Prima di addentrarci nell’argomento e conoscere le sue opinioni e i suoi consigli, diamo anche qualche notizia sulla persona, come sempre facciamo nelle nostre interviste, e sulla sua storia professionale, per capire come si arriva a maturare nel tempo un invidiabile bagaglio di conoscenze sul campo come le sue.
Pietro nasce 56 anni fa a Genova, una città dove si vive uno storico, profondo e intimo rapporto con la cultura del mare, soprattutto con il mondo delle attività subacquee che qui hanno vissuto un’affascinante e intensa attività pionieristica, poco paragonabile con quella di altri luoghi del mondo. In un ambiente così stimolante, fin da ragazzino, con maschera, pinne e un fuciletto, nelle stagioni calde e nel tempo libero dagli impegni scolastici, corre a tuffarsi dalle tante belle scogliere che incoronano le vicinanze della città, e soprattutto, seguendo la famiglia nelle vacanze estive, consolida la sua esperienza nelle acque di Bergeggi, vicino Savona. Negli anni giovanili affianca all'interesse per il mondo subacqueo anche quello per lo sci, ma è il suo splendido mare ad attrarlo sempre più, e col tempo la sua abilità di apneista cresce di pari passo con la sua passione; le sue attrezzature diventano sempre più sofisticate, e ben presto arriva a completare la sua formazione di subacqueo seguendo un corso per l’uso dell’autorespiratore.
Conseguita la maturità scientifica, si iscrive alla facoltà di Ingegneria Navale e Meccanica, e in quegli anni apprende anche i primi rudimenti sui programmi di progettazione CAD, rimanendone molto affascinato, anche perché si accorge di esserci particolarmente portato, ottenendo con una certa rapidità risultati sempre più incoraggianti. Decide quindi di dedicarsi anima e corpo a questa specializzazione, tanto da farne una professione, e inizia così a lavorare in uno studio tecnico di una società che produce facciate vetrate continue. Ma la grande svolta arriva a 32 anni nel 1998, quando nel mercato del lavoro viene a sapere che la Cressi cercava proprio un esperto di programmi CAD. Si propone all'azienda e il colloquio di prova va bene; non avrebbe potuto chiedere di meglio: lavorare in un settore che aveva sempre amato e in una grande azienda che ha fatto la storia delle attrezzature subacquee, e per di più nella sua amata Genova. Così da quel lontano giorno di 24 anni fa, Pietro Micillo entra anche lui nella grande famiglia di Via Gelasio Adamoli 501 a Genova, nella prestigiosa Cressi Sub. Erano proprio gli anni che finita l’era del disegno tecnico prevalentemente manuale, la produzione industriale iniziava a sfruttare su più vasta scala i grandi vantaggi progettuali e di calcolo dei programmi CAD.
Da subito Pietro inizia a lavorare direttamente al fianco del sig. Antonio Cressi, maturando specifiche esperienze in particolare nella realizzazione di mute e di giubbetti equilibratori, attrezzature per le quali le nuove tecnologie computerizzate aiutavano notevolmente ad ottimizzare e armonizzare ogni aspetto tecnico e qualitativo. Tuttavia ogni fase progettuale non poteva assolutamente prescindere da una profonda e completa conoscenza dei materiali utilizzati, che oltretutto deve essere aggiornata di continuo. Si specializza così nella complessa offerta di mercato dei teli di neoprene, tecnicamente in continua evoluzione e prodotti in varie parti del mondo. Un settore sicuramente stimolante e molto frequentemente effervescente di novità, ma da seguire sempre con mille attenzioni, perché gli standard qualitativi dei vari produttori, specialmente asiatici, possono essere piuttosto discontinui e altalenanti. Pietro matura così nel tempo un'esperienza davvero invidiabile, anche perché, già da diversi anni, affianca il sig. Antonio Cressi nei test scrupolosissimi che effettuano direttamente in piscina e in mare su questo tipo di attrezzature.
D.
