Poriferi o più semplicemente spugne

Tratto da libro di Adriano Madonna “Incontri d’estate: stelle, spugne e altri invertebrati nell’area marina del Parco Regionale Riviera di Ulisse”

Poriferi o più semplicemente spugne

Prof. Adriano Madonna
biologo marino, EClab Laboratorio di Endocrinologia Comparata, Università degli Studi di Napoli Federico II

Osservando una spugna, magari anche quella appoggiata sul bordo della vasca da bagno, non si capisce bene di che "razza" di organismo si tratti e si propenderebbe di più per il regno vegetale che per quello animale. Gli stessi dubbi e le stesse perplessità coinvolsero i naturalisti di un tempo, che non sapevano come inquadrare gli strani tessuti di queste creature del mare. La svolta si ebbe intorno alla seconda metà del Settecento, quando le spugne furono classificate nel regno animale, ma... non proprio: infatti furono relegate in una sorta di “dependance” del regno animale, un sottoregno, quello dei parazoi, che significa “vicino agli animali”, perché, pur essendo state identificate come organismi animali, è innegabile che si tratti di animali molto particolari: la loro consistenza soffice, infatti, è data da un insieme di cellule a strati che formano qualcosa di simile ad un tessuto.

Haliclona mediterranea

Haliclona mediterranea
Con il vago aspetto di spugna tropicale nella sua foggia tubuliforme, Haliclona mediterranea si presenta con una elegante colorazione viola o rosa. Non è molto frequente nel nostro mare. I subacquei che si spingono a maggiori profondità rispetto agli appassionati di snorkeling hanno più probabilità di trovarla.

Spugne o poriferi

Per la loro caratteristica di essere costellate di minuscoli pori dei quali vedremo la funzione, le spugne costituiscono il phylum dei poriferi, quindi dire spugne o dire poriferi è praticamente lo stesso. Ciò che in genere i subacquei sanno delle spugne è che sono organismi distinti in numerose specie diverse, così come diverse sono le loro forme e i loro colori, quasi sempre belli e vistosi e questa è una sacrosanta verità: nel nostro Mediterraneo così come in altri mari, ad esempio i Caraibi cubani, le spugne sono annoverabili tra gli organismi marini più colorati e con forme e dimensioni straordinarie, come ad esempio la spugna botte, in cui potrebbe nascondersi un subacqueo per intero.

Facciamo dunque conoscenza con i poriferi e ci sarà da stupirsi perché la loro organizzazione è davvero singolare. In ogni caso si tratta di un phylum molto antico: si pensi che spicole di spugne sono state trovate nelle rocce del precambriano. Ciò significa che oltre 600 milioni di anni fa le spugne già esistevano e per giungere sino ai nostri giorni hanno attraversato infiniti mutamenti ambientali a cui si sono adattati volta per volta, riuscendo ad evolversi secondo le necessità di ogni tipo di situazione, fino a costruire le spugne della nostra era, quelle che abitualmente vediamo sott’acqua. Basta solo pensare alla lunga storia evolutiva (filogenesi) di questi organismi per osservarli, se non altro, con maggiore ammirazione.

Hemimycale columella

Hemimycale columella
Si trova sia nell’oscurità delle grotte sia in piena luce e ciò fa della columella una spugna con spiccate capacità di adattamento. Forma placche morbide in grado di espandersi su ampie superfici di substrato roccioso. L’aspetto è inconfondibile: presenta la superficie completamente traforata da pori e osculi e una colorazione sul rosa a volte tendente all’arancio carico.

Spugne di mare e spugne di acqua dolce


In tutti i mari del mondo vivono circa quattromilatrecento specie di spugne, ma ce ne sono anche di acqua dolce, anche se in numero sensibilmente inferiore: le spugne dulciacquicole, infatti, non sono più di centocinquanta.

Vediamo com’è fatta una spugna. Innanzitutto, i poriferi sono organismi filtratori che per captare la sostanza organica finemente particellata e piccoli organismi del plancton si riempiono d’acqua, trattengono tutto quanto può servire da nutrimento e infine scaricano all’esterno l’acqua filtrata. Una spugna, dunque, è praticamente vuota: possiede, infatti, una cavità che prende il nome di spongocele. All’interno dello spongocele ci sono delle camere acquifere tappezzate di particolari cellule flagellate, cioè dotate di un flagello, una sorta di filamento, una frusta che muove l’acqua. Queste cellule, chiamate coanociti, sono specializzate per l’alimentazione. Ecco, dunque, che cosa avviene in una spugna: l’acqua attraversa i pori inalanti (o ostii) ed entra nello spongocele, dove il battito dei flagelli dei coanociti genera una corrente, quindi l’acqua circola attraverso i coanociti e questi si nutrono della sostanza organica che contiene. Infine fuoriesce attraverso fori più grandi dei pori, detti osculi.

