Marcello Di Francesco

Presentazione e intervista di Umberto Natoli

Talento, passione, studio e aggiornamento continuo della tecnica, sono le caratteristiche di un grande professionista della fotografia subacquea.


Uno straordinario e innato talento, e una volontà ferrea a farne una professione sono le due caratteristiche che contraddistinguono un grande protagonista dell'immagine subacquea, Marcello Di Francesco. Scrivere di lui è per me un grande piacere perché poche volte nella mia lunga vita giornalistica, e a stretto contatto con fotografi subacquei molto conosciuti e stimati, mi è capitato di veder affermarsi e crescere così rapidamente una qualità di livello professionale, tecnico e artistico, come la sua, al pari, ma in molti casi ben superiore a quella di tanti altri nomi noti e sulla scena da molto più tempo. Gli riconosco una naturale genialità nel costruire un prodotto fotografico dallo stile impeccabile, dinamico e per nulla artificioso. Ed è proprio questa la sua cifra stilistica, il taglio distintivo dei suoi lavori, che trasmette sempre una sensazione di spontaneità, in grado di raccontare un attimo di vita acquatica colto al volo, e di comunicare con grande efficacia estetica una sensazione emotiva, ma anche un'informazione su una particolare specie acquatica. Si capisce molto bene che nelle sue foto non c'è mai la ricerca di una costruzione artificiosa di un'inquadratura, manipolando vari elementi, ma un notevole gusto interpretativo nel saper fermare in uno scatto la bellezza di una visione subacquea. Lo conosco da non molto tempo; è stato in occasione di un simposio organizzato dalla FIPSAS per la squadra nazionale di agonismo fotografico subacqueo, ma è scattata subito la chimica della stima e della simpatia, per il suo tratto modesto e molto cordiale, con il sorriso sempre stampato sul volto e per la sua grande disponibilità.



La sua storia

La sua, come fotografo, è una storia breve, ma sicuramente molto intensa. Più lunga e progressiva, ma non di molto, è stata invece quella di subacqueo. Marcello nasce a La Spezia 47 anni fa e fin dalla più tenera età sguazza nel bel mare delle Cinque Terre che inizia a conoscere e amare sempre più, ma la sua per molto tempo è solamente una frequentazione superficiale, diciamo poco più che balneare, limitata al massimo a una nuotata con maschera e pinne. Poi, solo all'età di ben 27 anni, in occasione di un viaggio turistico alle Maldive, per praticare un'attività acquatica, una come tante altre possibili durante quella vacanza, frequenta un minicorso di iniziazione all'immersione subacquea, davvero molto basic, ma ne rimane affascinato. Prova da subito sensazioni forti e uno straordinario stato di benessere, e sente che scendere sott'acqua sia un qualcosa molto adatto ed appagante per la sua persona. Insomma una grande scoperta. Chiede così di proseguire nell'apprendimento e di iscriversi ad un corso vero e proprio open water, che completa in quei pochi giorni con grande entusiasmo. Quell'esperienza, se pur breve, si trasforma rapidamente in una vera e propria folgorazione. Riesce a muoversi da subito nell'ambiente liquido con grande tranquillità e senso di sicurezza, e l'attività subacquea da quei giorni assume un ruolo molto importante nella sua vita. Tutto avviene poi in rapida successione. Corso dopo corso, e un numero sempre più frequente e crescente di immersioni, fanno di lui un subacqueo molto preparato, fino a raggiungere il livello di istruttore PADI, attività questa che lo impegnerà per una decina d'anni con molta dedizione, affiancandola a una stagione di viaggi ricreativi in vari mari del mondo. L'ambiente della subacquea comincia a diventare per Marcello anche una fonte di lavoro, appunto come istruttore, per aiutarsi a sostenere le spese per le attrezzature e per finanziarsi le vacanze sub, sempre piuttosto costose, in paesi tropicali e non solo. Un'attività quindi da affiancare a quella sua principale di agente marittimo, iniziata al termine degli studi di ragioneria e di giurisprudenza.


