imprimono una forza contraria che costituisce la spinta propulsiva. Dopo le prime esperienze e fino a metà degli anni sessanta, che possiamo ancora definire come un’epoca pionieristica, si cominciò finalmente a studiare la progettazione delle pinne con un approccio di tipo ingegneristico. Da allora è stato un costante crescendo di studi portati avanti in tutto il mondo, e in gran parte proprio in Italia, per rendere il nuoto subacqueo sempre più efficiente e sempre meno faticoso. Ogni azienda ha promosso e pubblicizzato il proprio concetto progettuale, chi dichiarando di partire dallo studio del nuoto dei pesci, chi da quello dei mammiferi acquatici, come ad esempio della megattera, chi dal principio dell’elica. Insomma concetti differenti, rivisti e aggiornati nel tempo, i cui risultati pratici in termini di efficienza ne hanno decretato o la piena validità, o il fallimento dell’idea. Per meglio comprendere come funziona questo importantissimo componente dell’attrezzatura di un subacqueo, e quali sono i moderni orientamenti progettuali nella realizzazione di un modello avanzato di pinne, ci siamo rivolti ad uno dei massimi esperti e progettisti del settore, Carlos Godoy, di cui pubblichiamo anche un’intervista completa in questo numero de La Marea.


Per meglio comprendere come funziona questo importantissimo componente dell’attrezzatura di un subacqueo, e quali sono i moderni orientamenti progettuali nella realizzazione di un modello avanzato di pinne, ci siamo rivolti ad uno dei massimi esperti e progettisti del settore, Carlos Godoy, di cui pubblichiamo anche un’intervista completa in questo numero de La Marea.

 

D. Lei ha disegnato numerosi e prestigiosi tipi di pinne, tra cui ad esempio il modello considerato da molti sub il più performante per l’immersione con le bombole, che è l’ARA Ebs della Cressi Sub, ci illustri quali sono le scelte progettuali sulle quali si punta di più oggi, dopo tanti anni di esperienza e di ricerca nel settore.

R. Innanzitutto consideriamo che non esiste una pinna migliore in assoluto, valida per tutte le applicazioni e per tutte le gambe dei subacquei. I fattori da prendere in considerazione sono tanti. E infatti esistono vari tipi di pinne dedicati alle diverse esigenze, tutti validissimi per quello specifico uso, e di conseguenza meno per altri. Tipico esempio è il tipo di pinne lunghe da apneista, sicuramente non adatte per un’immersione con autorespiratore o addirittura tecnica, e viceversa. Tuttavia in queste due categorie esistono dei modelli cosiddetti di punta, che possono essere utilizzati da una larga fascia di utenti con ottimi risultati. Posso invece affermare che la mia esperienza professionale mi ha orientato verso un unico criterio di partenza per la progettazione, che è la fisiologia umana, a qualsiasi uso una pinna sia destinata. Quindi ogni calcolo, ogni idea viene da me sviluppata iniziando dallo studio delle articolazioni del piede e dei movimenti delle gambe. E’ questo un fattore per me imprescindibile. In particolare elaboro ogni progetto partendo dagli angoli massimi di riferimento di flesso-estensione della caviglia, che mediamente ha un’escursione di circa 25°/30°. Per spiegare il tutto in termini sintetici e non particolarmente tecnici e complessi, cerco di allineare la pala nel punto di massima pinneggiata entro gli angoli di rotazione citati, in cui avviene il movimento impresso da gamba e piede. Questo non è che il primo passo progettuale. Poi bisogna fare i conti con i materiali utilizzati. E qui si entra nel cuore del problema ed è una sfida sempre molto affascinante perché bisogna cercare di raggiungere la finalità che ci si è preposti, studiando approfonditamente le caratteristiche tecniche dei vari prodotti da poter utilizzare e progettarne l’uso e la combinazione. Passata ormai da tempo l’epoca pionieristica in cui si utilizzava solo la gomma, ora si punta su materie prime in continua evoluzione, di cui alcune con caratteristiche molto interessanti, che l’industria chimica ci offre nel settore dei prodotti plastici e delle mescole della gomma. Quindi molto ci si affida alla conoscenza tecnica dei materiali, e alla fase di concezione ingegneristica, ma poi tutto deve essere provato e riprovato dopo aver realizzato i primi prototipi, apportando le necessarie ottimizzazioni e armonizzazioni tra disegno e materiali. E’ un lavoro di grande impegno, ma anche di grandi soddisfazioni, soprattutto quando si raccolgono i frutti di un lavoro ben riuscito, quindi di un modello di pinna che incontra un largo consenso di subacquei.

