Roberto Rinaldi – FOTOREPORTER ed ESPLORATORE SUBACQUEO

Lo diceva, il Grande Vecchio…

Sono passati oramai più di trent’anni da quando l’Italia ha iniziato un programma organico di istituzione di Aree Marine Protette. Un trentennio in cui è innegabile che le condizioni di salute del Pianeta siano drammaticamente e rapidamente peggiorate. Questo peggioramento è evidente anche nel nostro Mare.
Gli effetti della pesca eccessiva sono evidenti, così come quelli dovuti ( così ci dicono i Ricercatori ) al riscaldamento globale. Si, lo osserviamo anche noi , semplici subacquei. Una volta, ad esempio, si andava a Lampedusa per incontrare i pesci pappagallo ( la specie nostrana ). L’altro giorno a Capri diversi esemplari nuotavano felici e perfettamente adattati. Ecco: lo spostamento del limite settentrionale di alcune specie è un elemento evidente, così come quello dell’invasione di veri e propri alieni. Attenzione in questo caso: spesso si tratta di gamberi, o di alcune specie di calamari, o pesci dalle forme poco appariscenti. Difficile capire il fenomeno per noi che non siamo del mestiere. Un altro caso drammatico ed evidente, è nella variazione delle condizioni del popolamento bentonico.

Difficile ad esempio non accorgersi di importanti morie di massa delle gorgonie. Anzi, direi di più: della intera sparizione di vere e proprie foreste sottomarine. Un caso dovuto a diversi fattori. Di certo iniziato con il sovra sviluppo di alcune alghe, di “mucillagini” , che ricoprono le gorgonie e impediscono loro di filtrare il nutrimento trasportato dall’acqua ( giova ricordare che le gorgonie sono animali. Meglio: colonie di animali, di piccoli polipi in grado di costruire una propria teca e insieme agli altri edificare un ramo )
Apparentemente però, il vero problema sta in una epidemia, dovuta allo sviluppo di un virus che trae giovamento dall’innalzamento della temperatura dell’acqua. Divenendo così robusto, che la gorgonia non può far altro che soccombere.
Che ce ne frega delle gorgonie? Nulla, direi, se non che vedere le cose in questo modo è un errore. Torniamo a terra: che ce ne importa di un albero? Nulla. Ma cosa succede se distruggiamo una intera foresta? Ecco, è chiaro che in questo caso distruggiamo un ecosistema complesso e vario. Decine e decine di specie vegetali del sottobosco. E poi insetti, uccelli, mammiferi ( che direbbero Cip e Ciop?!?! ) che di quel mondo sono parte. Un dramma incalcolabile.

Ma non è questo il solo problema: la cosa grave è che per ricreare quell’ecosistema ci vorranno anni, millenni…. qualora vi si possa riuscire. Un disastro il nostro Mare, dunque.
In realtà, però, esistono anche degli elementi positivi. All’inizio della pagina, menzionavo l’istituzione delle Aree Marine Protette. Fazzoletti di mare nei quali si cerca di limitare un poco la pesca, di regolare per quanto possibile il traffico, addirittura, di creare zone di qualche migliaio di metri quadrati di riserva integrale.
Cosa possiamo aspettarci da questo? Ben poco, direi… Un esempio: osservate la carta delle coste del promontorio di Portofino: la minuscola Cala dell’Oro è la zona di riserva integrale. Da li, da quella baia minuta, dovrebbe nascere il ripopolamento del mare. Ci credete voi? Io no.
Eppure, la Area Marina Protetta di Portofino ha avuto un successo straordinario. Sono oramai una persona anziana, dovrei dire ai giovani “tanti anni fa qui era pieno di cernie, dentici e orate “. E invece è il contrario: ricordo bene i fondali del Promontorio, offesi da decenni di caccia sconsiderata e divenuti un deserto. E li vedo oggi, ricchissimi di pesce. Di pesce pregiato, come dentici enormi, bellissime orate, ricciole che appaiono dal blu. In estate, le cernie impudicamente in amore.
Allora? Mi contraddico? No, questo è proprio il concetto che vorrei trasmettere: per la protezione del mare, non servono leggi, serve cultura e conoscenza. Il successo delle AMP italiane ( ve ne sono comunque alcune che stentano ), sta nel fatto che nella società sono state capite, che sono diventate un elemento prezioso. A Portofino i subacquei sono attratti da tanta bellezza e ricchezza di vita. E generano turismo, economia. Contribuiscono al benessere.