In tutto questo periodo alla fotografia ci si dedicava solo molto marginalmente e non era ancora entrata nei suoi interessi. Infatti solo 12 anni fa, decide di comprarsi una compattina Canon con una custodia in policarbonato, giusto per fare qualche scatto ai suoi allievi, e la usa senza nessuna pretesa, solo per documentazione, come si farebbe normalmente, ad esempio, con la funzione fotografica di un cellulare. Certo, inizialmente erano scatti ingenui da principiante, ma in tempi piuttosto rapidi i risultati migliorano costantemente nella tecnica e anche nei contenuti; così la compattina diventa ben presto una compagna inseparabile delle sue immersioni. Pian piano intuisce sempre più le potenzialità del mezzo, gli enormi spazi di miglioramento e le infinite possibilità di documentazione che può offrire il messaggio fotografico.

 
 

Poi 8 anni fa, anzi, incredibilmente solo 8 anni fa, quando di anni ne aveva già 39, in occasione di un viaggio alle Filippine, decide di fare il grande salto e investe in un corredo reflex in custodia, anche se di primo livello, e in gran parte usato, costituito da una Canon 450D con sensore aps c, uno zoom fish eye Tokina 10-17 mm con un oblò sferico, un'ottica macro da 60 mm con un oblò piano, e due flash INON Z240 nuovi. La svolta è sicuramente molto impegnativa. Si cimenta infatti con un sistema mai usato, soprattutto con un’ottica supergrandangolare e con doppi flash, non facilissimi da gestire per chi non ha specifica esperienza, ma la nuova sfida non lo spaventa. Grazie ad una passione sempre crescente che lo porta ad assorbire come una spugna nozioni e tecniche di fotografia subacquea apprese semplicemente da libri e articoli di riviste specializzate sull'argomento, ci arriva comunque preparato, anche se ovviamente fino a quel momento è solo pura teoria, dopo il lungo tirocinio di qualche anno con il limitato zoom della compattina. Certo la bellezza di quel mare è stata molto ruffiana, e Marcello da subito comincia a scattare immagini colorate e piacevolissime.


Riprende di tutto, dai pesci agli animaletti di barriera, ai compagni subacquei, e il livello complessivo dei suoi scatti lo sorprende e lo emoziona; non se l'aspettava davvero. Superato lo scotto delle prime due immersioni con l’ingombrante custodia tra le mani, e dei primissimi fallimenti totali, soprattutto usando il fish eye, si concentra come un monaco zen a riflettere sugli errori, e su come rimediare alla demoralizzante presenza all’interno dell’inquadratura di braccia, gambe e mezze figure dei compagni d’immersione, e alla bruttissima visione ai due margini laterali addirittura delle parabole dei flash che sparano luce tra una nuvola di puntini bianchi. Per prima cosa capisce che nella maggior parte delle situazioni deve avvicinarsi il più possibile ad un soggetto, addirittura fino a pochi centimetri dall’oblò, e metterlo in relazione con lo sfondo, esasperando l’effetto grandangolare. Poi trova finalmente la giusta posizione dei due flash, allontanandoli molto dalla custodia e arretrandoli, finalmente fuori dall’inquadratura, e in ultimo si impone di verificare con attenzione la presenza di elementi di disturbo nel vasto campo ripreso dal supergrandangolare. Usa impostazioni manuali molto di base, ma valide per la quasi totalità delle situazioni: sensibilità attorno ai 100 ISO, diaframma f/5,6 o F/8 e tempi attorno a 1/100. Con rapidità sorprendente supera tutti i problemi tecnici e acquisisce un’ottima manualità con l’attrezzatura, ma principalmente prova l’intimo piacere che il taglio delle sue inquadrature lo soddisfano appieno, e soprattutto trovano l’ammirazione sincera dei suoi compagni di vacanza. E pensare che fino a pochi giorni prima non aveva mai adoperato una simile configurazione di fotocamera, obiettivi, custodia e flash. Proprio in quell'occasione vive l'emozione profonda di una nuova grande scoperta nella sua vita, ben al di là di un semplice interesse hobbistico: provare il grande piacere di impegnarsi nella fotografia subacquea di alto livello. E' stato solo un inizio, con parametri fotografici sicuramente di base, ma corretti, e da subito ha capito che la strada era quella giusta per partire verso un'evoluzione tecnica più ragionata e articolata. Quel viaggio, che gli rimarrà sicuramente ben impresso nella memoria, ha rappresentato infatti una svolta importante.