 

Per la progettazione di qualsiasi tipo di pinna, Carlos Godoy parte dalla fisiologia umana, ed in particolare sviluppa i suoi calcoli basandosi sui movimenti possibili che si possono effettuare entro gli angoli massimi di flesso estensione della caviglia. E’ il metodo migliore per mantenere nel nuoto subacqueo un impegno muscolare e di sollecitazione sulle giunture e sui legamenti il più naturale possibile.

Per spiegare il tutto in termini sintetici e non particolarmente tecnici e complessi, cerco di allineare la pala nel punto di massima pinneggiata entro gli angoli di rotazione citati, in cui avviene il movimento impresso da gamba e piede. Questo non è che il primo passo progettuale. Poi bisogna fare i conti con i materiali utilizzati. E qui si entra nel cuore del problema ed è una sfida sempre molto affascinante perché bisogna cercare di raggiungere la finalità che ci si è preposti, studiando approfonditamente le caratteristiche tecniche dei vari prodotti da poter utilizzare e progettarne l’uso e la combinazione. Passata ormai da tempo l’epoca pionieristica in cui si utilizzava solo la gomma, ora si punta su materie prime in continua evoluzione, di cui alcune con caratteristiche molto interessanti, che l’industria chimica ci offre nel settore dei prodotti plastici e delle mescole della gomma. Quindi molto ci si affida alla conoscenza tecnica dei materiali, e alla fase di concezione ingegneristica, ma poi tutto deve essere provato e riprovato dopo aver realizzato i primi prototipi, apportando le necessarie ottimizzazioni e armonizzazioni tra disegno e materiali. E’ un lavoro di grande impegno, ma anche di grandi soddisfazioni, soprattutto quando si raccolgono i frutti di un lavoro ben riuscito, quindi di un modello di pinna che incontra un largo consenso di subacquei.

Due pinne progettate da Carlos Godoy con effetto propulsivo molto diverso. A sinistra la Thor, da usare con il calzare e adatta all’immersione con ARA, con una resa molto efficace senza particolari sforzi. A destra la Sprint a scarpetta, derivata dalla Impulse, un modello studiato per l’apnea. Offre una resa scattante e grandi performance, specialmente per un subacqueo ben allenato

La pinna Sprint, derivata dal modello lungo Impulse dedicato all’apnea, e resa più fruibile in questa versione per un uso misto con una pala di dimensioni ridotte, è l’ultimo progetto di Carlos Godoy in tema di propulsione subacquea. In apparenza sembra una semplice pala collegata ad una scarpetta in gomma, ma in realtà è frutto di una sofisticata progettazione di un sistema a due lastre in materiale elastomerico termoplastico, sovrapposte e fuse assieme, di cui l’inferiore è a spessore costante e la superiore a spessore variabile in senso longitudinale, dove le diverse risposte elastiche alle sollecitazioni della pinneggiata generano nel loro complesso una deformazione ondulatoria ad esse simile a quella del carbonio, con una resa molto performante. I buoni risultati ottenuti stanno inducendo Carlos ad estendere lo stesso principio progettuale ad una pinna con cinghiolo, ottimizzata per l’immersione con ARA.

