Ossigeno Terapia Iperbarica e Radioterapia, il parere dell’esperto

Abbiamo con noi oggi la dott.ssa Ludovica Forlani, specializzanda in radioterapia che ci aiuterà ad approfondire come l’ossigeno terapia iperbarica possa avere applicazione nell’ambito della radioterapia.

L’esperienza clinica da sempre deve andare a braccetto con la ricerca scientifica, sempre più, infatti, i rapporti fra specialisti di branche differenti per trattare patologie gestibili in ambito multidisciplinare richiedono valutazioni clinico-terapeutiche d’assieme supportate da una robusta e valida esperienza clinica e scientifica.

Questo è ancora più evidente nella nostra disciplina che è trasversale in molteplici patologie che mettono in contatto il sanitario iperbarista con specialisti di altre branche. La gioventù e la diffusione limitata della medicina subacquea ed iperbarica inevitabilmente non può produrre la stessa letteratura delle scienze mediche che si occupano di organi ed apparati studiati da secoli, a questo si associano i poco numerosi corsi di specializzazione ed istruzione universitaria in materia subacquea ed iperbarica che rendono molto spesso gli specialisti di altre branche sostanzialmente a digiuno sulle indicazioni terapeutiche della stessa. Grazie ai numi del passato e
gli scienziati del presente molti passi avanti sono stati fatti ed il mondo della scienza iperbarica e subacquea sempre più si sta diffondendo nelle strutture sanitarie fornendo agli specialisti di branca una terapia coadiuvante che potenzialmente può migliorare la prognosi del paziente in cura.

Non è da stupirsi dunque quando viene pubblicato un lavoro scientifico con basi metodologiche solide quanto questo possa supportare le indicazioni terapeutiche dell’Ossigeno Terapia Iperbarica verso una data patologia.

È il caso della pubblicazione recente del terzo update della revisione Cochrane sul trattamento o prevenzione del danno tardivo da radioterapia. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/37585677/


Le innovazioni tecnico-scientifiche nell’applicazione della radioterapia hanno sempre più migliorato l’efficacia e ridotto il rischio di effetti collaterali con risultati eccellenti e paragonabili agli approcci chirurgici nella cura delle neoplasie; ci illustra le principali migliorie e i dati di efficacia?

Risposta:

Le innovazioni tecnico-scientifiche nell’applicazione della radioterapia hanno portato a numerosi miglioramenti nell’efficacia del trattamento e nella riduzione dei rischi di effetti collaterali.

Innanzitutto l’utilizzo delle più moderne tecniche di imaging, ci consente di delineare con la massima precisione il target di trattamento. A questo si associa la possibilità di monitorare in tempo reale il posizionamento del target durante il trattamento, grazie alla tecnica IGRT (Imagine Guided RadioTherapy). In questo modo è possibile apportare eventuali correzioni nel posizionamento del paziente, per garantire che il tumore riceva la dose desiderata di radiazioni.

Inoltre l’avvento della intensità modulata (IMRT) e, successivamente, della tecnica VMAT (Volumetric Modulated Arc Therapy), consente di controllare l’intensità del fascio di radiazioni, di adattarlo alla forma del tumore, e di distribuire la dose in maniera ancora più accurata e, di conseguenza, di somministrare dosi più elevate di radiazioni al tumore, riducendo al contempo la dose ai tessuti sani circostanti. Inoltre, la VMAT consente di ridurre la durata complessiva del trattamento, poiché il movimento rotatorio dell’acceleratore lineare permette di somministrare le radiazioni in un arco di tempo più breve rispetto alle tecniche tradizionali.

Il trattamento radiante viene indicato in oltre il 45% dei pazienti oncologici e in termini di dati di efficacia, sono numerosi gli studi che hanno dimostrato che la radioterapia può ottenere risultati eccellenti nella cura delle neoplasie. Ad esempio, il controllo locale della malattia può essere migliorato del 10%, inoltre l’aumento della sopravvivenza complessiva è particolarmente significativo in alcuni tipi di tumore, come quelli della testa e del collo, della cervice uterina, della prostata e della mammella. In questi casi, la radioterapia può offrire vantaggi di sopravvivenza dal 15% al 35%.

Senza tralasciare lo scopo palliativo-antalgico, dove una singola seduta radioterapica permette di controllare il dolore derivante da metastasi ossee, altrimenti non controllato da terapia farmacologica, con un forte impatto anche sulla qualità della vita di questi pazienti.


E per quanto riguarda gli effetti collaterali?

Risposta:

Come dicevo, l’avvento delle nuove tecniche, ha permesso di poter aumentare le dosi erogate a livello del target, risparmiando maggiormente i tessuti sani, grazie a una miglior distribuzione di dose, riducendo gli effetti collaterali. Ad esempio, nel distretto testa-collo si è vista una riduzione della frequenza, della severità e della durata della degli effetti collaterali dovuti al trattamento radiante senza comprometterne l’outcome, così come per i trattamenti del distretto pelvico, in particolare per il tumore della prostata, dove è stata documentata una riduzione degli effetti acuti gastrointestinali nelle moderne tecniche (VMAT/IMRT) vs le terapie conformazionali 3D, e un aumento del tempo di sviluppo della tossicità tardiva. Analogamente nel trattamento adiuvante del tumore della mammella, le moderne tecniche hanno permesso di ridurre sugli organi a rischio come il polmone e il cuore, riducendo i rischi di tossicità acute e tardive post-attiniche.