Pietro aiutaci a capire il complesso settore delle mute subacquee, per molti aspetti molto dispersivo, per la grande varietà di modelli e soluzioni offerte dal mercato, che spesso disorientano proprio chi si avvicina per la prima volta a questo sport, e che deve fare le opportune scelte nell'acquisto.
R.
Si, mi rendo conto che il mercato offre una varietà notevole di modelli e di materiali utilizzati, in termini di tipo di neoprene, di fodere e di sistemi di assemblaggio e cucitura, disorientando talvolta le scelte per un acquisto, e infatti inizierei a chiarire subito alcuni concetti, tralasciando al momento il settore a se stante delle mute stagne in neoprene precompresso, di cui parleremo più diffusamente in un'altra occasione, e focalizziamoci sul tipo di mute cosiddette umide. Per svolgere la loro funzione di protezione dal freddo i produttori devono intervenire su quattro fattori: il tipo di neoprene utilizzato, il tipo di fodera interna e esterna che lo riveste, il disegno attorno al corpo del sub e l'assemblaggio dei vari pezzi. Questi ultimi due aspetti sono importantissimi tanto quanto la scelta dei materiali. In quest'ambito la prima grande differenziazione va fatta tra le mute destinate essenzialmente al nuoto di superficie e allo snorkeling, e quelle destinate all'immersione subacquea. Per capirne le sostanziali differenze, teniamo conto che le prime devono avere buone caratteristiche di galleggiabilità per aiutare il nuotatore a sostenere il corpo in superficie, le seconde invece devono ridurre al minimo possibile il fenomeno dello schiacciamento del neoprene con l'aumentare della profondità, che altrimenti avrebbe un effetto negativo sulla risposta termica. Al tipo da superficie aggiungerei altre due caratteristiche a cui deve porre attenzione il progettista: la rapidità all'asciugatura e la riduzione dell'attrito prodotto dello scorrimento dell'acqua sulla fodera, per aumentare, ad esempio, la velocità in una competizione di nuoto.
Il materiale di base utilizzato per la realizzazione di una muta è la schiuma neoprenica, comunemente detta neoprene, che in questo ultimo decennio, ma addirittura in tempi ancora più recenti, ha raggiunto livelli qualitativi notevoli, ed è cambiata radicalmente la materia prima da cui viene ricavata. Prima si utilizzava un prodotto petrolchimico derivato dal carbon fossile, mentre oggi si ottiene per estrazione da un minerale, il limestone. Oltre alle migliori caratteristiche qualitative del foglio di neoprene, si è ridotto drasticamente l'impatto ambientale della fase realizzativa con un'eliminazione fino al 72% della produzione di CO2, che invece inevitabilmente comportava la precedente lavorazione del prodotto. Non da meno è stata l'evoluzione dei materiali di rivestimento esterni e interni, quindi delle fodere. La semplice definizione di tessuti in nylon o in poliestere è quanto meno riduttiva, in quanto in quest'ambito oggi la chimica industriale ne offre di varie tipologie con diverse caratteristiche e anche molto performanti. Quindi la nostra sfida più recente è proprio concentrata nel cercare la migliore combinazione possibile di questi materiali di ultimissima generazione. E' una ricerca molto stimolante, anche se di un certo impegno, ma le soddisfazioni non mancano. Posso senz'altro affermare che una muta umida di oggi, a parità di spessore e di prezzo, offre prestazioni assolutamente superiori a quelle di soli pochi anni addietro. Senza entrare in particolari estremamente tecnici, poco comprensibili e sicuramente un po' noiosi per i non addetti ai lavori, spieghiamo ciò che interessa ad un subacqueo da un punto di vista pratico. La prima caratteristica apprezzabile già al tatto di un modello di muta aggiornato, è sicuramente la morbidezza e la conseguente elasticità. Ciò si traduce in un'aumentata facilità di vestizione e svestizione, un vantaggio sicuramente non da poco, ma anche in una maggiore adesione al corpo, che limita, se non addirittura elimina quasi del tutto, gli spessori morti e quindi lo scorrere di un velo d'acqua all'interno della muta. Ovviamente la mobilità di tutto il corpo, specialmente di gambe e braccia