Enrico Ambrosetti come cuoco ha una storia recente: una decina d’anni in tutto, ma molto intensa. Una passione divenuta poi mestiere, maturata dopo un lungo periodo di lavoro nel settore turistico, a stretto contatto con il mondo della ristorazione in giro per il mondo, dove organizzava spesso cene di gala per viaggi aziendali, oltre ad occuparsi di vari altri impegni. Ha lasciato Roma, la sua città, molto presto, e per circa venticinque anni ha vissuto all’estero, soprattutto in paesi del Sud America, dove l’amore per la cultura del buon cibo lo ha sempre più attratto, fino a cimentarsi in prima persona in tante preparazioni, ma per un lungo periodo solo come pura passione. Col tempo si è poi trovato sempre più coinvolto nell’arte culinaria, e ha saputo rubare con gli occhi il lavoro dei vari cuochi che ha incontrato nella sua vita. Ha imparato tanto da loro, ma ha anche portato con se tanti piccoli segreti e regole antiche di cucina che gli ha trasmesso la madre, sua prima e ammiratissima maestra, come ad esempio non far mai stressare l’olio in cotture prolungate e a temperatura elevata. Ed anche con tanta umiltà si è dedicato ad apprendere le tecniche fondamentali di questo mestiere e a saper stare vicino ai fornelli in maniera professionale. Poi ha fatto la scelta importante e definitiva di tornare in Italia e dedicarsi in prima persona all’attività di ristorazione, seguendo personalmente la cucina, dopo alcune prime deludenti esperienze con altri cuochi che non erano riusciti ad interpretare il suo modo di concepire le preparazioni. Oggi a 52 anni, gestisce assieme al fratello Marco un locale, La Taverna del Porto, nell’elegante e suggestivo porticciolo di San Felice Circeo.
Il suo stile rispecchia la tradizione mediterranea, e ha sempre come denominatore comune il mare, ma in tante sue proposte è largamente influenzato e, come ama definirsi lui, ispirato, dall’esperienza dei suoi viaggi in località esotiche, riportando in tavola aromi e sapori di terre lontane e ripete spesso “Mi piace far viaggiare le persone non con l’aereo, ma con il gusto”.
La prima ricetta di Enrico, la Moqueĉa, rispecchia la sua esperienza, le sue passioni culinarie e la sua storia, e la sua proposta è l’espressione di una cucina che trae contemporaneamente spunto dalla tradizione gastronomica brasiliana, ricca, decisa e aromatica, da lui rivisitata con l’aggiunta di sapori mediterranei, decisamente più sobri, ma non per questo meno protagonisti, e senza la componente grassa che caratterizza la preparazione originale. Un caleidoscopio di colori e sapori che si alternano partendo da sensazioni forti per approdare poi ad un più delicato appagamento del palato.
La seconda ricetta, che può essere definita di eletta semplicità, è di ispirazione totalmente mediterranea e mira a esaltare il sapore puro e delicato del buon pescato, e la scelta di pochi ed essenziali ingredienti.
Ingredienti per due persone:
- tre tentacoli di polpo di taglia media già bollito e tagliato a pezzi
- quattro gamberi freschi di taglia media completamente sgusciati
- cinque pomodori datterini tagliati a metà
- olio aromatizzato all’aglio (un cucchiaino a porzione)
- mezzo bicchiere di brodo di gamberi
- quattro cucchiai di salsa di pomodoro (far bollire la salsa con aglio e cipolla per 15/20 minuti)
- due cucchiai di piccoli dadini di carote, zucchine, verza rossa e bianca, e porro
- coriandolo fresco tritato
- mezzo bicchiere di latte di cocco
- due cucchiaini di salsa piccante agrodolce Sriracha (di origine thailandese, a base di peperoncini, aceto bianco distillato, aglio, zucchero e sale – reperibile in negozi specializzati, ma anche in supermercati ben forniti)
In una padella si pongono assieme due cucchiaini di olio aromatizzato all’aglio, i quattro gamberi, i tre tentacoli di polpo tagliati a pezzi e già bolliti, i cinque pomodori datterini aperti a metà, e si scotta appena il tutto a fuoco vivace. Si aggiunge poi mezzo bicchiere di brodo di gamberi, e dopo circa un minuto i quattro cucchiai di salsa di pomodoro. Si lascia andare in cottura ancora per qualche minuto, sempre a fuoco vivace, e si aggiungono poi due cucchiai di dadini di carote, zucchine, verza bianca e verza rossa, e porro, e due cucchiaini di salsa Sriracha.
