Attrezzature Subacquee – Intervista a Giacomo Guerrieri

Attrezzature Subacquee

Intervista a Giacomo Guerrieri

di Umberto Natoli


Una conversazione con Giacomo Guerrieri, un professionista del settore produttivo di attrezzature subacquee, che ci parla della sua grande passione per il sistema sidemount, con le bombole posizionate lungo i fianchi, e che ci offre una panoramica sulla scelta di una componente fondamentale dell'attrezzatura, la muta stagna, argomento sul quale vanta un'approfondita conoscenza.

Il Dott. Giacomo Guerrieri è uno degli operatori italiani tra i più impegnati nel seguire varie attività subacquee, e che ricopre già da alcuni anni la posizione di responsabile commerciale di una delle più note aziende di produzione di attrezzature, la Dive System: funzione che lo porta ad un continuo contatto con diversi ambienti del settore. Dopo una laurea in Economia e Legislazione dei Sistemi Logistici, entra subito in contatto con varie realtà di mercato in ambito subacqueo, che gli consentono di maturare ben presto e a far crescere nel tempo un'esperienza ben diversificata, vissuta sia nella quotidianità del lavoro, sia nella grande passione per le immersioni che lo impegna nel tempo libero, e sia come istruttore subacqueo.
Con lui abbiamo voluto confrontarci su alcuni argomenti di carattere tecnico e più in particolare sulla sua personale esperienza e passione per il sistema sidemount, e su alcuni approfondimenti in tema di mute stagne.

Dott. Guerrieri, ci parli di come è maturata la sua esperienza nel settore delle attrezzature subacquee.

Quando sono entrato in Dive System avevo già una consolidata pratica dell'immersione e la qualifica di istruttore, che avevo raggiunto dopo un impegnativo percorso di addestramento. Da prima quindi di essere inserito professionalmente in questo bellissimo settore, la subacquea era stata e continua ad essere una delle mie più grandi passioni.
Fin dai miei primi impegni di lavoro in azienda ho avuto la fortuna di entrare in contatto con maestranze artigianali molto qualificate, dalle quali ho appreso prima di tutto una buona conoscenza dei materiali, poi le scelte e le soluzioni da affrontare, cercando di coniugare sempre costi ed esigenze qualitative. Attraverso queste persone ho fatto anche la conoscenza delle tecniche di realizzazione che, ci tengo a sottolineare, per componenti come jaket e mute di alta gamma non può che essere ancora totalmente effettuata dalla mano dell'artigiano, e aggiungerei anche dall'abilità e dalla passione che lo stesso mette nel proprio lavoro: un orgoglio tutto italiano dove non abbiamo da imparare niente da nessuno, anzi dove all'estero hanno molte cose da imparare da noi. Per questo sono sempre più convinto che le nostre attrezzature totalemente made in Italy sono sicuramente tra le migliori del mondo. E queste mie considerazioni valgono anche in larga parte per quanto riguarda la realizzazione di computer.

Uno degli aspetti del sistema sidemount che più affascina Giacomo Guerrieri è la facilità che offre sia nel controllare il giusto assetto alle varie quote, sia nel mantenere un trim ottimale.