risulta più facilitata con una sensazione di comfort sicuramente migliorata. Un altro vantaggio molto importante è che l'aumentata elasticità consente un più facile adattamento sul corpo delle taglie standard disponibili. Consideriamo che le mute di penultima generazione, quindi di qualche anno fa, questa caratteristica in alcuni casi l'avevano già raggiunta, ma a discapito della protezione termica. Infatti il foglio neoprenico veniva realizzato con schiuma a cellule d'aria grandi, e quindi si otteneva così un materiale più morbido, ma non appena si scendeva in profondità, con l'aumentare della pressione, il volume d'aria all'interno delle cellule si riduceva drasticamente, rendendo lo spessore della muta estremamente sottile. E' evidente che si riduceva proporzionalmente anche la protezione termica data proprio dallo spessore della muta, che proprio nelle quote più profonde e più fredde diventava troppo sottile e molto meno efficace. Oggi possiamo dire invece che i nuovi fogli di neoprene mantengono una grande elasticità anche se sono realizzati con schiuma piuttosto densa, e quindi poco comprimibile in profondità, conservando quindi le migliori caratteristiche di protezione dal freddo. Come ho accennato prima, anche le fodere di recente realizzazione, che oltretutto migliorano sempre più di anno in anno, sia esterne che interne, e mi riferisco pure al cosiddetto plush interno spugnoso che va a contatto con la pelle, hanno caratteristiche tecniche innovative, che oltre ad offrire una notevole elasticità, di pari passo con il neoprene, aiutano in maniera importante a contenere la dispersione di calore, addirittura in alcuni casi attivando una sorta di effetto specchiante, rimandando il calore stesso verso il corpo. E' importante considerare che questo effetto di ritorno del calore risulta molto utile anche negli spostamenti fuori dall'acqua, specialmente al termine di un'immersione e con temperature basse, assenza di sole e presenza di vento. Il corpo del sub, anche se ovviamente bagnato, mantiene tuttavia un comfort più che accettabile. Quindi i tre materiali, ossia neoprene, più fodera esterna e plush interno, attivano una sorta di azione combinata molto efficace. Per chiudere il discorso sui materiali, specifichiamo che per le mute da nuoto in superficie, si può tranquillamente usare schiuma neoprenica a cellule larghe, morbidissima e sicuramente più economica, ma da accoppiare preferibilmente con fodera esterna liscia, che come abbiamo detto, consente un maggiore scivolamento dell'acqua sulla superficie e si asciuga rapidamente.
Parliamo ora di assemblaggio dei tre materiali. E anche se a una persona poco esperta può sembrare marginale, il collante che serve ad unire le fodere al telo di neoprene riveste una certa importanza. Il processo di lavorazione, che si chiama laminazione, deve assicurare prima di tutto che nel tempo sia la fodera esterna che il plush interno, entrambe in nylon o poliestere, non si stacchino dal neoprene, come avveniva sovente dopo un certo uso nelle mute di un po di anni fa. Oggi in aggiunta, si richiede un'altra caratteristica. Abbiamo parlato prima della grande elasticità offerta dai nuovi materiali di fodere e neoprene, che si mantiene anche quando vengono uniti, ma è molto importante che anche il velo di collante che li unisce da entrambe i lati, una volta essiccato non si irrigidisca, altrimenti vanificherebbe la risposta elastica della muta. Anche in questo le nuove tecnologie ci hanno offerto una colla di laminazione a base d'acqua estremamente resistente, non tossica e priva di solventi, denominata Aqua Alpha, che è pure caratterizzata da grande elasticità.
Spero, da quanto detto, che i lettori si siano fatti un'idea esaustiva sulle ultime interessanti evoluzioni dei materiali che compongono una muta subacquea, e come questi interagiscono. Ma questo è solo l'inizio, poi, partendo dalle materie prime la muta prende forma dopo una riflessione sul tipo che si vuole realizzare in funzione dell'uso a cui è destinata, sulla fascia di prezzo che si vuole mantenere, per passare quindi alla fase progettuale e infine alla realizzazione e al collaudo.
D.
