Note fisiologiche di un’immersione in apnea

Le pressioni parziali dei gas:

variazioni misurate durante un’immersione in apnea.

 

Un argomento affascinante, ed un aspetto in parte non ancora del tutto chiarito, è quali siano le dinamiche fisiologiche a cui è sottoposto il corpo umano durante un’immersione in apnea. Sono molti gli interrogativi tuttora aperti, specie per le oggettive difficoltà ambientali di un corretto monitoraggio dei parametri vitali dell’apneista.

Negli ultimi anni sono stati fatti grandi passi in avanti su questo tema, soprattutto grazie alle nuove tecnologie ed alle maggiori possibilità di condurre ricerche in acque libere od in ambienti subacquei confinati, come le piscine profonde per esempio. Diversi gli studi interessanti che son già stati condotti sul tema (1,2,3).

Tra gli aspetti tuttora da meglio definire vi è il quesito di quale sia il comportamento dei gas nell’apneista, con particolar riguardo all’ossigeno ed all’anidride carbonica. Avere questa informazione è di un’importanza cruciale; è un’informazione che permetterebbe miglior, se non piena, comprensione dei meccanismi fisiopatologici che possono portare a conseguenze drammatiche quali l’ipossia, la perdita di coscienza, l’annegamento.

 

 

 

La novità del momento

E’ stato recentemente pubblicato uno studio (1) che simula le condizioni reali di un’immersione in apnea, in acque libere, fredde, ed in condizioni di gara.

Si tratta di un’esperienza su un’apneista professionista con la misurazione seriata dei parametri di ossigeno ed anidride carbonica, tramite emogas analisi su sangue arterioso nella stessa immersione. Nel dettaglio si prevedeva l’immersione in lago:

  • a 356 m sul livello del mare (quota che non determina una variazione significativa della pressione atmosferica rispetto al livello del mare),
  • due tuffi consecutivi, entrambi
  • a 60 metri di profondità.

La preparazione ha seguito la prassi usuale, preceduta dalla valutazione di campioni di sangue arterioso raccolti:

  • a riposo,
  • dopo la preparazione inspiratoria al tuffo,
  • a 60 metri di profondità, e
  • alla riemersione – subito prima dell’atto respiratorio.

Il controllo prevedeva un identico campionamento, nello stesso atleta, da effettuarsi durante un’apnea statica di superficie.

 

 

 

Risultati

  • per quanto riguarda la pressione parziale dell’anidride carbonica arteriosa (PaCO2):

Confrontata col valore basale, l’anidride carbonica aumenta alla massima profondità dei due tuffi; nel campionamento allo stesso tempo di apnea, nella prova di apnea statica, questo incremento risulta invece inferiore. L’incremento viene poi seguito da una diminuzione dell’anidride carbonica durante la risalita; un fatto che dimostra come l’iniziale incremento non sia semplicemente frutto di una produzione metabolica di anidride carbonica.

  • per quanto riguarda la pressione parziale dell’ossigeno arterioso (PaO2):

Dopo una rapida discesa, il valore della pressione parziale arteriosa di ossigeno aumenta considerevolmente alla massima profondità. E’ un dato che differisce sostanzialmente da quanto rilevato, allo stesso tempo di apnea, nella prova di apnea statica, dove il valore si rivelava esser invece leggermente ridotto.

L’aumento alla massima profondità viene attribuito al rapido aumento di pressione esercitata sui polmoni. Esperienze precedenti dimostrano che questo aumento non viene evidenziato in tutti i soggetti ma, quando accade, può essere responsabile di fenomeni atelettasici a carico di parte degli alveoli polmonari, con una conseguente alterazione negli scambi gassosi. A conferma di questa ipotesi, si notava che nel secondo tuffo dell’atleta i valori di ossigeno alla massima profondità si dimostravano inferiori alla misurazione del primo tuffo.

La valutazione dopo la risalita, e subito prima della ripresa della respirazione, mostrava invece una drammatica riduzione dell’ossigeno arterioso. Questa riduzione era pressoché della stessa entità in entrambe le immersioni, e sufficiente a giustificare un maggior rischio di ipossia, con possibile perdita di coscienza, nelle fasi terminali del tuffo.

 

 

Conclusioni

E’ da ricordare che si tratta di uno studio limitato ad un solo apneista, ma conferma e spiega la dinamica degli scambi gassosi in un setting “reale” di immersione in apnea a -60 metri:

  • evidenzia come la marcata riduzione della pressione parziale di ossigeno arteriosa, che si ha durante la risalita dal fondo, aumenti il rischio di ipossia con perdita di coscienza,
  • rischio che viene peraltro ulteriormente aumentato dal fatto che l’aumento della pressione parziale di ossigeno arteriosa, riscontrabile in una rapida discesa, può ridurre il trigger respiratorio e di fatto prolungare pericolosamente l’immersione in apnea,
  • non da ultimo viene evidenziato come, sempre nella discesa, l’incremento della pressione parziale arteriosa di anidride carbonica sia influenzato non solo dalla produzione metabolica ma anche dal rapido aumento della compressione polmonare, con incremento della pressione parziale di anidride carbonica a livello alveolare.

 

Dott. Luigi Santarella

 

 

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1 “Arterial blood gas measurements during deep open-water breath-hold dives“, di Tom Scott, Hanna van Waart, Xavier CE Vrijdag, David Mullins, Peter Mesley, Simon J Mitchell in Journal of Applied Physiology, 2021 May 11; 30 (05). https://doi.org/10.1152/japplphysiol.00111.2021

2 Oxidative stress assessment in breath-hold diving“, di Mrakic-Sposta S, Vezzoli A, Rizzato A, Della Noce C, Malacrida S, Montorsi M, Paganini M, Cancellara P, Bosco G. in Eur J Appl Physiol. 2019 Dec;119(11-12):2449-2456. doi: 10.1007/s00421-019-04224-4. Epub 2019 Sep 13.

3 “Arterial blood gases in divers at surface after prolonged breath-hold“, di Bosco G, Paganini M, Rizzato A, Martani L, Garetto G, Lion J, Camporesi EM, Moon RE. in Eur J Appl Physiol. 2020 Feb;120(2):505-512. doi: 10.1007/s00421-019-04296-2. Epub 2020 Jan 7.

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