Questo contatto continuo e la possibilità di testare varie attrezzature e prototipi è stato e continua ad essere per me una grande scuola, senza la quale non avrei potuto affrontare con la necessaria conoscenza dei prodotti e del settore le esigenze di un mercato ormai sempre più difficile e selettivo, per dare risposta alle diverse richieste dei subacquei ricreativi e professionali. Ma nella mia attività conta moltissimo anche il contatto diretto e continuo con chi sott'acqua ci va davvero e non si limita solo a parlarne o a straparlarne sui social o in serate conviviali in pizzeria, quindi con il mondo delle scuole e delle didattiche, dei circoli e dei diving professionali, sia in Italia che all'estero, essendo sempre presente per la mia azienda nelle principali manifestazioni nazionali e internazioni. Questo personalmente mi porta spesso a condividere varie immersioni con subacquei di tutti i livelli. Imparare ad ascoltare con interesse i punti di vista di tutti, le loro preferenze, l'apprezzamento o meno di uno o più componenti dell'equipaggiamento, è infatti per me una regola costante. Capire le esigenze dei bravi subacquei è l'imperativo fondamentale per orientare la progettazione delle attrezzature. Occorre farlo con grande umiltà intellettuale, mai innamorandosi delle proprie idee, rendendosi invece sempre disponibili ad imparare dall'esperienza degli altri e a rimettere in discussione i propri convincimenti e le proprie impostazioni progettuali, se questo comporta un concreto miglioramento dei prodotti che si realizzano. Quello delle attività subacquee infatti è un mondo bellissimo, fatto di tante specialità, di idee e concetti differenti, anche in acceso contrasto tra loro, ognuno con la sua ragione e logica. Per ogni filosofia dell'immersione occorre un’attrezzata specifica con dettagli e caratteristiche diverse; è compito quindi di una azienda come la nostra ascoltare e capire queste esigenze, e soddisfarle nel miglior modo possibile. Nel mondo infatti ci sono tantissimi subacquei che s'immergono in sicurezza e con pieno successo nelle loro specialità e nel loro livello di preparazione, pur se con i dovuti distingui tra ricreativi e tecnici, e tra stili diversi, e i produttori si devono adeguare alle loro scelte e non viceversa. Oltretutto da questi confronti non si finisce mai di imparare. Questo è un insegnamento che io e i miei colleghi di lavoro abbiamo ben appreso dai titolari dell'azienda, aperti a capire e a soddisfare le esigenze di tutti, e impegnati costantemente a divulgare questa mentalità orientata sempre verso l’eccellenza.

Lei è un appassionato del sistema sidemount, che in Italia è ancora poco diffuso e non vanta un numero di praticanti paragonabile a quello dei paesi anglosassoni, o agli Stati Uniti, o al Centro America, come ad esempio in Messico. Quali sono per lei i motivi del suo particolare apprezzamento?

Mi sono avvicinato al sidemount quasi per caso, incuriosito da una configurazione alternativa a quella tradizionale. La Dive System inoltre aveva in catalogo due modelli di jaket dedicati, e in Italia già da una decina d'anni è stata tra le primissime aziende a credere nel sistema. Volli subito provare l'esperienza e appresi le prime conoscenze durante un corso specifico con il mio istruttore Trainer SNSI Luca Lai, titolare del Baratti Diving di Piombino, dove mi appoggio spesso. Fù per me una grande scoperta, un vero e proprio amore a prima vista. Librarsi nell'acqua con una sensazione di fluidità del tutto nuova mi offrì subito il piacere di scendere in immersione con meno fatica, di muovermi con una resistenza del mio corpo all'avanzamento molto migliorata e più idrodinamica, e direi ancor più naturale rispetto al classico sistema backmount. Apprezzai subito la facilità delle fasi di vestizione e svestizione, avere la riserva di miscela correttamente distribuita in due bombole autonome di cui potevo ben controllare a vista le rubinetterie e gli erogatori e soprattutto la perfetta distribuzione della pesata con grandi benefici sul carico lombare. Anche la facilità che riscontrai di mantenere un perfetto assetto e di disporre di una configurazione molto pulita e compatta, che offre la possibilità di spostarsi in ambienti subacquei molto ristretti, sono altri elementi che contribuiscono a migliorare notevolmente il comfort, soprattutto in determinate tipologie di immersione. Ma ciò che mi affascinò particolarmente fù che tutti questi aspetti messi insieme, unitamente all'utilizzo di un equipaggiamento minimalista, contribuivano a cambiare il mio approccio mentale all'ambiente subacqueo. Insomma per me l'immersione in sidemount è diventata un'esperienza sempre particolarmente positiva, appagante e rilassante, ed anche in questo caso, grazie al mio lavoro, il confronto che ho avuto con altri esperti praticanti ha molto contribuito a farmi maturare ulteriormente come sidemounter.

Giacomo Guerrieri mostra come rubinetterie ed erogatori risultino totalmente sotto controllo visivo e tattile nel sistema sidemount. Oltretutto la riserva della miscela è divisa in due bombole completamente autonome.

