ARIETE è un progetto innovativo che vuole abbattere il muro dell’indifferenza costruito intorno alla medicina iperbarica. L’acronimo è casuale ma raffigura perfettamente l’obiettivo del progetto”comincia così la nostra intervista al prof. Vincenzo Lionetti, Direttore del Master Universitario di secondo livello “PierGiorgio Data” in Medicina Subacquea e Iperbarica di Pisa e professore associato in anestesia e rianimazione presso l’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
ARIETE è l’acronimo di Anestesia e Rianimazione: modulo di Iperbarica, Elementi di terapia e Tecnologie, si tratta di un progetto davvero importante che coinvolge medici di tutta Italia.
Come è nata l’idea, prof. Lionetti?
ARIETE è un’idea ragionata da tempo e realizzata dall’ingegner Remo Bedini, dell’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa, e dal prof. Antonio L’Abbate, ordinario di medicina interna alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, fondatori del Master “PierGiorgio Data” che da oltre dieci anni promuove l’alta formazione in medicina subacquea e iperbarica. Bedini e L’Abbate, grazie alla collaborazione con esperti della materia, riconosciuti a livello internazionale, ed esponenti prestigiosi dell’Accademia italiana, hanno dato vita a un corso di alta formazione, totalmente gratuito, dedicato ai medici specializzandi in anestesia e rianimazione. Una iniziativa che è stata ben accolta anche dalla SIAARTI, la Società degli anestesisti italiani. Alla prima edizione hanno aderito le Scuole di Specializzazione in Anestesia e Rianimazione dell’Università di Pisa, Chieti, Ancona, L’Aquila e La Sapienza di Roma. È stato un successo generoso.
A quale esigenza risponde il corso?
ARIETE nasce dall’esigenza di garantire in Italia un percorso didattico rispondente agli standard formativi internazionali nel campo della medicina iperbarica e subacquea. È un corso monografico che si rivolge a medici in formazione, il cui piano di studi, pur prevedendo obbligatoriamente la formazione negli ambiti suddetti, non sempre incontra offerte di alta formazione. La medicina iperbarica, infatti, è una materia da sempre considerata la “Cenerentola” del percorso formativo dell’anestesista del futuro; ancora meno, la medicina subacquea. Alla base di questo grigio riconoscimento c’è il dato che la pratica clinica iperbarica è ancora considerata un’attività “di nicchia”, supportata da un piccolo numero di eroici Centri Iperbarici; mentre, l’attività di ricerca è poco attrattiva a causa della mancanza di finanziamenti dedicati. Pertanto, in assenza di uno sviluppo, la pratica clinica non può accedere a nuove frontiere applicative e resta confinata in un angolo.
Ci può spiegare meglio il rapporto tra la specializzazione di anestesista e la medicina subacquea e iperbarica: perché in questa specializzazione è necessario introdurre questo argomento?
L’ordinamento delle scuole di specializzazione in anestesia in Italia prevede un ampio ventaglio di insegnamenti quali: l’anestesiologia, la terapia del dolore, la rianimazione, la terapia intensiva e anche la terapia iperbarica. Il fattore comune a queste diverse attività cliniche è la gestione del paziente critico, colui che è esposto a fattori di rischio, molto spesso, incompatibili con la vita.
La terapia iperbarica è largamente riconosciuta come il presidio salva-vita nelle letali intossicazioni da monossido di carbonio o nella “malattia dei cassoni” (incidente da decompressione), chiamata così perché a inizio ’900 era la patologia tipica degli operai palombari. Oggi, questo letale incidente, nato nel mondo del lavoro, riguarda anche chi si immerge sott’acqua per divertimento, soprattutto se impreparato ad affrontare gli ambienti sottomarini.
La malattia dei cassoni è sorniona, causata da una errata decompressione, per cui i gas non si solubilizzano nel sangue e causano delle embolie diffuse, più o meno compatibili con la vita. Questo tipo di incidente lo potremmo raffigurare con quello che avviene quando si agita una bottiglia di spumante e poi la si apre facendo uscire la schiuma ovvero un cocktail di aria e acqua. Una cosa simile avviene nell’organismo umano se un sub risale troppo velocemente e non riesce a fare un’adeguata decompressione dei gas presenti nel sangue: si creano delle bolle che progressivamente ostruiscono i vasi sanguigni. Il blocco del passaggio di sangue a valle dell’ostruzione può avere conseguenze di diversa gravità: da un difetto di sensibilità alla paralisi, dall’embolia polmonare all’infarto del miocardio fino alla morte. In questi casi, il paziente si trova a combattere tra la vita e la morte, è un paziente instabile di cui si occupa il medico anestesista/rianimatore.
ARIETE è un progetto importante, che avrà molti risvolti a livello nazionale: quali sono gli obiettivi che vi siete prefissati?
ARIETE è un progetto senza fini di lucro che si fonda esclusivamente sulla buona volontà e la passione dei suoi docenti, alcuni dei quali sono tra i più preparati e stimati professionisti italiani di medicina iperbarica e subacquea. Lo spirito di servizio verso le future generazioni e l’amore per la materia spingono tutti noi a dedicare, gratuitamente, tempo ad un’offerta formativa innovativa, multidisciplinare e anche gratuita per gli studenti. L’obiettivo primario del nostro lavoro è quello di favorire l’insegnamento della medicina iperbarica e subacquea, con maggiore continuità, in tutte le scuole di specializzazione d’Italia. Alcune importanti Università hanno aderito con grande entusiasmo al progetto ARIETE e lo hanno anche promosso. Mi auguro che altre Scuole italiane aderiscano in futuro.
Come si svolge, dal punto di vista pratico, il percorso formativo?
ARIETE si compone di due parti: una teorica e una pratica. La parte teorica, che prevede un ciclo di lezioni frontali, si è svolta lo scorso 16 giugno alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in collegamento remoto con l’Università di Chieti, ed ha visto la partecipazione di circa 80 medici specializzandi in anestesia e rianimazione dell’ultimo anno di corso. Il collegamento remoto è stato voluto per omaggiare PierGiorgio Data, uno tra i pionieri italiani della fisiologia e fisiopatologia iperbarica e subacquea, nonché docente dell’ Università di Chieti.
La parte pratica avrà un ciclo di esercitazioni, condotte in selezionati centri iperbarici, anche con l’utilizzo di innovativi simulatori ovvero sistemi interattivi che riprodurranno emergenze cliniche in camera iperbarica.
In questo modo i medici potranno esperire le sensazioni di un ambiente di frontiera: vedere, sentire, toccare e rafforzare così i concetti teorici appresi.
Secondo lei questo corso aiuterà a capire l’utilità di applicare la medicina iperbarica nel trattamento di diverse patologie ricorrendo a percorsi di cura multidisciplinari?
La medicina iperbarica ha bisogno di ancora tanta, tanta ricerca. Sebbene le attività di ricerca siano ancora troppo poche e poco innovative, negli ultimi anni si è risvegliato un significativo interesse atto a dimostrare nuove indicazioni terapeutiche, come l’uso di alte pressioni di ossigeno per stimolare la rigenerazione di tessuti. Tuttavia, non si può costruire una casa senza partire dalle fondamenta così come non si può parlare di innovazione tralasciando la formazione. Il progetto ARIETE, quindi, è un passo vincente in questa direzione.
Intervista al prof. Vincenzo Lionetti, SS Sant’Anna di Pisa