Intervista Dr. Fabio Ferro

“Gentilissimo Dottor Ferro, la ringrazio personalmente per il tempo che ci ha dedicato. Ci parli un po’ di lei.”

Nonno materno, benestante, comprò una villa a Grottammare (chiamato la perla dell’Adriatico tra Cupra e S. Benedetto del Tronto) quando mia madre era fanciulla e il mare doveva avere la spiaggia e non la roccia. Per mia fortuna, là dove la collina di Grottammare alto (vi nacque papa Peretti, Sisto V) si avvicina al mare, una frana ha creato un fondale di roccia di qualche ettaro, la mia prima palestra subacquea).

Dall’età di 8 mesi vi ho trascorso ogni estate. A 4 anni dovevano tirarmi fuori dall’acqua per i capelli (allora tanti ricci e biondi, ora bianco e spennato) perché non mi stancavo di esplorare un braccio di scogli frangiflutti di fronte alla villa. Così è nata la passione per il mare “di sotto”. A 9 anni il primo fuciletto subacqueo e un Natale, ormai era nota la mia dipendenza, mi regalarono il libro di Hans Hass, “Manta”, il diavolo del Mar Rosso, che è rimasto per anni sul comodino, come la Bibbia dei protestanti. Hass, che anche i sub di solito ignorano, è stato il vero pioniere dell’attività subacquea prima e meglio del notissimo Cousteau che in definitiva fu divulgatore (bravo) e “industriale” (furbo).

Anche Quilici è conosciuto dalla maggior parte dei sub, ottimo regista, passabile scrittore, ma non certamente un pioniere. Hass era biologo, scienziato, documentarista, scrittore, poeta. Per me fu l’equivalente degli odierni “super-eroi”. Nel 1939 partì alla volta dei Caraibi olandesi con due amici (il Mar Rosso, la prima scelta, era protettorato inglese, la guerra era imminente, e non poteva ottenere il visto). Andavano sott’acqua con occhialini polinesiani, pinne fatte in casa, cacciavano con lunghi arpioni dato che non esistevano ancora i fucili subacquei, fotografavano e filmavano con custodie fatte in casa saldando lastre di ottone. Furono i veri pionieri. Ma l’Austria perse la guerra, insieme alla Germania, e per alcuni anni Hass dovette sospendere ogni attività subacquea, fino al 1954, quando decise di ricominciare, partendo da solo per il Sudan, con una ridottissima attrezzatura. Tra mille difficoltà iniziò da lì una lunga avventura che lo portò ad esplorare mari e oceani di tutto il mondo. Ideò una custodia subacquea per l’epica Rolleiflex biottica (la fotocamera dei paparazzi degli anni ‘60-’70) che divenne lo strumento per i professionisti della fotosub e degli amatori evoluti. Ho avuto questa mitica custodia e, negli anni ’70, dopo aver vinto molti concorsi internazionali ho iniziato a collaborare con la rivista Mondo Sommerso, Nautica, Mare 2000 e Forza 7. Poi, travolto dal lavoro, anche se la passione è comunque rimasta inalterata, il tempo da dedicargli si è ridotto a qualche breve vacanza “bagnata”.

“Da dove nasce la sua passione per la subacquea?”

In famiglia erano tutti convinti che mi sarei iscritto ad architettura per via del disegno, perché un cugino di mio padre era il famoso architetto “futurista” Angiolo Mazzoni Del Grande (stazione Termini, S. Maria Novella, ecc.) e perché al liceo disegnavo case.

Il giorno dell’iscrizione, nel tragitto casa-università (non più di 15 minuti a piedi) cambiai idea: Medicina. Non che non ci fossero medici in famiglia. La nonna di mamma era la sorella del famoso Cardarelli, dell’omonimo ospedale napoletano. Tanti e divertenti erano gli aneddoti della sua vita (secondo mia madre non aveva tutte le rotelle a posto, non era perfettamente “centrato”, non come medico, ovviamente).

Un cugino, sempre di mia madre, era un notissimo primario ortopedico, prima a Milano, poi a Roma, che non aveva figli e voleva che facessi il medico. Morì di leucemia (operava sotto i raggi senza proteggersi in modo adeguato) quando ero all’ultimo anno del liceo. Alla fine ho scelto la chirurgia pediatrica.

Quattro specializzazioni: Chirurgia Pediatrica, Urologia, Clinica Pediatria e Neonatologia. Dopo un anno di frequenza presso l’Hospital de Ninos di Buenos Aires (esperienza fantastica, perché ho trovato una medicina di gran lunga migliore di quella italiana, soprattutto per una impostazione di tipo nordamericano). Sono infatti gli specializzandi che operano tutto, sempre, ovviamente con un tutor, mentre in Italia i giovani non toccano il bisturi per anni! E la chirurgia è come lo sport. Devi praticarla da subito e continuamente.