Un’esperienza particolarmente suggestiva che ho avuto è stata in Messico nei famosi cenotes, estesissime caverne sommerse molto articolate e caratterizzate da un’infinità di passaggi di vario tipo ed estensione: luoghi meravigliosi dove ci si può esercitare in sidemount all’infinito. In quei siti ormai da molti anni si è formata una famosa scuola frequentatissima da decine e decine di appassionati sidemounter prevalentemente inglesi, americani e messicani, che privilegiano una tecnica ed un’attrezzatura ancor più minimalista rispetto a quella degli speleosub europei, anche perché s’immergono con una leggera muta umida data la temperatura dell’acqua piuttosto calda.
Ovviamente anche in Dive System, il contributo in consigli e osservazioni di molti appassionati ci ha consentito di aggiornare e ripensare il progetto del jaket dedicato, che continua oltretutto, come è giusto che sia, ad essere oggetto di riflessioni, di prove e di confronti.
Certo il sistema è in continua evoluzione, e allargando la sua sfera di applicazioni dalle immersioni in grotta, particolarmente impegnative, per cui fù concepito in origine, trova ora e sempre più un utilizzo generale anche nella subacquea sportiva ed in acque libere, in particolar modo per chi vuole scendere in immersione senza particolare fatica. Si pensi solo all’universo femminile, per il quale credo il sidemount sia una scelta ottimale.

Giacomo Guerrieri mostra come nel sistema sidemount l'estrazione della frusta lunga e la cessione al compagno, nonché l'eventuale riposizionamento lungo la bombola trattenendola con gli elastici, sono operazioni molto facili da eseguire, in sintonia con la filosofia hogarthiana dell'immersione.

Ci sono poi degli svantaggi legati a questa configurazione e quindi anche in questo caso occorre secondo la mia opinione scegliere la corretta configurazione in base alla tipologia di immersione che si vuole andare a pianificare.
Per tutti questi motivi ho partecipato con grande piacere all'iniziativa editoriale di Umberto Natoli con il quale ho realizzato la maggior parte delle immagini del libro Sidemount Diving – Storia e caratteristiche del sistema, il primo libro in lingua italiana dedicato al sistema. E’ stato un lavoro corale, al quale hanno dato il loro prezioso contribuito altri specialisti e amici come Nicola Ferroni, Gabriele Longo Molebuschi, Luca Leati, Riccardo Tognini e Luca Lai, oltre ad altri intervistati, ma anche con la fattiva partecipazione dei medici del SIMSI, Pasquale Longobardi e Francesco Fontana, convinti sostenitori del sistema sidemount. Soprattutto nell’edizione aggiornata, dove abbiamo rivisto alcuni aspetti tecnici, credo che il libro si presenti ora come una corretta panoramica sul sistema sidemount ed un invito ad avvicinarsi a questa affascinante specialità, senza avere la pretesa di essere un manuale didattico.

Giacomo Guerrieri mostra le fasi di vestizione delle bombole sidemount, che possono essere effettuate facilmente in maniera completamente autonoma sia fuori dell'acqua, ma anche direttamente in acqua, sia partendo da terra, sia da un'imbarcazione.
 
 
Giacomo Guerrieri ha collaborato sia per la parte tecnica, sia come modello, per la realizzazione delle immagini a corredo del libro di Umberto Natoli sul sistema sidemount.

E ora veniamo ad un argomento a cui tiene particolarmente: le mute stagne. Le chiediamo pertanto un suo punto di vista sulle tipologie, sui materiali e qualche consiglio pratico nelle scelte che deve fare un subacqueo su quest’importante elemento dell’attrezzatura, che sicuramente è uno dei più costosi.

Effettivamente gli aspetti che riguardano la realizzazione e la commercializzazione delle mute stagne, rappresentano gran parte del mio impegno quotidiano nel lavoro, anche se non opero direttamente nella produzione. Vivo però a stretto contatto con le nostre bravissime maestranze artigianali, in tutto siamo circa 26 persone, con le quali ho un continuo confronto: un’esperienza che mi regala ogni giorno una conoscenza sempre più solida dell’argomento. Il mio impegno diretto è più concentrato sul reperimento dei materiali, sul controllo di qualità, sulle prove, sui collaudi, sull’estetica, sul gradimento e sulla risposta della clientela, e quindi su tutto ciò che attiene alla commercializzazione.

Una muta stagna di buon livello viene prodotta esclusivamente a mano da maestranze specializzate. In questo settore l'Italia vanta artigiani di grandi capacità e esperienza.