Da quel momento, confortato dai risultati sicuramente incoraggianti, che avevano ormai trasformato un semplice interesse per l’immagine subacquea in una grande passione, decide di impegnarsi a fondo nel perfezionare tutti gli aspetti della ripresa, ma si accorge già dalle prime esperienze che la fotografia, ormai divenuta da qualche tempo totalmente digitale, non poteva prescindere da un’ampia e approfondita conoscenza degli interventi di postproduzione. Anzi, entrato in contatto con altri bravi fotografi, tra cui nomi pure molto noti nell’ambiente, si accorge, anche con un certo stupore, che la maggior parte di questi, almeno in quegli anni, avevano solo una conoscenza di base, davvero molto generica, di programmi di editing come Adobe Photoshop o Lightroom, e che in pratica non erano in grado di sfruttare compiutamente tutte le potenzialità delle loro fotocamere pur se molto avanzate. Capisce infatti che per ottenere il massimo dalla fotografia digitale, bisogna tener conto che questa è in pratica frutto di una catena di montaggio imprescindibile che nasce dalle impostazioni dei parametri della fotocamera e del suo sensore, già pensati in funzione di come poi si potrà intervenire per ottenere un determinato risultato qualitativo e cromatico. Decide quindi di studiare a fondo questi aspetti, che oltretutto necessitano di molta applicazione, e che sono caratterizzati da una certa complessità. Questo è il motivo principale della scarsa diffusione delle tecniche avanzate di postproduzione tra molti fotografi. Oltretutto non basta solo l’apprendimento; occorre anche esercitarsi con buona frequenza, altrimenti se ne perde la necessaria manualità e la sequenza mnemonica delle procedure.


Per Marcello l’impegno iniziale è stato notevole e per molti aspetti anche noioso. Comandi, funzioni e procedure sono davvero tanti e non di immediato apprendimento, ma non si scoraggia. I buoni risultati non tardano ad arrivare e gli aprono un mondo straordinariamente stimolante: quello dell’alta fotografia. Ma da subito si impone una regola ferrea: quella di intervenire solo per valorizzare la qualità del file, soprattutto sotto l’aspetto espositivo e cromatico e di eliminare qualche piccolo difetto, come la presenza di alcuni puntini bianchi, ma rispettando totalmente il contenuto dell’immagine fotografica, che ritiene debba rimanere assolutamente tale, altrimenti non si tratta più di fotografia, ma di un’elaborazione grafica spacciata per fotografia, che inevitabilmente, come dice lui, puzza di falso. Di pari passo con il crescere della sua abilità in postproduzione, Marcello aggiorna con una certa rapidità, anzi si potrebbe dire anche con una certa irrequietezza, le sue attrezzature fotografiche subacquee, particolarmente i corpi macchina, ma il motivo è presto spiegabile. La sua ormai acquisita padronanza di programmi come Photoshop e Lightroom, gli consentono di monitorare, apprezzare e sfruttare al massimo, anche con notevole raffinatezza, le crescenti migliorie dei sensori, aspetto questo non certo nelle capacità di tutti i fotografi. Alla Canon 450D sostituisce, quasi in rapida sequenza, altri modelli Canon, la 60D e la 7D, sempre rimanendo nel formato aps c, mantenendo comunque l’ottimo obiettivo Tokina fish eye 10/17 mm. Poi in tempi più recenti effettua il grande salto alla qualità elevatissima e definitiva del pieno formato con la Canon 5D Mark III e le ottiche Canon dedicate come il fish eye 8/15 mm, il 17/40 mm e il macro da 100 mm, passando quindi al modello successivo Canon 5D Mark IV. In tempi recentissimi ha aggiunto la nuova Canon pieno formato mirrorless R6 che sta ancora testando. I suoi prodotti fotografi sono ormai di livello molto alto, e questo risultato ormai ben consolidato, lo ha raggiunto in un arco di tempo brevissimo, solo pochi anni.