Ti chiediamo infatti di spiegarci come nasce il progetto di una muta, soprattutto per capire le differenze tra un modello e l'altro, che spesso non sono molto chiare per un subacqueo, soprattutto agli inizi, e confondono parecchio al momento della scelta.
R.
Questa è la fase sicuramente più stimolante, ossia la progettazione della muta attorno al corpo del sub, e bisogna tener conto di un insieme di tanti fattori. Un tempo quest'indumento protettivo veniva concepito e realizzato con classici criteri sartoriali, proprio come un abito, e questo avviene ancora oggi presso piccoli laboratori artigianali che realizzano mute su misura, i cui costi però non possono che essere inevitabilmente piuttosto alti. La tecnologia computerizzata, e mi riferisco sia ai sistemi CAD, ma anche ad altri software, ha cambiato profondamente la fase progettuale, sostituendola del tutto al disegno sostanzialmente manuale. Io credo molto in questa evoluzione e infatti dopo una lunga ricerca sono riuscito a trovare nel 2014 un software che mi permette di elaborare un'idea di muta in 3D, creato da una software house italo tedesca, la Assyst, e denominato Vidya 3d. Questo sistema è stato concepito proprio per elaborazioni sartoriali, poi aggiornato e adattato alle nostre esigenze. Cerco di spiegarvi ora in sommi capo quanto lavoro e quanto pensiero progettuale c'è dietro la realizzazione di un modello di muta di un certo livello, che la maggior parte dei subacquei non sospetta nemmeno. In pratica si parte da un manichino virtuale tridimensionale e si procede iniziando dalle parti del corpo da proteggere maggiormente dal raffreddamento, quindi prevalentemente attorno al torace, all'apparato addominale e ai reni, e si disegnano le varie pezze avvolgenti, tenendo presente la diversa risposta termica, già calcolata e conosciuta in base allo spessore dei tessuti finiti, quindi neoprene più fodere. Si procede quindi ad aggiungere progressivamente altre pezze di diverso spessore su braccia e gambe. Il motivo di questa differenziazione è che una volta raggiunto il livello di protezione termica ottimale nelle parti più sensibili del corpo, è preferibile favorire altre funzioni come la facilità a muovere gambe e braccia: obiettivo più facilmente raggiungibile con l'utilizzo di fogli di neoprene più sottile, ma sempre molto coibentanti.
Un tempo invece anche le mute di alto livello erano ricavate da un unico tipo di tessuto, e specialmente quelle di spessore più pesante erano notevolmente più rigide e scomode da indossare. Oggi tutto è cambiato e infatti molti vecchi subacquei stentano a credere che mute morbidissime al tatto e abbastanza leggere possano essere destinate ad acque particolarmente fredde. Tornando alla fase progettuale, il programma 3D ci consente di calcolare anche il grado di aderenza alla pelle delle varie pezze in base alle taglie e di ottimizzare addirittura il disegno e la posizione dei punti di giunzione, quindi di cucitura, riducendo la possibilità che durante i movimenti e il nuoto del subacqueo si possano creare sacche e rigonfiamenti. A questo primo fondamentale lavoro di base, il disegno della muta si completa con eventuali ulteriori sovrapposizioni di tessuti protettivi dagli sfregamenti su ginocchia, glutei e spalle, e con l'eventuale aggiunta di cerniere ai polsi e alle caviglie con sottostante applicazione di un tessuto gommato morbidissimo e stagno, come meglio illustrato nelle immagini a corredo di questo articolo. Insomma oggi riusciamo a creare un prodotto veramente avanzato, molto rifinito ed estremamente funzionale. Unico problema non di facilissima soluzione è quello della perfetta adattabilità delle taglie per tutti i subacquei. Per chi ha un fisico snello e regolare il problema non si pone, ma... E qui Pietro Micillo si ferma un attimo e con un sorriso aggiunge: a noi italiani piace molto la buona cucina e soprattutto un buon piatto di pasta, e sicuramente il giro vita in molte persone è fuori standard, ossia le misure del corpo non corrispondono fedelmente alle proporzioni del cosiddetto normotipo europeo, sul quale, per convenzione internazionale vengono riferite le taglie merceologiche dell'abbigliamento. Ma questo aspetto non riguarda solo noi. Anche in nord Europa dove amano bere molta birra e molti alcolici, persone con un po di pancia sono molto diffuse. E' ovvio che tutti i costruttori di mute tengono presente questo aspetto, offrendo in genere per la stessa taglia un paio di misure calibrate. Ultimamente e fortunatamente la grande elasticità dei materiali in neoprene, nylon e poliestere che la tecnologia più aggiornata ci mette a disposizione, riesce a sopperire a molte piccole differenze di taglia. Purtroppo non si può andare oltre, perché realizzare ulteriori taglie calibrate genererebbe un incremento di investimenti notevole che influenzerebbe eccessivamente il prezzo finale della muta. Comunque se non si riesce proprio a trovare la propria taglia, ma il problema in realtà è in larga percentuale superabile, si può sempre ricorre ad una piccola modifica sartoriale di un artigiano con una spesa di qualche decina di euro.