Direi che la prima scelta da fare è sulla tipologia, in neoprene o in trilaminato. E’ un argomento sul quale tengo particolarmente a fare le opportune precisazioni. Come tutti noi in DiveSystem non crediamo che esiste un materiale migliore rispetto all'altro. Le mute in trilaminato e neoprene sono infatti delle mute diverse con i loro vantaggi e svantaggi. Il Neoprene è un materiale elastico e normalmente è soggetto a variazione di volume, cioè diminuisce il suo spessore con il tempo e con le immersioni, soprattutto quelle più lunghe e profonde. Questo però non è del tutto vero e dipende assolutamente dalla qualità del neoprene utilizzato. Il tipo ad alta densità, solitamente chiamato in maniera impropria precompresso, è un materiale che ha subito uno schiacciamento tale che non avrà più variazione di volume. Se a questa tipologia di neoprene viene poi aggiunta una fodera esterna antitaglio come Supratex o Kevlar, allora la muta offrirà un'incredibile resistenza e longevità. Non esito ad affermare infatti che una muta di questo tipo è una muta per la vita. Infatti è la scelta prevalente dei professionisti come gli OTS Operatori Tecnici Subacquei, dei corpi militari e di chi esegue lavori subacquei duri e con una certa frequenza. Questo materiale offre anche il vantaggio di una maggiore protezione termica rispetto al trilaminato, richiedendo quindi un sottomuta più leggero e generalmente per questo motivo ha un taglio più attillato rispetto al trilaminato.
Esistono poi tipologie di neoprene di bassa densità e di conseguenza di minor qualità. Una muta realizzata con questo materiale è effettivamente destinata a schiacciarsi in profondità, ma anche a perdere elasticità col tempo e a irrigidirsi. E’ una scelta che francamente sconsigliamo, considerando anche che il costo di questi modelli offerti dal mercato non è proprio economico, soprattutto se rapportato alla durata del materiale.
Tornando alla caratteristiche del neoprene rispetto al trilaminato, il primo risulta più ingombrante quando deve essere ripiegato per trasportarlo con il resto dell’attrezzatura e asciuga meno rapidamente.
Una muta in trilaminato offre invece tutti i notevoli vantaggi di un'apprezzabile leggerezza, e consente sicuramente una grande comodità nei movimenti ed una maggiore facilità di vestizione, ed offre anche la caratteristica di asciugare rapidamente, vantaggio non da poco soprattutto quando dopo l’immersione occorre ricaricare rapidamente tutto in macchina.
Il trilaminato però non offre coibenza termica. In pratica la protezione dal freddo viene interamente affidata al sottomuta, che deve essere scelto in base alla temperatura dell’acqua. Insomma la stessa muta può essere impiegata in tutte le stagioni e condizioni, intervenendo solo sulla pesantezza del sottomuta utilizzato. Questo capo quindi gioca un ruolo ancor più importate rispetto all'uso con una muta in neoprene, e per questo motivo quando andiamo a scegliere la taglia di una muta in trilaminato, deve essere ben considerato il tipo di sottomuta che pensiamo di utilizzare. Infatti quando viene realizzata su misura, è importante tenere ben presente questo aspetto, che è sicuramente molto soggettivo. Infatti per questi motivi, nel caso ci sia la possibilità, credo sia consigliabile effettuare una prova di una taglia standard, in maniera tale da rendersi conto effettivamente della comodità o meno, e di quale debba essere la misura ottimale della muta stessa, sempre in rapporto anche al sottomuta che si pensa di indossare. Il su misura che piace a me potrebbe risultare troppo largo o troppo stretto per un altro subacqueo, e comunque ritengo che farsi fare una muta personalizzata nelle misure sia una scelta sulla quale orientarsi solo quando è veramente necessario, ossia quando effettivamente una taglia standard non risultasse sufficientemente comoda.