A seconda della grandezza e dell’organizzazione della cavità interna di una spugna, possiamo avere uno spongocele più o meno grande oppure una serie di canali percorsi dall’acqua.


Axinella cannabina
Questa spugna si sviluppa in altezza e può raggiungere anche il mezzo metro. Le ramificazioni possono essere numerose. Si trova quasi sempre lungo pareti più o meno verticali o almeno inclinate, difficilmente in piano. Il colore può essere il giallo o l’arancio.

 

Ascon sycon e leucon

Proprio in funzione del sistema acquifero interno, cioè in base al tipo di spongocele, esistono tre tipi di spugne: ascon (spugne asconoidi), sycon (spugne siconoidi) e leucon (spugne leuconoidi). Nelle asconoidi si osserva una cavità interna abbastanza lineare: lo spongocele, infatti, è come un vaso la cui superficie interna è tappezzata di coanociti. Nelle siconoidi già troviamo uno spongocele più complesso per aumentare la superficie di ancoraggio dei coanociti e, quindi, il loro numero: non osserviamo, infatti, uno spongocele con superficie regolare bensì articolata in anse, chiamate canali radiali, ricoperte di coanociti. Aumenta, quindi, nelle siconoidi rispetto alle asconoidi, la superficie di assunzione della sostanza alimentare.
Nei poriferi del terzo tipo, le spugne leuconoidi, lo spongocele è costituito da una complicata rete di canali con un numero enorme di coanociti. I canali sono ripiegati e formano vere e proprie camere acquifere, che, raggruppate insieme, ricordano un po’ dei grappoli d’uva.
Osserviamo, adesso, la struttura intima di una spugna.

Axinella polipoides
Ha proprio l’aspetto di un alberello Axinella polipoides: un alberello giallo alto una quarantina di centimetri che vive nella maggior parte dei casi nel buio delle grotte sommerse. È certamente una delle spugne più singolari del nostro mare.

Tre strati di cellule

La maggior parte delle spugne è costituita da tre strati di cellule: il pinacoderma (lo strato esterno), il coanoderma (lo strato interno) e la mesoila (lo strato intermedio). Il pinacoderma, costituito da cellule dette pinacociti, è caratterizzato da una consistenza più o meno dura. In pratica, è la cute della spugna e sulla sua superficie si distinguono i pori e gli osculi. Il coanoderma è lo strato costituito dai coanociti e tappezza l’interno dello spongocele e tutte le sue camere acquifere.
Infine, la mesoila, che si trova tra il pinacoderma e il coanoderma, insieme con il pinacoderma conferisce consistenza alla massa della spugna grazie al suo strato gelatinoso contenente proteine fibrose e piccoli elementi duri tipici delle spugne detti spicole.

Spirastrella cunctatrix

Spirastrella cuncatrix
Questa spugna si espande in larghezza occupando spesso ampie superfici di substrato roccioso. Di esiguo spessore, presenta degli evidenti canali interni che confluiscono in grossi osculi. Il colore è un arancio a volte tendente verso il rossastro. In corrispondenza dei canali il colore scurisce ulteriormente.

Le cellule totipotenti

Nella mesoila si trovano anche alcune cellule speciali, gli amebociti, che si occupano dell’eventuale riparazione della spugna in una maniera sorprendente, cioè trasformandosi in pinacociti, coanociti o qualunque altro tipo di cellula a seconda di quelle che sono state distrutte e che, quindi, devono essere rimpiazzate.

Gli amebociti, così chiamati perché si muovono con movimento ameboide, sono cellule indifferenziate dette totipotenti, cioè con la capacità di trasformarsi nei vari tipi di cellule specializzate. Tra le loro funzioni riparatrici vi sono anche “incombenze relative alla pulizia”: infatti, nel caso in cui all’interno della spugna penetrassero corpuscoli inorganici, che, quindi, non costituiscono nutrimento, e se qualcuno di questi ostruisse un canale dell’apparato acquifero, la cellula ameboide lo eliminerebbe ingerendolo. Parlando di spugne e di cellule totipotenti abbiamo avuto occasione di entrare nel settore delle cellule staminali, speranza della ricerca nella lotta contro il cancro. Le cellule staminali, infatti, sono proprio cellule totipotenti, cioè indifferenziate, con capacità di specializzarsi, quindi di andare a rimpiazzare cellule distrutte o malate.