D.
Ora che ci hai spiegato in maniera davvero esauriente di cosa è fatta e come si progetta e si realizza una muta umida, condizione imprescindibile per conoscere e per capire su quali tipologie bisogna orientarsi in funzione delle proprie esigenze, veniamo alla domanda molto pratica che sicuramente ti aspetti, ossia come orientarsi nella selva di modelli offerti dal mercato e che consigli ci dai nella scelta, tra questi, della muta più adatta a noi.
R.
In questo caso la mia risposta non è solo da tecnico esperto del settore e proggettista, ma anche di subacqueo di vecchia data, che vive a stretto contatto con le attività di circoli, scuole e diving. Ma andiamo per ordine. I tanti modelli presenti nei cataloghi praticamente di tutte le aziende, davvero tanti, hanno una prima distinzione fondamentale, ossia quelli destinati alle scuole e ai diving, quindi al noleggio, e quelli con caratteristiche qualitative elevate e molto più rifiniti, destinati invece proprio ad un uso personale. Tali differenze tecniche non sono immediatamente percepibili, se non per il prezzo, soprattutto per un neofita, e questo probabilmente è il principale motivo di confusione tra modelli molto simili. I primi, di disegno più essenziale, devono coniugare per quanto possibile il necessario confort con le caratteristiche di robustezza e resistenza necessarie per un uso intenso, anche se un po a discapito di altri aspetti come l'elasticità, che è decisamente meno accentuata rispetto ad altri modelli. Anche il taglio è volutamente un po più abbondante e meno preciso per consentire una maggiore adattabilità alle varie taglie delle persone; ciò inevitabilmente riduce le capacità di coibentazione dal freddo, sostanzialmente perché la minore aderenza favorisce la circolazione di tante piccole vie d'acqua. Ma veniamo invece alla tipologia più pregiata di mute subacquee ad uso personale, e anche tra queste possiamo fare tre distinzioni fondamentali: una serie leggera a basso spessore di neoprene, di 2 o 3 mm, dedicata alle attività subacquee di base, quindi snorkeling o immersioni in acque tropicali, e non certo da usare in immersioni in Mediterraneeo con autorespiratore, poi una seconda serie che comprende la prima fascia di prezzo di muta dedicata alle immersioni, quindi piuttosto economica, dello spessore di 5 mm. E' questa sicuramente la tipologia più commerciale e più diffusa da tanti anni e comprende sostanzialmente due modelli: uno intero monopezzo e l'altro in due pezzi divisi, pantaloni con salopette e giacca con cappuccio. Entrambe rappresentano un equilibrato compromesso tra un costo di prima fascia di circa 160 euro e buone prestazioni per immersioni prevalentemente estive e fino a quote da immersione ricreativa. Certo la qualità del neoprene e delle fodere offre una protezione dal freddo buona, ma non esaltante e la durata complessiva della muta si limita a qualche anno. Arriviamo quindi alla terza tipologia, che rappresenta l'apice della moderna produzione di mute umide, di cui abbiamo ampiamente trattato in quest'intervista e che tanto ci ha impegnato e appassionato in questi ultimi anni. E proprio su queste intendo esprimere il mio parere personale e dare i consigli che mi sono stati richiesti. Probabilmente la mia opinione non sarà in linea con quella di tanti istruttori, ma sono molto convinto delle mie riflessioni in merito. Sostengo infatti che se l'approccio all'attività subacquea è sostenuto da un solido interesse e da vera passione, che spinge a dedicare tempo e risorse economiche in un corso e in tutto l'equipaggiamento necessario, è proprio nella muta che ritengo si debba fare da subito il maggior investimento.