In ogni caso il consiglio che posso dare, sia per una taglia standard, sia per un su misura, è quello di scegliere sempre una vestibilità leggermente più abbondante, quindi più “comoda”, che consente di potersi vestire e svestire in tutta facilità, e se ci fosse la necessità, di poter indossare un sottomuta più pesante senza particolari problemi.
Un altro aspetto che occorre verificare quando andiamo a scegliere una muta è il tipo di sigillatura. Le principali tecniche sono la nastratura e l’Aquasure. Le discussioni su tale argomento sono molteplici e richiederebbe solo questo argomento un articolo dedicato. Posso solo dire che la DiveSystem ha sempre utilizzato per le sue mute la sigillatura con l’Aquasure. Questa tecnica infatti è ritenuta la più sicura, sia in termini di tenuta che di longevità. La nastratura infatti con il tempo e con il sopraggiungere di eventuali infiltrazioni ha il grande difetto di far percorrere all’interno delle nastrature l’acqua, con inevitabili maggiori difficoltà per individuare prima e riparare dopo la perdita.
Una scelta direi molto delicata riguarda polsi e collo, sicuramente gli elementi più vulnerabili di una muta stagna, che possono essere realizzati in tre differenti materiali: neoprene, lattice o silicone.
Sicuramente il neoprene è la scelta più duratura e non ti lascia mai come si suol dire, per strada. Richiede però alcune attenzioni. Innanzitutto polsini e collo devono essere molto ben tagliati su misura, altrimenti se troppo lenti potrebbe filtrare acqua facilmente. Inoltre è un materiale che va manipolato con una certa attenzione, infatti nell’indossarlo non va assolutamente tirato, ma va allargato, e possibilmente nella parte interna a contatto con la pelle è buona norma renderlo più scorrevole con del sapone o con del talco industriale. E soprattutto una raccomandazione: è molto sensibile alle unghiate, per cui specialmente le donne devono maneggiarlo cercando di non danneggiarlo. Il neoprene non consente l’uso di guanti stagni.
I tipi di polsini e collo in lattice sono invece più facili da indossare, specialmente se lubrificati, ma tendono ad invecchiare non solo con l’uso, ma anche con il semplice trascorrere del tempo, e possono essere soggetti a lacerazioni improvvise. Bisogna prevedere infatti una periodica e inevitabile sostituzione dei tre elementi, che va considerata come una normale manutenzione, quantificabile per un uso medio ogni tre anni circa. Il lattice può essere anche danneggiato dal contatto con agenti chimici, come oli lubrificanti, alcuni componenti di detersivi, solventi. Con il lattice esistono delle soluzione per poter applicare un guanto stagno: attraverso l’istallazione di un anello rigido oppure utilizzando un guanto che ha anch’esso alla sua base un polso in lattice.
La terza soluzione è il silicone, che non può essere incollato sulla muta, ma necessita di un anello di raccordo in plastica. Ha caratteristiche simili al lattice, ma risulta più morbido, quindi anche per questo materiale vale il principio di utilizzare una taglia precisa a misura, altrimenti se troppo lento può far passare acqua. Offre il vantaggio che in caso di rottura di un polsino, e avendone con se uno di scorta, si può procedere facilmente ad una sostituzione in pochi secondi. Unico leggero fastidio, ma di poco conto, è di avere qualcosa di rigido attorno al polso. La soluzione in silicone, per la presenza dell’anello, offre anche la possibilità di un facile collegamento con un guanto stagno.