Spongia officinalis

Spongia officinalis
Le abbiamo dato il nome comune di spugna da bagno poiché è questa la spugna che usiamo normalmente sotto la doccia. Una volta raccolta dagli spugnari e conciata, Spongia officinalis diventa un gradito prodotto commerciale. Si trova, come tutte le spugne, su substrato roccioso in penombra, ma spesso anche all’interno delle grotte sommerse. Sulla sua superficie grigia o nerastra sono bene evidenti i pori e gli osculi.

Quattro classi di poriferi

Sulla base della struttura chimica e della forma dello scheletro, si distinguono quattro classi di poriferi: le calciospongie o spugne calcaree, le ialospongie o spugne vitree, le sclerospongie o spugne coralline e le demospongie o spugne cornee.
Le spugne calcaree sono così definite poiché hanno una struttura di sostegno, uno scheletro, formato da spicole calcaree singole, cioè non connesse le une con le altre ma libere. Vivono dalla zona intertidale (quella interessata dai flussi di marea, detta anche mesolitorale) fino a circa 100 metri di profondità. Le spugne vitree vivono in acque molto profonde, tra -500 e -5000 metri. Si trovano sia nelle acque dei poli sia nei mari tropicali. Generalmente hanno forma a vaso, alcune specie raggiungono dimensioni ragguardevoli e a livello scheletrico sono costituite da spicole silicee intrecciate. Le spugne coralline vivono sulle scogliere di molte aree tropicali, in particolare del Pacifico. Lo scheletro è costituito da una matrice calcarea comprendente delle spicole a base di silicio.
Alla classe delle demospongie appartiene la maggioranza delle spugne esistenti in tutte le acque del mondo: le spugne cornee, infatti, sono circa il 95% di tutte le spugne, comprese quelle di mare, di acqua salmastra e di acqua dolce. Nelle demospongie si assiste a una grande varietà di forme, praticamente un sistema per sfruttare nel migliore dei modi lo spazio disponibile e le altre caratteristiche dei vari habitat sottomarini.

Agelas oroides

Agelas oroides
Vive nelle grotte sommerse ed è facilmente individuabile per la forma globosa e lobata e il colore giallo forte. Sono bene evidenti grossi osculi.

Riproduzione sessuata e asessuata

Le spugne possono adottare indifferentemente un tipo di riproduzione asessuata e sessuata e ognuno dei due sistemi, che spesso usano in maniera alterna, ha una sua ragione d’essere per raggiungere un determinato scopo.

Con la riproduzione asessuata la spugna si espande sulla superficie adiacente a quella dove vive la “spugna madre”, mentre con la riproduzione sessuata i gameti migrano verso spugne di zone limitrofe e aumentano le possibilità di scelta tra i geni per rafforzare la specie.
Nella riproduzione asessuata si formano delle gemmule sulla superficie della spugna. Raggiunta una certa grandezza, esse si staccano dalla massa della spugna e vanno ad ancorarsi al substrato, dove danno origine a nuove spugne. La formazione di gemmule si ha anche nel semplice accrescimento di una spugna: mediante le gemmule, infatti, che restano attaccate alla spugna madre, questa aumenta di volume.
Nella riproduzione sessuata c’è, ovviamente, formazione di spermatozoi e uova, che vengono sviluppati dagli amebociti nella mesoila o dagli stessi coanociti nello spongocele. Essendo i poriferi organismi ermafroditi, uno stesso individuo produce spermatozoi e uova, ma in momenti diversi, quindi non può esserci autofecondazione. Gli spermatozoi vengono espulsi dalla spugna attraverso gli osculi e, liberi in acqua, raggiungono le spugne vicine e vengono captati dai coanociti, che li trasportano verso le uova contenute nella mesoila, dove avviene la fecondazione. Si tratta, quindi, di fecondazione interna, da cui nascono delle larve che dopo un periodo di esistenza planctonica si ancorano al substrato, effettuano la metamorfosi e formano un abbozzo di spugna adulta che costantemente si ingrandirà.

Dicevamo prima che ognuno dei due tipi di riproduzione ha il suo fine ben preciso: la riproduzione sessuata delle spugne, mediante il periodo di esistenza planctonica delle larve, fa sì che queste vadano a impiantare nuove spugne su fondali distanti da quelli di origine. Quando, infatti, le larve sono libere in mare, gli idrodinamismi (correnti, moto ondoso etc.) le trasportano lontano.

Crambe crambe
La spugna dello spondilo, così detta perché abitualmente ricopre la valva superiore dello spondilo.

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