Quella minima parte di persone che, nonostante tutto, sviluppa effetti collaterali acuti, di norma reversibili, e cronici a distanza di mesi ed anni ha comunque opzioni terapeutiche ancora disponibili per lenire e migliorare la clinica, fra questi sembra esserci l’Ossigeno Terapia Iperbarica (OTI).

Un totale di 18 trial clinici randomizzati controllati è stato analizzato ed è stata usata la metodica GRADE per valutare la certezza delle prove.

Gli outcomes primari e i risultati sono stati:

  1. sopravvivenza dal momento della randomizzazione alla morte per qualsiasi causa; in questo ambito non sono stati rilevati dati significativi per quanto le evidenze siano di bassa qualità
  2. risoluzione completa o sostanziale del problema clinico; qui invece sembra che OTI possa migliorare o risolvere la lesione attinica con significatività statistica con prove di certezza bassa,
  3. risultati specifici nella particolare zona irradiata; si osserva significatività statistica nel miglioramento del rischio di deiscenze di ferite chirurgiche nel compartimento testa e collo con prove di certezza scarsa,

Gli outcomes secondari erano:

  1. risoluzione del dolore; evidenziato moderato miglioramento delle scale di valutazione del dolore significativo a 12 mesi dalla terapia con prove di moderata qualità

Per quanto riguarda gli eventi avversi, l’OTI comporta un rischio significativo più elevato con prove di certezza elevate di riduzione dell’acuità visiva, spesso dovuto al possibile peggioramento di cataratta incipiente o della miopia tramite l’effetto mioptico transitorio comunque reversibile.

Gli autori concludono quindi, per quanto i dati scientifici siano ancora da prendere con precauzione visto la qualità delle evidenze, come l’utilizzo di OTI possa essere giustificata nelle persone affette da esiti attinici che coinvolgono tessuti della testa, del collo, della vescica e del retto. Vi è anche qualche evidenza che possa ridurre il rischio di deiscenza di ferite chirurgiche su tessuto irradiato del distretto testa/collo e riduzione moderata del dolore a 12 dalla terapia. Questi miglioramenti sono esposti al rischio maggiore dei comuni effetti collaterali di OTI come i barotraumi dell’orecchio esterno, i meno comuni effetti sul visus, tutti effetti solitamente reversibili.


Nella pratica clinica in Italia OTI viene prescritta con regolarità con protocolli, di norma a carico del Sistema Sanitario Nazionale, nei trattamenti di lesioni attiniche dei tessuti molli, osteoradionecrosi, prevenzione dell’osteoradionecrosi mandibolare dopo estrazione dentaria su tessuto irradiato, cistiti e proctiti attiniche. Qualche commento al riguardo?

Risposta:

Solitamente sconsigliamo interventi a livello del cavo orale per almeno 2-3 anni dopo radioterapia e consigliamo la bonifica dentaria prima di eseguire il trattamento radiante, proprio per evitare questa
complicanza.


Qual è il Suo approccio verso questa terapia, considerando la delicatezza del quadro clinico dei Suoi pazienti affetti?

Risposta:

Avere un ulteriore approccio terapeutico come la terapia iperbarica, per le tossicità tardive che, seppur non frequenti, sono causa di un peggioramento della qualità della vita, può essere un valido strumento per ridurre la sintomatologia e migliorare il benessere del paziente. Le tossicità tardive, infatti, sono effetti collaterali che possono manifestarsi mesi o anni dopo il trattamento radioterapico e possono includere danni ai tessuti circostanti, come fibrosi, necrosi o ulcere. Questi effetti collaterali possono causare dolore, limitazioni funzionali e impatto significativo sul paziente, sulle sue condizioni di vita e il suo benessere.


Recenti pubblicazioni sembrano aprire nuove frontiere sull’interazione OTI e radioterapia nel miglioramento della prognosi, quali sono le Sue sensazioni?

Risposta:

Le ricerche si concentrano sulla comprensione dei meccanismi molecolari sottostanti a questa interazione e sull’identificazione dei pazienti che potrebbero trarre maggior beneficio da questa combinazione di terapie. Alcuni studi preliminari hanno suggerito che la terapia iperbarica potrebbe aumentare l’efficacia della radioterapia attraverso vari meccanismi, come l’ossigenazione dei tessuti tumorali e l’induzione di stress ossidativo. Sebbene questi studi non abbiano ancora fornito risultati conclusivi, è importante sottolineare che queste sono ancora aree di ricerca in evoluzione e che sarà necessario condurre valutazioni più dettagliate per confermare i risultati preliminari. L’uso combinato di terapia iperbarica e radioterapia sono prospettive emergenti che richiedono ulteriori approfondimenti e la conferma di eventuali benefici richiederà studi clinici più ampi e approfonditi
per stabilire la sua efficacia in modo definitivo.

 

Grazie mille Dott.ssa Forlani delle puntuali ed esaustive spiegazioni ed in bocca al lupo per un radioso futuro e di solida collaborazione fra le nostre specialità.

Dott. Luigi Santarella

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