La sua applicazione e la sua perseveranza, ma prima di tutto, ovviamente, il suo naturale talento, sono stati ben ripagati. Capisce da quel momento che la fotografia potrebbe diventare molto di più di una passione, e con la giusta dedizione anche una vera professione, anche perché l’impegno economico per mantenere l’attrezzatura sempre aggiornata è piuttosto elevato. Come aveva fatto in passato con l’attività di istruttore, cerca infatti di farne un secondo lavoro, e si propone come fotografo ad aziende del settore e a tour operator specializzati: sicuramente un ambiente numericamente limitato e difficile, ma la qualità dei suoi lavori è molto convincente e ottiene così i primi incarichi importanti. A questo Marcello aggiunge un’altra attività che si rivelerà da subito vincente: proporsi come docente di fotografia subacquea e di tecniche di postproduzione: un impegno che lo appaga e lo entusiasma. Sfruttando la sua naturale inclinazione all’insegnamento, una caratteristica caratteriale, anzi una dote davvero preziosa, che gli consente di trasmettere con grande generosità e gioia le sue conoscenze agli altri, inizia ad organizzare una serie di corsi in giro per l’Italia o in occasione di viaggi subacquei. Il successo è stato immediato, anche perché il suo entusiasmo è contagioso e si crea subito una grande empatia con i suoi allievi, verso i quali non ha segreti e trasmette con grande generosità la sua esperienza.

 

Intervista a Marcello Di Francesco


Per raccontare meglio Marcello Di Francesco, ho voluto rivolgergli qualche domanda sulla sua tecnica e sulle sue scelte, che sicuramente possono essere indicazioni preziose per i lettori che si avvicinano all’affascinante mondo dell’immagine subacquea.



D.

Cosa rappresenta per te la fotografia subacquea.

R.

Sicuramente la prima cosa che mi viene in mente è che per me la fotografia è il mezzo, il tramite per esplorare il mondo, perché sono riuscito a farne anche un lavoro. Fin da ragazzo ero affascinato dai documentari di terre e mari lontani, e sognavo sempre di potermi permettere un giorno di poterli visitare. Se mi si chiede qual'è il mio personale concetto di felicità, la prima cosa che mi viene in mente è proprio l'appagamento del desiderio di partire verso mete lontane e meravigliose, soprattutto di mare. E cosa c'è di meglio di poterlo fare raccontando la suggestiva bellezza della natura e l'affascinante presenza dell'uomo, se non con la macchina fotografica. Un viaggio inteso come reportage, documentazione, ricerca, assume tutto un altro significato, tutto un altro sapore, rispetto a quella che può essere semplicemente definita una vacanza. Porti a casa un risultato, una testimonianza, un valore estetico, e direi anche artistico. Grazie proprio alla fotografia riesco ad esaudire il mio grande desiderio di viaggiare sostenendomi nelle spese, e non solo. La possibilità di riportare una documentazione fotografica professionale è anche il mezzo per poter organizzare esplorazioni di mete difficili da raggiungere, talvolta quasi inesplorate e vergini, soprattutto di mare, che normalmente non sono assolutamente visitabili tramite i tradizionali circuiti turistici. Comunque devo affermare, per quanto ovviamente mi appassioni questa attività di fotografo, che se tutto questo non fosse più possibile, non so se continuerei a dedicarle tanto impegno e tante risorse come ora. Ma torno a risponderti più strettamente sul mio rapporto diretto con la fotografia subacquea. Personalmente la vivo come il piacere di presentare a chi non pratica immersioni le immagini del mondo sommerso. Vedere lo stupore e l'ammirazione negli occhi delle persone che osservano i miei lavori in occasione di mostre o proiezioni, e spiegarli anche attraverso i miei racconti e presentazioni, è per me una grandissima gioia, che mi ripaga di tanto impegno. La condivisione con gli altri è sempre stato quindi lo stimolo a migliorarmi continuamente, e in questo rientra anche la mia particolare passione per l'insegnamento, a cui dedico molte delle mie risorse e del mio tempo. Portare un principiante di fotografia subacquea ad un livello più elevato di conoscenza e abilità è per me una grande soddisfazione, anche perché caratterialmente mi ritengo una persona che non ha segreti. Se vuoi insegnare devi necessariamente essere generoso verso gli allievi, e trasmettergli il più possibile la tua esperienza e le tue conoscenze. In questo devo dire che ho da parte di chi frequenta i miei corsi dei riscontri molto gratificanti, e finiamo praticamente sempre col diventare amici. Insomma, nel tempo ho messo su una bella squadra con la quale rimaniamo sempre in contatto.



