I dispositivi cardiaci impiantabili migliorano la sopravvivenza e la qualità della vita dei pazienti ad alto rischio di tachicardia ventricolare, fibrillazione ventricolare, bradicardia o altre alterazioni del ritmo potenzialmente letali, che possono portare ad arresto cardiaco improvviso. A causa delle malattie che portano all’impianto del dispositivo, gli specialisti in medicina subacquea tendono a considerare questi individui generalmente non adatti alle immersioni.
In effetti, questi dispositivi hanno lo scopo di prevenire l’arresto cardiaco improvviso dovuto ad aritmie potenzialmente letali, ma il cuore stesso può essere in cattive condizioni di salute, il che non è compatibile con un’immersione sicura. Durante l’immersione è infatti richiesto un carico di lavoro maggiore rispetto al normale e il cuore dovrebbe essere in grado di rispondere efficacemente a qualsiasi richiesta di esercizio, soprattutto quando bisogna uscire rapidamente da situazioni pericolose. Un cuore incline a sviluppare ritmi potenzialmente letali probabilmente ha sofferto di sindromi coronariche acute in passato, o di altre patologie strutturali che colpiscono il miocardio (ad es. cardiomiopatie aritmogene o dilatative) o le vie elettriche del cuore (ad es. blocchi atrioventricolari di “alto grado”). Qualsiasi restrizione all’esercizio da parte del cardiologo è quindi un indicatore della non idoneità all’immersione per questi pazienti.
Questi dispositivi sono impiantati nel sottocute della parete toracica dell’individuo e sono esposti alle stesse pressioni ambientali del subacqueo. Per le immersioni ricreative, un pacemaker adeguato deve essere valutato per funzionare a una profondità massima di 130 piedi/40 metri e deve funzionare in modo soddisfacente specie durante variazioni di pressione relativamente rapide (nello specifico: discesa e risalita di quota). Ad oggi, sono stati eseguiti pochi test per quanto riguarda gli effetti dell’aumento della pressione ambientale sui dispositivi, che hanno piccolo spazio d’aria al loro interno, e in particolare fino a 12 metri circa di profondità. Tuttavia questa non è considerata una profondità di prova adeguata per le immersioni ricreative. Non sono attualmente disponibili dati su profondità maggiori in ambiente reale subacqueo, specie ad esposizioni ripetute.
I PM vengono solitamente impiantati in pazienti affetti da disturbi delle vie “elettriche” del cuore. In passato, un approccio eccessivamente conservativo ha portato a frasi del tipo: “Nessuno che abbia un pacemaker cardiaco dovrebbe mai immergersi”, cosa ormai considerata obsoleta.
Per le immersioni militari e commerciali, un PM è invariabilmente considerato una non idoneità per ovvie ragioni: questi subacquei devono garantire elevate prestazioni sul lavoro, in condizioni rischiose, e la dipendenza da un dispositivo li mette in una condizione di vulenrabilità. Per i subacquei ricreativi, invece, la limitata letteratura medica disponibile sull’argomento adotta un approccio più razionale, seppur ancora conservativo nell’interesse dei pazienti. In sintesi, ogni subacqueo o subacqueo in formazione deve essere valutato individualmente, e i due fattori più importanti da tenere in considerazione sono:
Come con qualsiasi farmaco o dispositivo medico, la malattia sottostante determina la propria idoneità a partecipare alle immersioni subacquee dopo l’impianto di un PM. Se ad un disturbo della componente “elettrica” si sovrappone anche un danno residuo del miocardio stesso, l’individuo potrebbe non avere la capacità cardiovascolare per immergersi in sicurezza. Alcuni individui, tuttavia, dipendono da un pacemaker a causa di anomalie nella generazione di impulsi elettrici o del sistema di conduzione degli impulsi. Senza l’assistenza di un PM, l’individuo può soffrire di episodi sincopali, che inevitabilmente esitano nell’annegamento.