Il modello Thor, studiato per una classica immersione con le bombole, richiede uno sforzo medio a fronte di una resa più che adeguata ad un’immersione ricreativa, anche di un certo impegno. L’efficacia della pinneggiata è affidata all’elasticità della deformazione a cucchiaio della parte centrale in gomma, indicata con la mano, che sotto sforzo restituisce una forte spinta propulsiva, mentre le due alette rigide convogliano il flusso dell’acqua verso la parte centrale. Si notino i due fori triangolari in prossimità della scarpetta, che scaricano le forze negative che si accumulano in questi punti.

Nelle foto l'archeologo subacqueo Lorenzo Ceruleo

D. Ci faccia un esempio pratico descrivendo i suoi ultimi progetti.

R. Prima di tutto vorrei fare una precisazione. I criteri di progettazione devono rispondere, come ho detto, a varie esigenze. Oltre ai modelli di livello elevato, per esperti e professionisti, dove ci si concentra prevalentemente sull’efficienza della pinneggiata, c’è una grande fascia di utenti, e sono davvero tanti, che fondamentalmente privilegiano altri aspetti come il costo, lo sforzo nel nuoto, il peso e l’ingombro, soprattutto per i viaggi all’estero. Una pinna di livello medio quindi è un compromesso tra tutti questi aspetti, che sono prevalenti, a cui occorre tuttavia conferire comunque una buona capacità di spinta. E il compito progettuale di coniugare il tutto ha sicuramente il suo impegno. Quindi dietro una pinna apparentemente semplice ed economica, c’è in realtà un notevole studio. Fatta questa premessa, e tornando ai modelli di ultima generazione, e sicuramente performanti, posso dire che vado particolarmente orgoglioso del progetto Impulse – Sprint. Il primo approccio, la prima idea, è stata quella di realizzare una pinna lunga da apnea con prestazioni delle pale simili a quelle realizzate in costosissimo carbonio, ma ad un costo decisamente più abbordabile. Un progetto molto ambizioso, inizialmente con grosse incognite sulla reale possibilità di realizzarlo e da molti considerato un’inutile perdita di tempo, ma a me le sfide con me stesso piacciono molto. E così dovevo cercare un sistema sostitutivo del carbonio e della sua risposta alla pinneggiata, che attraverso la forza propulsiva esercitata dal subacqueo, genera sulla pala un effetto ondulatorio ad esse. Ho quindi approfondito la tecnologia di lastre in materiale elastomerico termoplastico, che ha dimostrato una grande reattività alle flessioni. Per irrobustire la struttura della pala, collegata ad una scarpetta in gomma e angolata rispetto all’asse del piede di 29°, destinata comunque ad essere fortemente sollecitata dal nuoto pinnato, ed anche per ottimizzarne la risposta elastica, ho ideato un sistema a due strati sovrapposti dello stesso materiale, fusi assieme, di cui uno inferiore a spessore costante, e uno superiore a spessore variabile in senso longitudinale che ricopre la pala selettivamente. Questo risultato è frutto dell’utilizzo di accurati e complessi software di calcolo e di attente prove tecniche e di collaudi.

I due disegni tecnici delle pale nude delle pinne Impulse/Sprint evidenziano con i diversi colori le risposte elastiche delle varie sezioni del materiale elastomerico termoplastico con cui sono realizzate, frutto di un’attenta progettazione, mirata ad ottenere come unico risultato finale un’armonica capacità di flessione ad esse, in grado di generare una notevole risposta propulsiva.