D.

Qual è il tuo rapporto con gli aspetti tecnici della fotografia subacquea.

R.

Mi affascina molto conoscere le prestazioni sempre più aggiornate delle attrezzature e sfruttarle pienamente, ma non mi definisco assolutamente un tecnicista. Mi spiego meglio. Comincio col dire che la mia tecnica di ripresa rispetta sempre i canoni basilari, essenziali e classici della fotografia, direi quasi francescani. Tendo infatti ad usare l'impostazione manuale di tempi e diaframmi, e della potenza dei flash, cercando in base alla mia esperienza di adeguare questi parametri all'intensità della luce ambiente che mi avvolge. Ovviamente poi posso intervenire creativamente con delle sovra o sottoesposizioni mirate. Gli automatismi quindi li uso poco, solo in particolari situazioni che poi ti spiego più in dettaglio. Quello che invece cerco di sfruttare al massimo, sono proprio le prestazioni dei sensori più evoluti, e in questo gli ultimissimi modelli di fotocamere sono davvero straordinari, consentendomi di utilizzare sensibilità ISO molto alte, pur mantenendo una grande qualità complessiva del file, impensabile fino ad alcuni anni fa. Ciò mi consente di recuperare quanta più luminosità possibile, anche in condizioni di scarsa luce ambiente, come ad esempio all'interno di un relitto, o di zone in ombra, o in profondità, ma altro aspetto molto importante, mi consente anche di impostare diaframmi molto chiusi che aumentano notevolmente la profondità di campo. Riesco così ad ottenere immagini molto nitide di tutti i particolari e su tutti i piani di fuoco del campo ripreso, e soprattutto riesco ad ottenere il notevole risultato estetico di eliminare le bruttissime sfocature sui bordi estremi dell'immagine, quando si utilizza il fish eye con l'oblò correttore e con i diaframmi impostati su valori medi. Con queste alte sensibilità la potenza dei flash la utilizzo in genere ai valori minimi, giusto per schiarire le ombre nette e per far riesplodere la fantasmagoria dei colori, spariti in profondità per effetto del fenomeno fisico dell'assorbimento selettivo. Generalmente su un soggetto che mi interessa effettuo una ricerca estetica effettuando numerosi scatti con valori esposimetrici leggermente diversi o con alcune variazioni nell'angolo dell'inquadratura. Infatti talvolta può essere anche un piccolo spostamento del punto di ripresa che fa la differenza tra una foto che si può definire semplicemente buona, in un'immagine invece bellissima. Come soggetti, posso dire che mi interessano tutti, dalla ripresa macro con un obiettivo da 60 mm o da 100 mm, alla ripresa con il supergrandangolare, ma se devo esprimere una preferenza, sicuramente proprio con il supergrandangolare fish eye mi sento più a mio agio e più in grado di esprimere la mia creatività, sfruttandone il grande senso di spazialità che offre. I soggetti che preferisco sono sempre relativi alla vita marina e la figura umana non è mai molto espressa nelle mie immagini, a meno che non debba documentare, ad esempio, l'esplorazione di un relitto, dove la presenza di un sub o di un gruppo di sub esprimono un'azione ben definita e diventano quindi protagonisti. La presenza umana diviene invece importante, ovviamente, nelle foto scattate a fini pubblicitari, ma in questo caso l'esasperazione prospettica del fish eye distorce eccessivamente il soggetto, quindi uso un grandangolare più moderato come lo zoom 17/40 mm.