E' questa, assieme alla maschera, l'attrezzatura più importante per il confort, ma direi anche per la sicurezza del subacqueo. Una muta di alta gamma ci assicura infatti, fin dalle prime esperienze, una lunga e confortevole permanenza in acqua, presupposto fondamentale per godere appieno del mondo sommerso senza soffrire il freddo, il peggior nemico per i sub di ogni livello. Non solo. Una buona protezione termica assicura una lunghissima stagione di immersioni, che può andare dalla primavera fino all'inizio dell'inverno. Se invece l'esperienza subacquea è solo sperimentale, ossia non sappiamo ancora quanto ci potrà appassionare, oppure è poco frequente e legata solo a qualche immersione estiva, va benissimo una muta da 5 mm di prima fascia. Teniamo anche presente che da un punto di vista economico la differenza di costo tra la prima fascia, che abbiamo detto è di circa 160 euro e il livello superiore, è di circa altre 150 euro o poco meno, per arrivare infatti a circa 290/320 euro.
Nell'economia generale di tutto l'equipaggiamento non credo proprio che sia un incremento di spesa eccessivo, oltretutto in considerazione dei grandissimi vantaggi che comporta, che comunque può essere sottratto ad altri componenti come l'erogatore. Trovo infatti veramente assurda, ma è piuttosto diffusa, la tendenza a spendere da subito una cifra eccessiva appunto per l'erogatore, arrivando a cifre di 500/600 euro per strumenti adatti a immersioni impegnative o addirittura tecniche, ben oltre i limiti dell'immersione ricreativa, e magari risparmiando sulla muta. Invece spendendo tra 250 e circa 300 euro si può acquistare un ottimo erogatore, sicuro e performante, che ci accompagnera per anni fino a oltre i confini dell'immersione ricreativa. Altro consiglio che reputo imprescindibile è quello di dotarsi da subito di un buon sottomuta. Può sembrare un accessorio di secondo piano, invece credo che faccia davvero la differenza per la protezione dal freddo, proprio nella zona più sensibile del tronco, e infatti con il Sig. Cressi, sfruttando le combinazioni dei nuovissimi materiali ad alto effetto coibentante e di rimando del calore verso il corpo, abbiamo creato una nuova linea con e senza cappuccio, oppure dotata di short. Deve ben aderire alla pelle per bloccare lo scorrimento su petto e spalle di infiltrazioni d'acqua. E' ovvio che un modello con cappuccio incorporato è ancora più protettivo. Un ultimo consiglio, anche se il vostro istruttore ve lo avrà ripetuto molte volte. Non fare mai asciugare la muta al sole dopo essere stata bagnata con acqua di mare, ma questo vale anche per l'acqua delle piscine e dei laghi, e comunque è meglio non farla asciugare proprio. Mantenerla sempre bagnata fino al risciacquo in acqua dolce pulita, poi si può far asciugare tranquillamente. Infatti i sali marini, una volta evaporata la componente acquosa, cristallizzano, e anche con un ulteriore lavaggio in acqua dolce non tornerebbero più in soluzione e rimarrebbero imprigionati negli spazi della schiuma neoprenica, rendendo col tempo la muta più rigida. Molta attenzione quindi nei full day estivi tra un'immersione e l'altra, quando è facile che si lasci tutta l'attrezzatura sotto il solleone. Comunque se sappiamo prenderci cura di questo prezioso indumento, ci accompagnera in piena efficienza per molto tempo.