Se il cardiologo di un subacqueo determina che il suo livello di forma cardiovascolare è sufficiente per un’immersione sicura (cioè, esercitarsi a un livello di 13 mets o superiore su un test standard su treadmill) e il PM è programmato per funzionare a 40 metri di profondità o superiori , tale individuo può essere considerato idoneo per le immersioni ricreative. È perciò essenziale che i subacquei con qualsiasi problema cardiaco, in particolare i portatori di PM, effettuino un controllo specifico col proprio cardiologo prima di ottenere l’abilitazione dello specialista subacqueo.
Gli ICD vengono solitamente impiantati in soggetti affetti da cardiopatia strutturale o gravi sindromi aritmogene congenite. Tali individui sono a serio rischio di sviluppare aritmie potenzialmente letali o hanno una grave compromissione della funzione cardiaca, il che impedisce sicuramente attività fisica adeguata, specie in ambienti rischiosi. Pertanto è improbabile che pazienti portatori di ICD possano ottenere l’abilitazione all’immersione, non tanto per il dispositivo in se quanto piuttosto per la malattia che ne ha indicato l’impianto. Ancora una volta, una valutazione caso per caso è la chiave per trovare la soluzione migliore nell’interesse del paziente.
Nel panorama Italiano non tutti i dispositivi sono certificati per funzionare a pressione. Ad esempio, Biotronik non consente immersioni (e HBOT) con PM e ICD dal 2016. D’altra parte, altre aziende hanno testato i loro dispositivi a 4 bar (Sorin; Medtronic), 5 bar (Boston) e 7 bar (St. Jude). Tuttavia, questi test sono stati eseguiti “a secco”, solo sui dispositivi e non su soggetti umani in condizioni di vero stress subacqueo, lasciando la nostra domanda ancora irrisolta.
Particolare attenzione deve essere prestata alla disfunzione dei sensori e degli elettrocateteri (piu’ banalmente: ‘i cavi’). La maggior parte dei test eseguiti in passato ha rilevato un’accelerazione transitoria ma notevole della frequenza di stimolazione in alcuni PM Medtronic programmati in rate-responsive pacing. Una possibile soluzione a questo effetto indesiderato potrebbe essere la riprogrammazione del dispositivo in modalità non rate-responsive prima dell’immersione subacquea (DDDR>>DDD; VVIR>>VVI). Inoltre è stata rilevata una deformazione permanente dell’involucro di alcuni dispositivi a profondità di 60 msw, anche senza alcun danno alle funzioni elettroniche. In considerazione di questo, il consiglio per i subacquei ricreativi portatori di dispositivi cardiaci impiantabili è quello di non oltrepassare i 30 metri di profondità.
Lo specialista in medicina subacquea dovrebbe tenere a mente che il motivo più comune per cui le persone dipendono dai PM sono le malattie del sistema elettrico cardiaco. Pertanto, se il cardiologo del soggetto non impone restrizioni all’attività fisica (come nel caso della cardiopatia ischemica o strutturale di altro tipo) il subacqueo portatore di PM può ottenere l’abilitazione ad effettuare immersioni.
In caso contrario, qualsiasi limitazione all’attività fisica è una controindicazione all’immersione, indipendentemente dalla presenza di un PM. Infatti, ogni anno un numero significativo di decessi durante immersioni ricreative è attribuibile a conseguenze di sindromi coronariche acute, specialmente quando ci si trova in località remote ove trattamenti sanitari d’emergenza vengono prestati con notevole ritardo. Sebbene lo stato di salute di ogni individuo debba essere considerato caso per caso, i subacquei o i subacquei in formazione che soffrano di malattie cardiovascolari significative e abbiano una tolleranza all’esercizio non ottimale dovrebbero essere scoraggiati dal partecipare alle immersioni. I subacquei non devono solo avere un’adeguata tolleranza all’esercizio per immersioni sicure in condizioni di routine, ma devono anche possedere una riserva cardiovascolare sufficiente per eseguire in sicurezza al livello più alto necessario in situazioni di emergenza.
I punti interessanti di discussione e ricerca futura dovrebbero essere:
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Bibliografia