Tornando invece alle prestazioni tecniche dell'attrezzatura, sono proprio queste che cerco di aggiornare continuamente, appena escono i modelli di ultima generazione. Come hai già osservato tu, Umberto, ammetto che lo faccio pure con una certa irrequietezza, anche se l'impegno economico è notevole, ma cerco sempre di seguire la logica dei reali miglioramenti della qualità e della performance. Questo mi deriva dallo studio e dalla conoscenza approfondita dei processi di postproduzione, che ritengo essenziali e preziosissimi per ogni fotografo, perché solo attraverso il loro giusto utilizzo si è realmente in grado di conoscere e valutare l'effettiva qualità di una fotocamera partendo dalla lavorazione di un file grezzo nativo, il raw per intenderci, e quindi si può ben capire ad esempio la capacità del sensore di restituire particolari ben incisi e privi di grana e un'ottima gamma cromatica anche in condizioni di scarsa luminosità, di offrire una grande latitudine di posa con possibilità di estrarre molti dettagli dalle ombre, o di non bruciare le alte luci. Fino a questo momento il livello tecnico che più mi ha soddisfatto mi è stato dato dalla Canon 5D Mark IV, in accoppiata con lo zoom fish eye 8/15 mm e l'oblò correttore da 9 pollici in custodia Nauticam, che ho considerato il mio cavallo di battaglia. Di questa fotocamera ho apprezzato in particolare la grande qualità d'immagine che sa restituire anche ad alti ISO e la notevole lavorabilità del file raw nativo in postproduzione; inoltre ha un'ottima capacità di scattare a raffica immagini al massimo della qualità. Per questo utilizzo ho trovato due straordinari alleati, gli italianissimi flash ONEUW, la cui potenza e capacità di ricarica rapidissima possono accompagnare gli scatti in sequenza, oltretutto erogando sempre un fascio di luce molto caldo e straordinariamente ben distribuito su tutta l'inquadratura fino ai bordi. E' questo uno dei pochi casi in cui mi affido completamente agli automatismi di fotocamera e flash, per concentrarmi esclusivamente sull'immagine, come ad esempio in occasione di un mio recente incontro maldiviano con un branco di mante che compivano veloci evoluzioni attorno a me. Pensavo solo a inquadrare e scattare a raffica. Attualmente sono passato al sistema mirrorless a pieno formato della Canon con il modello R6. Sicuramente ormai il sistema reflex è sul viale del tramonto, e il mirroless rappresenta il futuro, con prestazioni sempre più veloci e pesi e ingombri molto più ridotti. Su questo modello, anzi su questo nuovo standard, non ho assolutamente nulla da obiettare sotto l'aspetto della qualità del file, ma per quanto riguarda la visione e quindi il controllo dell'immagine e la piena fruibilità dei comandi e delle funzioni devo ancora testarlo adeguatamente.



D.

Ti ritieni un reporter del mare o preferisci essere definito un attento professionista, costruttore di immagini ad alto contenuto tecnico?

R.

Marcello mi guarda serio per qualche secondo, poi con un gran sorriso mi dice: sicuramente mi piace molto di più essere definito un reporter del mare. Però farei un distinguo. Un conto sono gli incarichi professionali, prevalentemente legati alla pubblicità, dove l'immagine è frutto di una programmazione, e deve essere prima di tutto pensata per risultare sommamente ed esaurientemente descrittiva di un particolare prodotto o attrezzatura, e quindi molto pulita, tecnicamente perfetta, e molto accattivante sotto il profilo estetico, e in alcuni casi pensata per rendere particolari effetti, ad esempio di dinamicità. E' evidente che tutto questo è frutto di un lavoro di squadra con assistenti e modelli subacquei, e intervengono anche altri aspetti che non si possono improvvisare, e che vanno ben definiti prima, come la scelta del luogo dell'immersione, l'orario e la posizione del sole. Ben diversa è invece la mia attività di fotografo libero di immortalare e interpretare il mondo subacqueo, dove posso esprimere la mia creatività e il mio spirito d'osservazione. Questo è l'aspetto che più mi coinvolge emotivamente. Appena scarico il gav e scendo in immersione mi affascina sempre l'idea dell'imprevisto, di stupirmi per un possibile incontro con una specie rara, o per l'intuizione di una bellissima inquadratura. Mi piace sentirmi libero di esplorare, di scoprire, e di cogliere quello che la bellezza e il mistero del mare mi offre, anzi, di tutti i mari del mondo che riesco ad esplorare nei miei viaggi. In questo mi sento sicuramente un reporter del mondo subacqueo, e spero di continuare a farlo per tutta la vita con la gioia e l'entusiasmo che mi hanno sempre accompagnato.

 
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