Anche in questo caso per farne comprendere l’efficacia propulsiva in termini estremamente semplici, immaginiamo che il sistema è ottimizzato per flettersi maggiormente nella sezione intermedia, e quindi per cambiare concavità durante la passata di gamba. Così, anche nel progetto Impulse – Sprint sono riuscito ad ottenere un effetto simile al comportamento di una pala in carbonio, quindi una deformazione ondulatoria ad esse. Ciò si traduce in un accumulo notevole di energia elastica potenziale nella pala, che nella passata di gamba di ritorno, si scarica trasformandosi in spinta. Il risultato molto positivo che ho ottenuto, mi ha portato a concepire un modello più corto, denominato Sprint, più adatto ad un uso generico. La buona riuscita dell’Impulse e della Sprint mi sta spingendo a sfruttare questo disegno di pala per una pinna con cinghiolo, particolarmente adatta all’immersione con ARA, ottimizzandone ovviamente l’impostazione per questo uso, e prevedendone anche l’utilizzo con il nuoto a rana.
Altro mio recente progetto che ritengo particolarmente valido e che ha dimostrato di soddisfare un largo numero di subacquei che usano l’autorespiratore è quello relativo al modello Thor, sempre prodotto dalla Cressi Sub. In questo caso l’esigenza era quella di realizzare una pinna facile da usare, anche per chi non è dotato di una robusta muscolatura delle gambe, di dimensioni e peso non eccessivi, quindi facile da stipare, ma senza scendere a compromessi in quanto a resa. Come ho già detto, coniugare tutte queste esigenze non è facile, ma ci siamo pienamente riusciti, sfruttando l’accoppiata di due materiali nella pala, che è costituita sostanzialmente da due alette rigide che convogliano il flusso dell’acqua nella parte centrale di altro materiale più morbido ed elastico. Questo si flette creando un effetto cucchiaio che restituisce una notevole forza propulsiva. Di lato alle alette e vicino alla calzata, sono ricavati due ampi fori che scaricano le forze negative che si accumulano in questo punto. Insomma, non ci si ferma mai nella ricerca, per migliorare il benessere e il piacere dell’immersione.

 

Considerazioni del fisiatra Dott. Francesco Fontana sulla propulsione subacquea dell’uomo a mezzo delle pinne

Lo studio dell’ergonomia del subacqueo diventa prioritario per migliorare il confort e la sicurezza delle immersioni, che siano in apnea, con ARA o tecniche. Attualmente la sicurezza sembra infatti essere legata più al benessere e allo stato di forma fisica individuale che al profilo di risalita, che va comunque rispettato, pertanto una scorretta interazione ergonomica può influire negativamente, mediante un’azione meccanicamente stressante sul corpo del subacqueo, aumentando i fenomeni flogistici articolari e della colonna vertebrale, in particolare nei soggetti con predisposizione genetica all’infiammazione, e questa potrà a sua volta determinare localmente alterazioni del meccanismo di saturazione–desaturazione dell’azoto.
L’ergonomia è la disciplina che studia la migliore integrazione tra attività umane, attrezzatura e ambiente, finalizzate al maggior rendimento delle attività stesse. Ditte come la Cressi Sub hanno da tempo fatto proprio questo concetto analizzando in fase progettuale la fisiologia del movimento umano applicandone i principi fondamentali supportati dalla innovazione tecnologica dei materiali. In particolare mi riferisco allo studio delle pinne elemento fondamentale per la propulsione subacquea. I gradi fisiologici di movimento articolari devono essere assolutamente rispettati, consentendo di produrre la massima propulsione con il minimo dispendio muscolare, mentre invece al contrario, si potranno sviluppare infiammazioni articolari in modo particolare a livello della colonna vertebrale, dell’anca, del ginocchio e della caviglia. Importantissimi sono quindi gli aspetti progettuali di una pinna, che non possono assolutamente prescindere dallo studio della fisiologia umana. Anzi questa deve essere sempre considerata il punto di partenza di ogni sviluppo ingegneristico sulla propulsione subacquea dell’uomo.
Diventa anche importante affiancare alla ricerca tecnologica sull’attrezzatura la scelta e il corretto uso delle varie tipologie di pinneggiata, che può essere: fluttuante, a rana, di caviglia, a seconda del tipo di immersione e del grado di allenamento del subacqueo.

 
 

Una pinna troppo rigida, ad esempio, o troppo lunga, potrà in un subacqueo poco allenato determinare crampi muscolari agli arti inferiori e dolore al rachide lombare, come analogamente la pinneggiata a rana con una pinna lunga.

 
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