Ancora un paio di minuti di cottura, e si versa nella padella mezzo bicchiere di latte di cocco e il coriandolo fresco tritato, che chiude l’aggiunta degli ingredienti. Si riduce ora la fiamma e si muove il tutto con un mestolo, fino a renderlo cremoso. Ora la preparazione è terminata. Non rimane che servirla, accompagnata da fettine di pane tostato e guarnito con prezzemolo tritato.
L’assaggio apre le porte a un caleidoscopio di gusti che trasporta le percezioni del palato in un viaggio dai tropici fino al Mediterraneo, e alterna aromi esotici alla delicatezza del nostro pescato italiano.
Il primo impatto è sicuramente deciso, dove prevale, come sapore di testa, quasi totalizzante, l’aroma agrodolce e coinvolgente della salsa Spiracha, appena ammorbidita dal latte di cocco. Ma dopo qualche istante tutto cambia, e il protagonismo del gusto tropicale si stempera rapidamente nel palato, lasciando spazio, come sapore di cuore e definitivo, alla morbidezza del polpo mediterraneo, accompagnato, in chiusura, dal delicato aroma dei quattro gamberi. E’ questa la magia! Un passaggio acrobatico dall’esplosione dei colori di un paesaggio tropicale, alla calma delle tenui tonalità di un tramonto mediterraneo.
Come seconda ricetta Enrico ci propone la sua interpretazione del raviolo di mare, una preparazione di grande semplicità, ma non per questo banale, in assoluto tra le sue preferite, e che offre sempre con orgoglio ai suoi clienti. La realizza con pochissimi ingredienti che devono essere freschissimi e di qualità assoluta. La maestria sta poi nella sapiente preparazione dell’impasto e nel rapidissimo tempo di cottura.
Ingredienti per un raviolo:
- farina 00 e farina Maizena in parti uguali per la preparazione della pasta
- un gambero freschissimo di taglia medio grande di cui si utilizza solo la coda
- un anello di calamaro freschissimo
- un pezzo di tentacolo di circa un centimetro di polpo precotto
- un rosso d’uovo
- un rametto di rosmarino
- olio EVO
- sale
Si parte dalla pasta, che deve essere preparata da un’equilibrata miscela delle due farine. Va stesa sottilissima, con grande pazienza, quasi trasparente! E va tagliata utilizzando due quadrati di circa 6 cm ciascuno. Poi su un quadrato di pasta si pone al centro l’anello di calamaro, che deve essere freschissimo. E’ bene precisare che non ci sono alternative. Se si utilizzassero anelli di totano o di seppia risulterebbero decisamente più duri e richiederebbero una maggiore cottura, che vanificherebbe la leggerezza e la fragranza del raviolo. Si aggiungono poi il pezzetto di tentacolo di polpo precotto, il rametto di rosmarino e la coda del gambero che deve essere lasciata per un terzo fuori dal raviolo, come si vede dalle foto. Si spennella il tutto con l’olio EVO e si aggiunge un pizzico di sale.
Si chiude poi il raviolo con l’altro quadrato di pasta, esercitando una leggera pressione con le dita, e si sigillano i bordi con il rosso d’uovo aiutandosi con un pennello. Si passa infine il raviolo in un piatto con un po di farina utilizzata per l’impasto, e si pone a cottura per non più di 30 secondi in olio caldo, ma non vicino alla temperatura del punto di fumo.
Il raviolo va servito ben caldo e può essere accompagnato con una foglia di lattuga o in alternativa con una salsa di prezzemolo o di basilico, ma queste devono essere di consistenza e sapore molto leggeri, perché al palato devono giungere tutte le sfumature della freschezza e della delicatezza del calamaro e del gambero, appena accompagnate, ma solo appena, dal sapore del sottilissimo velo di pasta, che quasi si scioglie in bocca.