Augusto Navone, un geniale direttore di AMP, un tempo sovvenzionò uno studio: vale più una cernia viva o una cernia pescata?
Lascio a voi la risposta.
Solo problemi economici da discutere, dunque? Tutto li quello che serve – non dico per salvare – ma per aiutare il mare?
No, di certo no. Occorre passione, gioia, amore.
E ve ne sono molte di storie come questa. Prendiamo la piccola isola di Ventotene, proprio tra Napoli e Roma. Era davvero spopolata, negli anni novanta. Poi, l’istituzione della Riserva. Tra le proteste generali dei pescatori locali che non “potevano più pescare” , di chi affittava le barche che si vedeva ridurre lo sviluppo costiero, di tutti quelli che comunque e per principio, si trovavano ad essere insofferenti alle regole e al loro rispetto. E oggi? Beh, lentamente, il patrimonio ittico dell’isola è aumentato. Sempre di più.
Oggi, come a Portofino , le sue acque sono ricchissime. I pescatori locali possono pescare con sitemi tradizionali lungo le coste dell’isola. E sono dunque i primi a controllare e proteggere chi si avvicini con l’idea di effettuare attività illegali. I diving, hanno decine di clienti felici. Anche perché – ho scordato di dirlo – i pesci in Mediterraneo in estate si concentrano a pochi metri di profondità. A portata di tutti, dunque, anche di chi si cimenti con lo snorkelling.
Una anziana signora, sulla piazza dell’isola, un giorno mi disse: “ lo sapete che qui abbiamo il parco marino? Che il mare di Ventotene è pieno di pesci? “. La Signora – ne sono certo, erano anni che non scendeva al mare. Altrettanto di certo, non ha mai messo una maschera sul viso. ma è fiera del suo mare, della sua isola, della bellezza.
Un ambiente così bello, a chi viene in mente di profanarlo? Ecco che io – dopo tanti anni – parlerei delle Aree Marine Protette ( e in generale della protezione dell’Ambiente ) come di un cimento sociale, non giuridico. Men che meno repressivo.

I fatti, stanno dimostrando questo. Questa – forse – è una piccola parte di quella che oggi è stata definita “transizione ecologica
E così, viviamo in questa grande incoerenza, un mare che deperisce e una serie di minuscoli giardini incantati sparpagliati lungo la costa.
Giardini nati da storie d’amore, da incontri emozionanti.