A questo punto un consiglio pratico e una mia riflessione. Se si vuole usare con una certa frequenza un guanto stagno, la soluzione migliore per quanto mi riguarda rimane il silicone, ma l’utilizzo di questo accessorio per le mani è secondo il mio parere consigliabile solo in caso di immersioni in acque molto fredde, almeno sotto i 10° o in immersioni di lunga durata. Personalmente immergendomi soprattutto nel Mediterraneo non utilizzo spesso guanti stagni, preferendo in alternativa degli ottimi modelli tradizionali molto ben coibentati e morbidi che proteggono in maniera ottimale le mani anche nelle situazioni più difficili.

Un altra componente importantissima di una muta stagna è la cerniera. Fino a questo momento il tipo più utilizzato e con le caratteristiche di miglior durata è sicuramente il bronzo. Offre una notevole robustezza e una lunga durata, tuttavia necessita di una continua lubrificazione. Niente di straordinario. Ogni due o tre immersioni, con un intervento di pochi secondi, basta passarci un pezzo di paraffina rigida. Quando presenta qualche piccolo segno di ossidazione, si può passare un filo d’olio per macchine da cucire. Basta pochissimo. Con un tovagliolino poi occorre rimuovere subito dai dentini eventuali piccole scolature, perché possono danneggiare le incollature e macchiare il tessuto della muta.
Negli ultimi anni si sta facendo strada una valida alternativa, costituita dalle cerniere in plastica, che tecnicamente stanno facendo passi da gigante, e probabilmente rappresenteranno il futuro di questa componente. Sono più economiche, sono morbidissime per aprirsi e per chiudersi, e necessitano di pochissima manutenzione; basta ogni tanto lubrificarle con un pò di silicone alla fine del cursore. Tuttavia hanno una minore resistenza strutturale rispetto al bronzo e possono rompersi senza un apparente e valido motivo, spesso dovuto a chiusura errata, che sottolineo, deve sempre essere effettuata seguendo bene la loro normale direzione, mai forzando, soprattutto lateralmente. Teniamo presente che a prescindere dal materiale con cui è realizzata, una cerniera non deve mai assumere delle forme che non siano quelle naturali e non deve essere sottoposta a delle piegature forzate. Insomma a mio avviso anche per questa componente non esiste una scelta perfetta: occorre conoscere i vantaggi e gli svantaggi di una soluzione rispetto all'altra, e orientarsi in base alle personali esigenze.

Per quanto riguarda i calzari a me piace dotare la muta di un calzino morbido, da utilizzare poi con lo stivaletto con la suola. Per questioni di igiene e di manutenzione, il calzino morbido può essere rigirato completamente assieme alla muta, e quindi lavato e pulito adeguatamente. Sappiamo infatti che, come è ovvio, tutti i capi d’abbigliamento hanno bisogno di un buon lavaggio quando necessario, e la muta stagna trattiene nel suo interno l’umidità della condensa e il trasudo del sudore, che se non rimossi periodicamente, appunto con una bella sciacquata e un po’ di sapone leggero, generano batteri, funghi e cattivo odore, per non parlare del disagio di infilare il proprio corpo in un “contenitore” stagno sporco e puzzolente!
L'altra soluzione è quella di dotare la muta stagna di uno stivaletto integrato, quindi incollato direttamente. Questo non può essere rigirato completamente e quindi la pulizia e l’igienizzazione del suo interno risulta un pò più laboriosa. Sicuramente consente una vestizione più immediata e diretta e viene consigliato solamente quando esistono problematiche relative alla mobilità fisica del subacqueo, che non permettono una vestizione ottimale del calzare, oppure quando la velocità di vestizione gioca un ruolo fondamentale.
Comunque, a prescindere dal modello di muta stagna scelto, in neoprene o in trilaminato, una corretta vestizione e svestizione sono di fondamentale importanza, come pure una corretta piegatura della stessa quando viene riposta. E se conservate la muta appesa, utilizzate solo grucce appositamente dedicate, che sono studiate per non forzare il tessuto. Ricordiamoci che rispettare piccoli, ma importanti consigli, a volte anche apparentemente banali, sull'uso di questa preziosa componente dell'attrezzatura, ci consentirà di far durare molto di più la sua vita.

Per le mute stagne in trilaminato sono disponibili vari tipi di tessuto, anche per usi molto gravosi. Nelle foto tre varianti di tessuto scelte per utilizzi dei corpi speciali

Insomma per concludere direi che la muta stagna è una compagna straordinaria delle nostre immersioni, che se ben tenuta, come spiegato, ci può assicurare una durata di molti anni, con i soli interventi periodici di sostituzione di polsini e collo. E’ importante però sciacquarla bene in acqua dolce dopo l’uso ed evitare lunghe esposizioni al sole, avere molta cura nell’indossarla e nel toglierla, ed anche, importantissimo, nel ripiegarla e conservarla, come da noi ben spiegato nei tre video da me realizzati di cui riporto i link di riferimento:

Un ultima raccomandazione, ma molto importante. Evitate il fai da te. Ogni intervento di riparazione, sostituzione di collo, polsini o cerniera, o prove di impermeabilità, va fatto solo da personale specializzato che ben conosce le procedure, i materiali e le reazioni dei collanti, altrimenti l’inesperienza rischia di produrre danni irreversibili. Io, cosi come tutto lo staff DiveSystem, sono comunque sempre a disposizione per consigli e informazioni tecniche, e non esitate a contattarmi se ne avete bisogno. Parlare con i subacquei è per me sempre un grande piacere.

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