Dopo questa esperienza sono entrato come assistente di ruolo nel Policlinico Umberto I, Università di Roma “La Sapienza”. Dal ’79, dopo un semestre di docenza in Somalia (la facoltà di Medicina dell’Università di Mogadiscio era coordinata da quella romana della “Sapienza”), ho vinto il concorso per un posto di assistente nell’Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù” di Roma. Negli anni ho frequentato molti istituti esteri.

Ho terminato la carriera come Primario ma sono stato trattenuto come consulente esperto per altri 10 anni dopo il pensionamento.
Continuo a tagliare e cucire perché la dipendenza per la chirurgia non è inferiore a quella per la subacquea!

“Quando ha iniziato a disegnare? ”

Saper disegnare non è un merito ma una dote esattamente come il canto (sono stonato in modo indecente!).

Per me esiste quindi solo l’arte grafica, anche per educazione paterna. Con mio padre, super appassionato, ho visitato i musei romani e delle città d’arte italiane innumerevoli volte. Di fronte a un particolare quadro posso realmente entrare in trance.
Alle elementari fui premiato da De Chirico in un concorso nazionale di pittura. Il premio fu un viaggio con mia madre per visitare i musei delle principali città italiane.

“Chi o cosa l’ha ispirata per unire subacquea e fumetti?”

Le vignette in tema “medico” sono arrivate molto dopo, per richiesta dei colleghi e dirette ad “alleggerire” i seri temi congressuali. Sono ora appese nell’office degli amici chirurghi, da Boston a Indianapolis, da Buenos Aires a Parigi, a New York.

“Per concludere, so che nel 2022 farà uscire un calendario: me ne vuole parlare? ”

L’idea e’ di un calendario con immagini subacquee per il congresso annuale della Simsi che potrebbe essere diretto a un opera di beneficenza.

 


Curriculum Vitae Fabio Ferro

Matriculated in the Medical School of I University of Rome “La Sapienza” in 1964 and graduated on July 30, 1970.
Degree on Pediatric Surgery, Urology, Pediatrics, Neonatology.

Internships: Hospital de Ninos of Buenos Aires (Rep. Argentina), Hopital de Bicetre (Université Paris Sud), Italian Hospital of Buenos Aires (Rep. Argentina), Snyder Children’s Hospital (Jewish Medical Center, Long Island, NY) Boston Children’s Hospital (Boston, MA), Urologic Brady Institute (Cornell University. New York Hospital), Riley Children’s Hospital (Indianapolis, IN), Pediatric Urology University, of Michigan (Hann Harbor, MI).

Job positions:
From 1973 to 78: Consultant in the Section of Pediatric Surgery of I University of Rome.
From 1979: Consultant in Pediatric Surgery of Bambino Gesù Children’s Hospital of Rome.
From 1997 to 2009: Chief of Andrological Surgery Unit, Bambino Gesù Children’s Hospital, Rome.
From 2009 to 2019: Consultant as Expert in Genital Surgery, Bambino Gesù Children’s Hospital. Rome. Italy
Past-Professor in “Neonatal Surgery” (School of Neonatology, I University of Rome “La Sapienza”.
Past-Professor in “Pediatric Gut Malformations” (University of L’Aquila).
Past-Professor in “Pediatrics” in the Somalian University (Somaliland).
Author and co-author of more than 300 scientific publications, lectures and congress.

Nel 2016 mi è stato conferito, immeritatamente, dal Presidente Mattarella il titolo di Commendatore della Repubblica per una serie di missioni umanitarie. A parte Sarajevo durante l’assedio, dove non avrei mai trascinato mia moglie, che è anestesista pediatra, per le altre (Tanzania, dove abbiamo operato 120 bambini HIV, Striscia di Gaza durante la guerra, Ghana, Nepal, Mali) il titolo l’avrebbe meritato solo lei, dato il suo maggior contributo organizzativo, clinico e umano (l’empatia e una dote, come il cantare e disegnare), in ambienti oltremodo difficili, con attrezzature e farmaci spesso non idonei, dove ha dimostrato quella capacità organizzativa che è tutta femminile. In medicina, e attualmente anche in chirurgia, la donna sta mostrando qualità superiori a quelle maschili. L’uomo che è o pensa di essere il “maschio alfa”, in ambienti dove la collaborazione tra i colleghi è fondamentale, è una vera disgrazia.

All’estero da tempo la donna chirurgo ha raggiunto quei ruoli apicali che le sono per ora preclusi in Italia. In definita, nelle missioni, io mi sedevo al tavolo operatorio facendo né più né meno quello che faccio solitamente,
da semplice artigiano. Del fatto del commendatore non ne faccia neppure cenno perché è per me motivo di serio imbarazzo. Ma da femminista convinto, e per rispetto dei ruoli, non potevo che fare queste considerazioni. Sono arrivato alla conclusione, io che odio le raccomandazioni, che qualche parente dei miei pazienti mi deve aver segnalato. Questo nostro paese non cambierà mai. A ritirare la commenda mandai mia sorella! Forse se me l’avessero attribuita per gli oltre 50.000 bambini italiani operati potevo anche trovarci una logica. Conosco colleghi che di missioni umanitarie ne hanno fatte più di me.

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