Prendiamo la Capraia, ad esempio. C’è una secca, a pochi passi dalla costa. Li, ogni mese di Aprile, si riempie di Tanute in amore. Pesci grandi quaranta centimetri, maschi e femmine, che fanno un nido sul fondo e vi depongono le uova. I maschi, per quasi un mese, le ossigenano con la coda. Pesci: ma che vi immaginate?!?!? Dieci, venti? decine? Ma va! centinaia, migliaia di pesci che coprono letteralmente il fondale. E poi i predatori: le ricciole, i dentici, le rane pescatrici a decine ( o sono anche loro li per la riproduzione ?!? ). Un giorno, quattro delfini mi hanno circondato, prima di approfittare del ricco banchetto.
I pescatori si sono resi conto che una rete attorno a quella secca, avrebbe significato la pesca miracolosa. E che quella pesca miracolosa, sarebbe stata l’ultima.
A Giannutri, isola più meridionale dell’Arcipelago Toscano, sono i subacquei dei numerosi diving a controllare quelle coste deserte e disabitate. La bellezza, la ricchezza di quel mare, coincide con il successo della loro attività.
Ma anche i subacquei disturbano. Certo, è vero. Amici miei, non cadiamo nella trappola del “not in my court yard”, non nel mio giardino di casa. Non pensiamo che i sacrifici siano sempre dovuti dagli altri
E allora un attivo gruppo di Ricercatori di Palermo, sta indagando su di un altro fantastico mistero del mare. Vi racconto la storia, magari così come io la immagino…
Lampedusa è diventata Area Marina Protetta. E li come altrove, gli effetti della protezione di sono iniziati a vedere. Il pesce è aumentato. Non è strano che questo attragga dei predatori. E tutti noi sappiamo che il Mediterraneo è popolato di squali. Ecco dunque che sui fondali di Lampione, appaiono nel periodo estivo gruppi di squali grigi ( io ne ho visti fino a trenta tutti assieme ). I subacquei sono fondamentali in questa storia, perché sono un sistema per controllare quelle zone remote e proteggerle in qualche modo dalle attività illegali.
I subacquei, però, arrivando in barca. Con motori rumorosi. Sono in tanti, emettono colonne di bolle che per un pesce devono essere spettacolari e chiassose come uno spettacolo pirotecnico. E i botti – si sa – spaventano.
Ecco che il Professor Marco Milazzo, sta conducendo una ricerca per cercare di comprendere il livello di disturbo indotto dai subacquei, in modo da tentare di trovare un compromesso tra fruizione e degrado. Perché -mi spiega – quei pesci vanno li per cacciare, nelle acque tornate ricche di Lampione, prima di andare a riprodursi in alcune baie tunisine.
Dove – tradizionalmente – i pescatori li attendono per catturarli. ecco ancora il concetto fondamentale che ritorna: uno sviluppo sostenibile deve essere basato su di una coscienza ecologica, e questo presuppone cultura e conoscenza.
E poi, questo episodio fa pensare ad un altro, fondamentale elemento: il mare non ha confini! Quegli squali che noi stiamo sforzandoci di proteggere da noi, verranno massacrati altrove.

Insomma, per concludere non è tutto bello o tutto brutto, non ci sono cose positive e cose negative, si deve agire con buon senso e coscienza civica. La divulgazione della bellezza del mare va presa come un dovere: navigavo con Cousteau, da giovane, e quello ci diceva la gente protegge quello che ama. Ma non si può amare quello che non si conosce”. Lapalissiano, il vecchio. Semplice e geniale.

Ben venga, dunque il Direttore della AMP di Ventotene che consente rapide incursioni dei sub in Zona A: che capiscano quale tesoro questo scrigno immateriale custodisce.
Esistono poi altri casi particolari. Siamo a Napoli e di fronte a Castellammare di Stabia c’è una piccola secca: il Banco di Santa Croce. Non è una Area Marina Protetta. Gode di uno uno statuto di protezione minore. Eppure , i subacquei locali lo hanno protetto. Oggi è uno dei luoghi più ricchi sui quali io mi sia mai immerso. Un luogo fantastico, protetto da gioia, amore e passione. Proprio di fronte alla foce del Sarno, un fiumiciattolo inquinatissimo che nemmeno l’istituzione di un apposito Consorzio riesce a ripulire.

Da semplice cittadino mi domando se tutte le chiacchiere attorno al cambio di nome del Ministero dell’Ambiente per arrivare al Ministero per la Transizione Ecologica abbiano un senso. I fatti ci dimostrano che probabilmente è questo quello che serve. Che la bellezza vale più delle leggi, che l’educazione vale più dei divieti.
Ma – soprattutto – a capire che per amare e dunque proteggere, bisogna conoscere. Lo diceva, il Grande Vecchio…

 

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